Rassegna stampa

Vetrine del made in Italy per richiamare il mondo

Il sistema fieristico italiano è chiamato a compiere in tempi brevi un robusto salto di qualità: superare la logica del campanile e del localismo per concentrare tutte le forze sulla promozione e sullo sviluppo del made in Italy. Sia attirando un numero sempre maggiore di visitatori esteri (cioè di potenziali compratori) nelle fiere italiane sia organizzando rassegne del made in Italy in giro per il mondo.

Un cambiamento enorme se pensiamo alla litigiosità e alle contrapposizioni che ancora dividono i principali centri fieristici italiani, tra i quali è in corso una feroce guerra sotterranea, ma strategico per gli interessi del Paese. In un mondo globalizzato, in cui si assiste per esempio alla crescita tumultuosa delle fiere asiatiche – un fatto nuovo e forse impensabile solo dieci anni fa – e delle fiere dell’Europea orientale, l’Italia non può correre il rischio di sciupare la sua eccellenza in campo fieristico (in Europa il nostro Paese è secondo solo alla Germania per qualità e importanza del circuito espositivo) per colpa delle rivalità da campanile.

È necessario sottolineare una volta di più come il sistema delle fiere non sia funzionale solo allo sviluppo locale, ma sia uno degli strumenti per favorire il rilancio dell’industria italiana, supportando le imprese nel proprio processo di internazionalizzazione e fornendo loro gli strumenti per affrontare una competizione globale sempre più intensa. Più in generale si può dire che le fiere – intense sia come quartieri espositivi con il loro complesso di servizi sia come singole rassegne o manifestazioni – rappresentino un’enorme vetrina attraverso cui un Paese si mette in mostra e richiama l’attenzione del mondo. La crescita di un Paese, e del suo sistema economico, si nutre di scambi, di contaminazioni, di idee, di conoscenze tra persone. E le fiere sono il luogo ideale dove far convergere domanda e offerta, favorire quell’interscambio di informazioni sempre più indispensabili per fronteggiare la globalizzazione. Le fiere, in ultima analisi, sono il primo testimone di un sistema Paese, e anche dalla loro efficienza e dalla capacità di modernizzarsi dipende la possibilità o meno di vincere le sfide imposte dalla concorrenza mondiale. E non dimentichiamo che le fiere rappresentano ancora oggi il canale di comunicazione più diffuso tra le piccole e medie imprese: secondo i piccoli imprenditori, che dispongono di budget limitati e difficilmente possono accedere ai grandi media come le reti televisive o i giornali a maggiore diffusione, il 30% dei contatti scaturiti nel corso di manifestazioni fieristiche si trasforma in nuovi clienti.

Se il sistema fieristico è chiamato a svolgere un ruolo essenziale nel rilancio dell’industria e dell’economia italiana, allora sono richieste politiche pubbliche coerenti con questo obiettivo di fondo. Le politiche pubbliche che incidono sul sistema fieristico sono gestite a diversi livelli istituzionali (comunale, regionale, nazionale e comunitario) e nel loro complesso hanno un effetto molto rilevante sul funzionamento delle fiere italiane e sul loro posizionamento a livello internazionale. La necessità di un coordinamento, rispettoso del ruolo e dell’autonomia delle istituzioni coinvolte, tra i soggetti pubblici che operano sul sistema fieristico è una conseguenza del processo di globalizzazione dei mercati. Occorre, in altre parole, trovare un equilibrio tra le strategie di sviluppo locale e le esigenze delle imprese.

Un forte richiamo a ragionare in termini autenticamente sovranazionali arriva da Piergiacomo Ferrari, presidente di Emeca, l’associazione con sede a Parigi che raggruppa i grandi quartieri fieristici europei (per l’Italia Milano, Bologna, Verona e Rimini): «È necessario – spiega Ferrari – che il sistema fieristico italiano presidi almeno quattro aree del mondo (Cina, India, Russia e Brasile) nelle quali si svilupperà, nei prossimi anni, un forte movimento fieristico. In futuro l’Europa non sarà più, come è accaduto negli ultimi 80 anni, il centro d’attrazione mondiale delle manifestazioni internazionali, perché altre aree giocheranno questo ruolo. Basti dire che in Cina, tra Pechino e Shanghai sono operativi attualmente qualcosa come 18 quartieri fieristici e presto ne arriveranno altri, più grandi e più moderni». Infine, secondo Ferrari, in Europa saranno pochi i centri fieristici che avranno una reale attrazione internazionale. La selezione sarà durissima. «Per presidiare le aree emergenti – conclude Ferrari – è necessario compiere un grande sforzo organizzativo e finanziario. E le alleanze tra fiere potrebbero rappresentare la soluzione giusta».

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