Rassegna stampa

Verona avanza su tre fronti: alimentare, edilizia e mobili

Aggressiva, ma senza allontanarsi troppo dal core business. Veronafiere scopre le carte del suo sviluppo puntando sul modello aziendale, un modello improntato alla flessibilità, alla razionalità, all’efficienza e soprattutto ad una tempistica che non può aspettare le liturgie di trasformazioni societarie e privatizzazione.

C’è da mantenere, consolidare e se possibile migliorare quel terzo posto assoluto in Italia tra gli enti fieristici, vanno colte importanti opportunità all’estero, ci sono “prodotti” che devono essere valorizzati e sostenuti e il tutto va fatto subito, senza cercare o aspettare supporti esterni. Impostazione autarchica se si vuole ma determinata e molto concreta che si riflette in toto su un piano industriale per il quadriennio 2004-2008 approvato a inizio dicembre e che prevede investimenti per 85 milioni di euro interamente autofinanziati.

«Abbiamo avviato un percorso decisamente impegnativo ma anche stimolante – dice il presidente di Veronafiere Luigi Castelletti – abbiamo indicato chiaramente quelli che sono i nostri obiettivi e le modalità con cui intendiamo raggiungerli ma abbiamo anche varato uno strumento con cui gli attori del territorio dovranno misurarsi e decidere in coerenza».

Inutile sottolineare che Verona, come tutti gli enti fieristici che si sono visti crescere le città attorno, ha problemi di spazi. Il piano industriale stima i costi di una eventuale delocalizzazione ma intanto prevede la costruzione di nuovi padiglioni coperti per 26mila metri quadrati per integrare servizi strutture ed evidenzia la necessità di reperire 20mila posti auto, magari utilizzando un parcheggio scambiatore che si sta progettando nel l’area di Verona sud.

Ma è soprattutto sui gioielli di famiglia che l’ente veronese intende puntare con decisione. E i gioielli sono le manifestazioni concentrate su tre macrosettori: l’agricolo-alimentare, l’edilizia-costruzioni e il mobile-arredo. Fieragricola è una sorta di corazzata destinata ad aprire la strada nei prossimi anni ad altre manifestazioni centrate sul segmento, con una valorizzazione soprattutto dei prodotti di alta gamma e dei cibi di qualità.

Vinitaly fa un po’ da apripista a questa filosofia e non a caso si muove con ampia autonomia anche organizzativa. L’annunciato avvio di una manifestazione concorrente milanese non ha tolto i sonni a nessuno – e anzi ha stimolato la ricerca di una maggiore competitività – e fra Usa, Cina e Giappone il Vinitaly si sta confermando sempre più come uno straordinario ambasciatore del food italiano, con relativi, importanti ritorni.

Su questa linea si muovono anche le altre grandi iniziative di Veronafiere, da Samoter a Marmomacc ad Abitare il tempo, diventate veri e propri brand con cui lavorare a stretto contatto con le aziende espositrici anche sui mercati stranieri.

Se questa è la strategia per i mercati più maturi, in quelli più giovani e con più margine d’azione Veronafiere si propone soprattutto con il suo know how. E in questo senso va letto il rinnovato interesse per progettare e realizzare un nuovo quartiere fieristico in Polonia, nella zona di Varsavia.

Ristrutturata la macchina, con una nuova organizzazione per business unit, l’ente veronese ha obiettivi ambiziosi anche nei numeri. «Il nostro piano – ricorda Castelletti – prevede nel quadriennio un aumento da 54 a 98 milioni di euro del giro d’affari, con una parallela crescita dell’incidenza dei ricavi da servizi collaterali dal 18 al 39 per cento. Il margine operativo lordo è destinato a salire dagli attuali 26 milioni a 40, con un utile lordo che passerà da 6,4 a 8,9 milioni e un netto in crescita da 5,4 a 8,9 milioni. L’impegno è anche quello di migliorare il rapporto costi/ricavi con una percentuale che dovrebbe scendere da 78 a 75 punti».

Nei piani veronesi non sembra esserci spazio per il gioco di squadra. Se poco lontano Vicenza e Padova hanno cominciato a costruire una casa comune, Veronafiere pare rimanere aperta a un dialogo ma senza pregiudicare una corsa che non può essere rallentata. Una posizione molto privatistica nei fatti ben prima di diventarlo nei documenti.

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