
Spunta l’asse Roma-Verona
Marco Alfieri
MILANO
Guerra per fiere. All’incrocio tra capitalismo delle reti e competition politica sul territorio. Gli attori in campo sono An e Lega Nord. Il risiko si gioca invece sull’asse Verona-Roma. La prima città vetrina di un sistema fieristico in salute, la seconda di un polo espositivo in sofferenza, dopo il gigantismo della Giunta Veltroni, che ha dismesso il vecchio quartiere sulla Cristoforo Colombo per costruire il nuovo mega polo a Ponte Galeria, inaugurato nel 2006: 150mila metri quadri di superficie coperta, quasi 4 volte lo spazio dei vecchi padiglioni.
La patata bollente di una struttura immensa da riempire in una città con meno densità imprenditoriale di Milano, è così atterrata fragorosamente sul tavolo della nuova giunta. Nei primi mesi di governo, in realtà, la scelta del sindaco Gianni Alemanno è stata di scaricare sull’era Veltroni la paternità del mezzo flop di Fiera Roma, che sconta 30-35 milioni di buco finanziario, dovuto soprattutto al canone di ammortamento dell’investimento realizzato (230 milioni) e ai 16 milioni di affitto annuo che la Srl di gestione versa alla Spa di controllo. Ma è chiaro che la voragine va tamponata, perchè se il fatturato 2007 è salito a 30 milioni dagli 11 del 2005, il settore fieristico paga in tutta Europa un surplus di offerta di spazi crescendo, se va bene, al ritmo dell’inflazione. Prima dell’estate ha dunque lasciato l’ad Marco Sogaro responsabile, secondo alcuni osservatori, del varo di una mostra turismo doppione della Bit, della costruzione di un calendario fieristico tagliato su troppi settori saturi, e di una politica di alleanze con operatori troppo piccoli. Al suo posto, a luglio è arrivato da Fiera Bologna Luigi Mastrobuono, che sta lavorando al nuovo piano industriale di rilancio.
Alla guida della spa di controllo siede invece Andrea Mondello, uno dei nomi di punta della Roma patinata veltroniana, del Festival del cinema e delle notti bianche. Attuale presidente della Camera di Commercio in freddo con la nuova giunta (corrono voci di possibili dimissioni). Ma soprattutto, Mondello è stato il gran regista di una nuova fiera che, nell’idea alemanniana di costruzione del potere nelle controllate capitoline, a metà tra collateralismo, sponda con il vecchio establishment e spoil system vero e proprio, sarà uno dei prossimi dossier da sistemare (dopo Acea, Festa del Cinema, Atac e, a breve, Tg3 Lazio).
Ciò non toglie che sull’asse Roma-Verona qualcosa già si muova, attraverso il filtro del veronese Alberto Giorgetti, sottosegretario all’Economia, uomo vicino ai colonnelli aennini Matteoli e Urso da qualche mese in buoni rapporti anche con Alemanno. Il passepartout strategico è invece il piano industriale 2006-2011 di Veronafiere, che individua Roma come piazza interessante per sviluppare manifestazioni B2C. Si partirà con il Salone del Vino Novello nell’autunno 2009, primo step di una probabile collaborazione più organica sul segmento consumer, allo scopo di dare un po’ di ossigeno alla casse capitoline. L’apertura romana tuttavia non piace agli alleati “coltelli” della Lega. Segnatamente al sindaco scaligero, Flavio Tosi, che vorrebbe blindare l’ente fieristico e ha messo nel mirino la deadline di aprile 2009, quando scadrà il cda societario.
La vecchia idea galaniana di una holding delle fiere venete, causa guerra intestina Forza Italia-Lega sul territorio, sembra infatti tramontata. Un sindaco forte come Tosi (primo azionista dell’ente) non ha interesse a delegare la gestione di uno snodo di potere come Veronafiere in nome, dicono i detrattori, di un neo localismo sagraiolo giocato sulla difesa dei prodotti tipici locali. «Il vero scontro, non a caso, ci sarà sul futuro di Vinitaly», nota una fonte. «Da anni il management scaligero spinge sull’internazionalizzazione delle proprie fiere (Vinitaly world tour integrato a Cibus Parma sull’agro-alimentare ma anche, in prospettiva, nel construction con Samoter e Marmomacc); fosse per Tosi, al contrario, al Vinitaly non si dovrebbero vendere vini cileni, sudafricani o californiani». Insomma due filosofie agli antipodi che porteranno alla guerra sul prossimo board, con An che punta a mettere alla presidenza Camillo Cametti, attuale consigliere delegato per l’internazionalizzazione, e la Lega che, ovviamente, si oppone. La stessa telefonata di sabato scorso, fatta da Umberto Bossi (e Tosi) a Letizia Moratti per sponsorizzare la causa di Veronafiere in chiave Expo 2015, è stata vissuta come un’intrusione bella e buona, dai vertici scaligeri.
In questo senso il soccorso romano si legge anche in chiave anti-leghista. Nel tentativo di costruire un network de-localizzato capace di arginare la strategia localista del Carroccio. Non bastasse, nella guerra entra anche la competition tra il ministro leghista all’Agricoltura Luca Zaia, che punta all’eredità, e il suo predecessore. Guarda caso il sindaco di Roma Alemanno, perché in fondo tutto si tiene.
PROTAGONISTI
Giovanni Mantovani
Direttore generale VeronaFiere
Il manager veronese è anche vice direttore di Aefi (Associazione esposizioni e fiere italiane). Al centro della sua strategia industriale c’è la valorizzazione del portafoglio mostre, anche in chiave di promozione internazionale
Luigi Mastrobuono
Amm. del. Fiera di Roma
L’attuale ad capitolino è stato vice direttore generale di Confindustria prima di salire al vertice della Fiera di Bologna. Dall’11 luglio 2008 guida Fiera di Roma srl, che punta a rilanciare con il varo di un nuovo piano industriale