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Supposto di vincere l’assegnazione dell’Expo, che cosa sarà del Porto vecchio da quando, il 31 agosto 2008, si chiuderanno i cancelli? Salvo sorprese, spiega Maurizio Bucci, assessore comunale allo Sviluppo economico, «l’area sarà restituita alla città e ne diverrà un importante polmone economico».
Trieste cambierà faccia. «Si apriranno nuove opportunità di investimento – preconizza Fabio Assanti, presidente della società che promuove la candidatura italiana – e, nel mercato immobiliare, i valori schizzeranno verso l’alto». Sui 35 ettari dove, per 90 giorni, si metteranno in mostra decine di Paesi, sorgeranno ristoranti, istituti di ricerca, centri culturali e direzionali, negozi, attività artigiane, stabilimenti balneari, alberghi, darsene, una scuola nautica e l’ente fiera del capoluogo regionale. Con un unico filo conduttore: il mare. Dello scalo asburgico, esempio straordinario (e degradato) di architettura, non rimarrà traccia: l’Adria terminal, una delle grandi incognite del progetto, e gli antichi magazzini, tuttora in uso, dovranno essere trasferiti, il cabotaggio sarà vietato e le uniche navi di grandi dimensioni che si avvicineranno alla costa, con ogni probabilità, saranno quelle da crociera (sulle quali è in corso uno studio). «Fondamentale, nella revisione del piano regolatore del Porto nuovo, sarà definire il modo per compensare questi spazi», sottolinea Bucci. Ed evitare lo scontro, neppure così celato, fra operatori marittimi e istituzioni.
In caso di verdetto favorevole da parte del Bureau international des expositions, sul Porto vecchio, a partire da marzo-aprile 2005, saranno investiti circa 612 milioni. Il riadattamento degli edifici, compresi il villaggio interno (300 posti letto per gli addetti all’Expo) e la stazione dei bus navetta, costerà 267 milioni; la costruzione di nuove strutture poco meno di 130 milioni, 64 dei quali per un centro convegni (in vetro) e cinque per un teatro all’aperto. Per servizi e arredi (linee elettriche e telefoniche, segnaletica, parcheggi, ripavimentazione) serviranno 151 milioni, il concorso di idee e la progettazione incideranno per 56 milioni, altri impianti peseranno 7 milioni scarsi. Ci saranno una cinquantina di punti ristoro, camminamenti sospesi tra un “magazzino” e l’altro, quattro mega-reception (una per ingresso), aree verdi, una marina, parcheggi (uno dei quali, da 3mila posti, interrato) e una piazza – piazza Trieste – che con i suoi 13.500 metri quadrati sarà il cuore dell’area. I padiglioni, allestiti negli storici hangar, dovranno essere consegnati entro giugno 2006, per dare modo agli ospiti di arredare i propri stand. Il resto delle operazioni potrà proseguire fino al 2008.
«Per agevolare il successivo riuso del comprensorio, per non creare intralci – aggiunge Bucci – occorrerà fare massima attenzione alla programmazione dei lavori e alla realizzazione delle strutture non temporanee». Sul restyling, sulla gigantesca operazione di chirurgia plastica che riguarderà 35 ettari (25 espositivi, 10 di supporto), saranno impiegati 2.500 operai per 400 giorni; altre mille persone, per dieci o dodici settimane, dovranno dedicarsi alla taratura dei servizi. Sarà questo il primo impatto dei triestini con l’Expo: colonne di camion e un piccolo esercito di tecnici e manovali, in gran parte pendolari (visto che reclutare forze locali, se non in minima parte, è poco verosimile). Quindi, durante la kermesse, quasi 1.200 addetti si occuperanno di amministrazione, intrattenimento e manutenzione. Novanta giorni, cinque milioni di visitatori, prodotti, lingue, culture, tradizioni che si incrociano, una pioggia di soldi. Poi le luci si spegneranno e, in un paio di mesi, gli stand dovranno essere smantellati: a Expo Challenge, o a chi per essa, l’affitto del Porto vecchio (anzi, dell’ex Porto vecchio) sarà costato oltre 74 milioni. A quel punto comincerà la riconversione definitiva della zona: altri 400 giorni di cantiere e, di nuovo, migliaia di persone in campo. Il baricentro sociale di Trieste si sposterà. Bisognerà capire se e come, nell’economia della città – di una città più grande di almeno 350mila metri quadrati – un nuovo palacongressi, un nuovo teatro potranno trovare posto, fa notare Bucci. E bisognerà capire molto altro. Adesso è troppo presto.