Rassegna stampa

Rete unica sulla via Emilia

Paolo Tomassone

BOLOGNA

Forse è prematuro parlare di una "casa comune" come ha proposto nei giorni scorsi il nuovo amministratore delegato di Fiera Milano. Ma non tramonta l’idea, anzi viene proposta con maggiore vigore, di realizzare una "impresa a rete" che metta insieme i più importanti quartieri presenti in regione (Bologna, Rimini e Parma) per favorire una maggiore collaborazione, garantire sinergie con grandi organizzatori internazionali e dare il via ad azioni di promozione comune di eventi.

La proposta già avanzata nei mesi scorsi dall’assessore regionale alle Attività produttive, Duccio Campagnoli, torna a fare notizia in un momento un po’ tormentato per le società che gestiscono i quartieri fieristici della regione, in particolare quella del capoluogo. Prima le polemiche sull’addio anticipato da Bologna del Saiedue (il più grande salone dell’edilizia) e la risposta della società guidata da Luca Cordero di Montezemolo con la nascita di Saie Spring (che mette in mostra le imprese del serramento e delle finiture d’interni). Poi la vendita di Promotor International Spa (gruppo bolognese che organizza eventi fieristici del calibro del Motor Show e detiene una quota di Bologna Fiere) alla francese Gl Events, operazione resa nota dall’amministratore delegato stesso, Alfredo Cazzola. Infine l’apertura dell’ad di Fiera Milano, Claudio Artusi, che auspica maggiore collaborazione nel segno del made in Italy e una «casa comune» che raccolga «progetti e investimenti per rendere più internazionali le manifestazioni italiane, a partire appunto da Bologna e Milano».

«Si tratta di dichiarazioni positive – commenta l’assessore Campagnoli – che pongono il problema di una maggiore cooperazione, ma soprattutto hanno l’intento di far cessare la competizione eccessiva e aggressiva che si è venuta a creare tra i due poli, che lascerebbe la bocca amara a tutti quelli che operano nel settore». Non è in discussione se andare a realizzare concretamente una «casa comune» a metà strada tra Emilia-Romagna e Lombardia. Si pensa piuttosto a un «lavoro di rete» fatto da più soggetti che decidono di mettere insieme le singole competenze, professionalità ed investimenti. «Abbiamo dato mandato all’advisor Hsp Consulting per farci aiutare nella costituzione di una "impresa a rete" – spiega Campagnoli – alla quale possono partecipare società differenti dell’Emilia-Romagna, unificate però da alcune funzioni di servizio . Il nostro obiettivo è di non incrementare la quota pubblica, ma di garantire una rappresentanza territoriale e mantenere una forte caratterizzazione regionale. Questa nuova realtà regionale dovrà occuparsi di promozione integrata e di marketing comune, per aggredire in particolare il mercato internazionale».

Sebbene non siano ancora stati presentati tutti i bilanci dei quartieri fieristici, le stime delle Spa sono rassicuranti: se Bologna si prepara ad accertare un fatturato di 70 milioni, Rimini continua a crescere registrando per il 2006 un fatturato di 85,6 milioni e Parma 26,5 milioni. Secondo il rapporto dell’attività fieristica in Emilia-Romagna nei primi sei mesi del 2006, realizzato per conto della Regione da Cermes della Bocconi di Milano, si registra però un calo generalizzato di attività dei saloni -4,2% le superfici affittate, -2,8% gli espositori totali), -2,4% i visitatori totali, anche se il campione analizzato non comprende le manifestazioni pluriennali che mostrano di solito una ciclicità positiva. Sono positivi invece i dati dell’internazionalizzazione degli espositori (+1,3% degli espositori diretti esteri) mentre si rileva una lieve flessione dei visitatori stranieri (-1,3%).

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