
Troppo fiere per parlarsi?
Dalla Francia, via Lione, alle grandi capitali dell’Est europeo, deviando per Monaco di Baviera e scivolando lungo l’asse Milano-Verona-Vicenza-Padova e via giù verso Zagabria, Bucarest, Mosca e Poznan. E’ una linea immaginaria, certo, che tuttavia avrebbe tutte le carte in regola per trasformarsi in realtà senza dover attendere il varo operativo di quel Corridoio 5 che sempre più rischia di entrare anch’esso nel libro delle grandi incompiute.
A due mesi esatti dall’acquisizione di PadovaFiere da parte del colosso d’oltralpe Gl Events di proprietà di monsieur Ginon, il futuro del sistema fieristico veneto e, più in generale, dell’intero asse Nord-Ovest-Est italiano ha i requisiti per mettere in atto quest’immensa alleanza fieristica che darebbe senz’altro nuova linfa e operatività sui mercati internazionali alle aziende italiane e soprattutto nordestine. Viaggiando forse a velocità finalmente doppia rispetto alla concorrenza del Far-East e dei Paesi nord europei.
Un sogno, diranno i più. Eppure sondando umori, disegni e strategie dei cervelli dell’ assett management di PadovaFiere Spa -primo esempio concreto di ente fieristico privatizzato in Italia- e della Fiera di Vicenza -culla mondiale dell’oro- la strada può e deve essere intrapresa. A tutti i costi. L’imperativo categorico per spianarla? Mettere da parte i cronici campanilismi veneti e lombardi, lavorare sui numeri reali dei bilanci fieristici e via alla conquista di nuovi partners internazionali. Non è facile, certo. Ma si può.
Pur muovendosi in punta di piedi, Valentino Ziche, vicentino doc, classe ’35 e sulla poltrona di presidente della Fiera di Vicenza dall’aprile scorso, la pensa proprio così. Basta lanciargli il sassolino per rendersene conto. Ad esempio, come pensare a una Global City Padana fieristica senza viaggiare a braccetto con Milano e le altre “sorelle” venete, lasciando quindi per una volta al palo la competizione? “Spiace dirlo -attacca Valentino Ziche- ma a me sembra di non vedere affatto sinergie fra fiere venete. Quello che auspico, tuttavia, è che ciò avvenga, perché sono convinto che ci siano spazi non indifferenti affinché queste collaborazioni prendano atto come mai è successo in passato. E per due ragioni: prima di tutto perché tutte le fiere del Nordest, giungendo anche fino a Bologna, devono trovare una forma di collaborazione più stretta per il bene di tutto il sistema. Il nostro nucleo veneto è collocato in una posizione geografica ideale per rivolgere i propri servizi ai vicini Paesi dell’Est Europa appena apertisi all’economia di mercato. Le Fiere del Nord Ovest, invece, fanno capitolo a sé: da tempo abbiamo aperto un dialogo costruttivo con Milano e non siamo certo preoccupati per la concorrenza lombarda nel settore orafo. Ma l’esigenza di proteggere il core business è assoluta”. Già, il bilancio 2004 di Vicenza parla chiaro: le fiere dell’oro sono tutto, portano i soldi e rimediano ai conti operativi modesti o addirittura in perdita delle altre manifestazioni. Ma la fiera vicentina, quali strategie si pone? “Godiamo di buona salute di bilancio e le manifestazioni in calendario sono tutte in piena efficienza. Ponendo sempre come obiettivo primario il mantenimento della leadership mondiale nel settore dell’oro, lo scopo dell’ente è far crescere altre manifestazioni già esistenti al di fuori di questa nicchia in un’ottica di cooperazione e sinergia con le fiere confinanti. Tuttavia puntiamo anche a creare altri momenti espositivi per non dipendere da un unico settore”. Ci vorrebbe qualche aiutino del mondo politico, vero? “In questo progetto non disturberebbe certo l’intervento della politica -risponde sempre Ziche- nel momento in cui, attraverso facilitazioni creditizie o benefici fiscali, si proponga di promuovere ed incentivare il nascere di queste collaborazioni”. Diplomatico l’uomo, fors’anche troppo. Poi però parte la stoccata decisiva. E, naturalmente, destinataria è la classe politica. La molla decisiva è questa: “Che fine ha fatto il processo di integrazione con MilanoFiere? Sarebbe una domanda da sottoporre al sistema politico, che dovrebbe erigersi a coordinatore nell’invocare maggiori strategie sinergiche, e non lasciare liberamente il campo a dei veri e propri scippi, distruggendo eccellenze acquisite per andarle a ricreare altrove con perdite di tempo”.
Se infatti non sono certo questi i tempi che consentano la perdita di tempo e denaro, a lanciare un messaggio chiaro, diretto e forte ai nuclei fieristici veneti per una cordata unitaria di manifestazioni e l’avvio di joint venture in grado di abbracciare tutte le potenzialità del filone geo-imprenditoriale Lione-Europa dell’est, è l’amministratore delegato e direttore generale di PadovaFiere Spa, Andrea Olivi. Trevigiano, classe ’59, il supermanager nominato nel Cda dagli stessi francesi è convinto di essere di fronte a un giro di boa: “Padova diventerà il trampolino di lancio verso i mercati dell’Est europeo, per questo siamo disponibili a incontrare gli altri enti fieristici veneti”. Sedersi attorno a un tavolo e ragionare su conti e bilanci, solo così si può cominciare a iniettare sul mercato delle manifestazioni mondiali nuova linfa nordestina per accedere a un’economia senza confini. Ma il sentiero appare impervio anche a Olivi: “La prima volta che ho sentito parlare di sistema fieristico veneto è stato vent’anni fa. Da allora non è stato fatto un solo passo avanti. E del resto, se la fiera si richiude attorno alla sua città che prospettive può avere? Gli ultimi difficili anni del mercato fieristico mi insegnano che chi va in ordine sparso perde. E’ per questo che siamo molto soddisfatti di essere entrati nella galassia GL Events: un sistema che opera in 12 Paesi e ci apre molte prospettive”. Breve respiro, un caffè rigenerante e poi eccolo addentare davvero il cardine della questione. “Se c’è ancora spazio per allacciare patti con Verona, Vicenza e Milano? Per quanto ci riguarda l’apertura è totale, anzi la nuova proprietà lo ha auspicato. Personalmente, poi, ci credo moltissimo. Ma bisogna eliminare pregiudizi di carattere politico e aprire occhi e teste a 360 gradi. E soprattutto smetterla di piangersi addosso: non serve a nulla! Non ne posso più di questo Veneto piagnucolone e che non rende più. Chiudiamo le porte all’ assistenzialismo e cominciamo davvero a viaggiare secondo le regole liberali del mercato globale. Il modello tradizionale di fiera è finito, sepolto. Creiamo allora nuove acquisizioni, ma per farlo bisogna essere competenti e in grado di offrire servizi di alta qualità, perché questo Veneto ha estremo bisogno di competenze, non di gente che va ancora dietro ai cronici campanilismi”. Ed ecco la sua proposta: “Quando, nel ’99, ho cominciato a parlare di privatizzazione e di liberalizzazione del mercato, mi hanno tutti preso per pazzo. E oggi paghiamo per quella pesante incompetenza. Guardate Ginon: perché ci ha scelto? Perché è andato a leggersi i bilanci fieristici. Proprio quello che dovremmo fare tutti insieme, Verona, Vicenza, Padova e Longarone. Sì, le nostre performances sono fra le migliori come redditività nel panorama fieristico nazionale, e sono pronto in qualsiasi momento ad aprire alle fiere venete. Guardarsi in faccia, tirare fuori i conti di entrate e uscite e pianificare nuovi scenari. Sono convinto che attraverso una gestione integrata in rete, in appena un anno e mezzo è possibile aumentare i margini di guadagno del 30%”. Ma da dove partire? “Sono in contatto quotidiano con Verona e anche Monaco -risponde Olivi- e che importa se sono le due realtà più concorrenziali? Vogliamo sì o no farlo questo polo integrato? E allora bisogna rispettare tre regole: crescere anche con le risorse degli altri; saper attrarre e trattenere e, ultimo, aggregarsi secondo un piano industriale comune e senza pressioni di destra o di sinistra”. Come dribblare, a questo punto, l’ ostacolo Galan? ” La Regione, e la sua legge sulle fiere lo conferma, non deve interferire con questo nuovo ruolo privato del soggetto fieristico. E’ un ruolo che l’Unione eu ropea impone esplicitamente, di conseguenza uno come Galan deve fare il politico e non intromettersi. Ha tentato di mettere tutti d’accordo senza un benché minimo piano industriale e, peggio ancora, senza soldi. E Vicenza cosa volevate che facesse? Insomma, l’unica azione seria che dovrebbe avviare il governatore del Veneto è quella di trovare soluzioni imprenditoriali vere: siamo incapaci di attrarre investimenti stranieri per favorire percorsi di espansione privati”. Sembra quasi volersi sfogare, il top manager di PadovaFiere. Ma non è così, e lo si capisce dalla sua apertura a Milano per far respirare l’intero quartiere fieristico italiano e proiettarlo senza remore verso lidi orientali. “La strategia di PadovaFiere all’estero è la creazione di joint ventures con gli organizzatori locali: solo questa soluzione consente infatti di presidiare il mercato, perché non si possono abbandonare le aziende su territori economici ancora difficili. E’ con questa filosofia che oggi viaggiamo ad alta velocità nel campo delle ecotecnologie: Zagabria, Bucarest, Mosca e Poznan, oltre a Milano sono l’esempio lampante di quanto importante sia fare squadra anche con l’estero”. E il giorno in cui il colosso fieristico milanese capirà l'”importanza strategica di rivoluzionare il proprio approccio di mercato, ponendosi in posizione di leadership con umiltà” e soprattutto attraverso una gestione privatistica e “senza più le mani legate dai politici” -chiude Olivi- allora la nascita di un Corridoio 5 fieristico e supercompetitivo a livello globale diverrà realtà.