Rassegna stampa

Una pioggia di milioni aiuta Padova a dimenticare la banca-istituzione

PADOVA – Anche Sant´Antonio si interessava di banche. Sta scritto nella piccola guida che i frati della basilica distribuiscono già all´alba della domenica ai pellegrini. «Ai suoi tempi (1.195-1.231) c´era un piccolo attivissimo mondo di affari. I soldi circolavano, nascevano le prime banche». Sant´Antonio di Padova fece «il miracolo del cuore dell´usuraio». Al funerale di uno strozzino ordinò che il petto del morto fosse aperto. «Il cuore di quest´uomo non è nel suo corpo ma dentro la cassaforte, assieme ai suoi adorati soldi». Il Santo che lottava «contro la tirannia del denaro» avrebbe il suo da fare, oggi, in una città che si chiede in quali mani finirà l´Antonveneta. Nei giorni scorsi forse qualcuno gli avrà anche chiesto la grazia di sapere se fosse giunto o no il momento migliore per vendere le azioni. Oggi tutto è risolto. I 40mila piccoli azionisti hanno venduto quei preziosi pezzi di carta che venivano lasciati in eredità dai nonni ai padri ed ai figli e su Padova è caduta una pioggia – i calcoli li ha fatti l´ex sindaco, Giustina Destro – di 680 milioni di euro. Tutti contenti, dunque. Al Santo si chiederanno suggerimenti per i nuovi investimenti.
Al caffè Pedrocchi si parla del campionato e della storica pasticceria Baessato che a giugno chiuderà i battenti. «Pago già 10mila euro al mese di affitto e mi hanno chiesto un forte aumento. Devo smettere». Anche qui arriveranno la filiale di una banca o un negozio di occhiali. La vicenda Antonveneta qui in città sembra quasi acqua passata. Del resto, i pacchetti di azioni sono spariti dai cassetti delle case e i “padroni” della banca sono diventati soltanto spettatori. «L´Antonveneta – dice Gilberto Muraro, ex rettore dell´ateneo padovano e docente di Scienza delle finanze – era un´istituzione, ora è soltanto una banca. Era l´istituzione che aveva ereditato lo spirito, non solo le casse, della banca Antoniana, cattolica, e della banca Popolare, laica e con forti capitali ebraici. I clienti erano azionisti, e viceversa. La fidelizzazione era naturale. Ora tutti si sono arricchiti, e ovviamente chi più aveva più ha avuto. Come azionisti non possiamo che essere contenti, come cittadini no».
Prima di Natale, il professore aveva fatto un appello per «salvare la centralità veneta della banca». Diceva che un gigante come l´Antonveneta non poteva essere acquistato dalla Popolare di Lodi che «in Borsa capitalizza ben meno della metà di noi». «La Bpl è un nano rispetto al gigante olandese. Quello che ci può insegnare la Lodi sul piano gestionale è molto meno di quello che possiamo imparare da un colosso mondiale».
L´appello del professore era stato accolto bene sia dalla destra che dalla sinistra. Poi sono arrivate le divisioni, e all´assemblea del 30 aprile (le azioni erano nelle mani di solo 380 persone) la spaccatura è diventata anche «politica». Il consigliere di amministrazione che ha ricevuto più voti è stata Giustina Destro, l´ex sindaco di Forza Italia. «Antonveneta – ha dichiarato all´assemblea – non è caduta in mani foreste. I lodigiani sono vicini di casa e quindi più facili interlocutori. La presenza veneta nel nuovo cda è forte». Di parere opposto era il sindaco Flavio Zanonato, del centrosinistra. «Avrei preferito la soluzione Abn. Gli olandesi, rispetto alla Bipielle, sono in grado di assicurare l´apertura ai mercati mondiali. Col loro, il perno della banca sarebbe rimasto a Padova. Ma il Veneto manca di capacità operativa sulle questioni strategiche, mentre si coalizza su piccola scala per fettine di reddito spicciolo». C´era anche chi evocava i bei tempi antichi. «Era naturale – dichiarava Paolo Sinigaglia, industriale e presidente della finanziaria regionale Veneto Sviluppo – che ci si capisse con una banca come quella lodigiana. Anche lei nel dna ha la piccola impresa. L´Olanda è da noi culturalmente lontana. Quel lembo di Lombardia era invece l´ultima propaggine della Serenissima». A due settimane dall´assemblea, lo scontro ai vertici continua.
«Ma che c´entra la politica – dice Giustina Mistrello in Destro – con l´Antonveneta? Io mi sono battuta per salvaguardare un patrimonio della città. Mio padre era vicepresidente della banca Antoniana, mio zio monsignor Giuseppe Mistrello era amministratore della curia vescovile, legatissima alla banca. L´Europa va bene, ma bisogna salvaguardare l´italianità. Noi non vogliamo essere colonizzati. Chi è che mette in giro la voce che la sinistra è con gli olandesi e la destra sta con Lodi? Faccio io una domanda: secondo lei, l´Unipol, che appoggia noi, è di destra?».
«I giochi – replica il sindaco Flavio Zanonato – sono ancora aperti. Alla resa dei conti, vedremo chi è in grado di esibire carte o argento sonante. Io mi sono schierato con l´Abn perché non è possibile che una piccola banca ne compri una più grande, sotto la protezione della Banca d´Italia. Con gli olandesi la testa della banca rimarrebbe a Padova, con Lodi no. Certo, lo scontro fra Olanda e la Bipielle non è solo una guerra fra destra e sinistra. Ci sono industriali che stanno con Lodi e altri, come Mario Carraro, che stanno con gli olandesi. Ma la politica c´entra, eccome. Il caso Antonveneta sta all´economia come il caso Giorgino sta al giornalismo. Io mi chiedo: se Berlusconi non fosse in crisi, la Consob avrebbe preso la posizione che ha preso contro Lodi? Con il berlusconismo in crisi, c´è chi si riprende spazi di manovra e di libertà prima impensabili».
Sabato mattina il sindaco ha inaugurato la 83ma fiera, «la più antica Campionaria italiana, nata nel 1919». Sono stati consegnati i premi «Donna Impresa» e altri per gli “antichi mestieri”. La Fiera di Padova, da pochi mesi, è stata venduta ai francesi. Il Gazzettino è stato venduto al romano Caltagirone. «L´imprenditoria veneta – ha scritto Fabio Barbieri, direttore de Il Mattino di Padova – alla vista di qualche maledetto euro in più perde la testa e vende papà e mamma. Il miracolo veneto che aveva stupito il mondo ora stupisce solo per la velocità con la quale è nato, è vissuto ed è morto».

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