Rassegna stampa

Roth: «Chi viola le leggi, paghi»

«Non esistono bacchette magiche. Anche la fiducia dei risparmiatori si ottiene in base a investimenti, non solo economici, fatti nel medio-lungo termine. É importante investire sulla cultura della gente, su una formazione più globale»: Luigi Roth, presidente della Fondazione Fiera Milano e un passato da top manager in Ansaldo-Breda, sottolinea che il processo di recupero della fiducia dei risparmiatori sarà lungo e difficile.
«Le società – aggiunge Roth – che violano le regole di responsabilità sociale vanno biasimate. E quelle che violano anche le leggi dello Stato vanno, una volta accertate le reali responsabilità, perseguite duramente. In molti casi l’ente ha un nobile approccio, ma viene tradito dai singoli che sbagliano».



La competizione globale non spinge l’etica degli affari nel limbo del marketing aziendale?



Assolutamente no. Anche se le verifiche degli obiettivi sociali delle imprese vanno fatte sul medio-lungo termine. Trovo sbagliato sottoporre le società allo stress dei risultati trimestrali. Ma l’etica degli affari si può tutelare anche in condizioni particolari: anni fa dirigevo la Oto Melara, produttore di armi per la difesa, ma questo non costituiva in sé una violazione delle norme morali.



In altre parole?



Che si possono gestire delle cose delicate purché a farlo siano delle persone perbene.



Lei è neovicepresidente della Cassa depositi e prestiti: fare oggi il banchiere non è facile…



Le Fondazioni si sono ritagliate una quota del 30% nella Cassa depositi e prestiti spa, che per molti aspetti volta pagina rispetto al passato: finanzierà le grandi infrastrutture di interesse pubblico, i grandi sistemi complessi. Un’esperienza totalmente nuova e avvincente.



Perché la Fondazione Fiera Milano ha deciso di redigere un bilancio sociale?



Per chiarire a tutti la nostra identità e il sistema di valori di riferimento. Era per noi un dovere morale, oltre che un momento di riflessione sul nostro lavoro.



E cosa emerge?



Un posizionamento nuovo della nostra Fiera-azienda come nodo di una rete di soggetti economici coerenti tra loro per vocazione, le cosiddette autonomie funzionali che rappresentano una forma di aggregazione intorno a grandi progetti. Come in una rete, ogni nodo, sia esso un’impresa, un’istituzione o un’associazione, è connesso con gli altri.



Il sociale però vive l’attività fieristica come un grande stress…



La Fiera di Milano è cresciuta con la costruzione di padiglioni su padiglioni: oggi ospitiamo mediamente 75-80 manifestazioni l’anno che spesso generano nei cittadini, soprattutto in quelli che vivono nelle immediate vicinanze del nostro quartiere, uno stress da traffico. Ma con il nuovo polo di Rho-Pero una parte rilevante dell’attività sarà trasferita, mentre il quartiere fieristico storico verrà riqualificato con il reintegro nella città di 255mila metri quadrati di territorio, di cui metà destinata a verde.



Avete cercato il consenso?



Il raccordo con le istituzioni, la vera rappresentanza dei cittadini, è stato stretto. Ma il processo di riqualificazione è stato comunicato sin dall’inizio all’esterno e agli stakeholder, al fine di ottenere un consenso che fosse il più ampio possibile. Del resto, il raccordo con il territorio l’ho perseguito sin da quando guidavo Ansaldo-Breda: non avrei potuto rilanciarla senza il consenso della comunità esterna.



Quali sono le ricadute sociali del nuovo polo fieristico?



La localizzazione del Nuovo Polo di Fiera Milano nei comuni di Rho e Pero comporta grandi cambiamenti. Basti pensare che l’area su cui sorge il nostro cantiere è stata occupata per decenni da una delle maggiori raffinerie d’Europa, con gravi problemi di inquinamento e vivibilità. Oggi tutto è stato bonificato e ripulito. Dal punto di vista economico, l’attività espositiva di Fiera Milano alimenta un indotto di due miliardi l’anno, destinato a raddoppiare a regime. Oltre ai 43mila posti di lavoro prodotti nell’intero sistema economico lombardo.



A quanto ammontano gli investimenti per la nuova Fiera?



Stimiamo un investimento di circa 750 milioni, interamente a carico della Fondazione. Le linee di credito ci sono state concesse da un pool di banche: i debiti saranno ripagati dall’autofinanziamento derivante dalla gestione ordinaria, oltre che dagli introiti ottenuti dalla quotazione di Fiera Milano spa e dalla vendita di circa due terzi del nostro attuale quartiere espositivo, su una base d’asta di 310 milioni.

Newsletter