
Resta alto l’interesse per il made in Italy
I buyer esteri sono tornati. Se solo per vedere, scoprire cosa c’è di nuovo nel made in Italy a tavola, o per comprare è presto per dirlo. Lo sapremo solo fra qualche mese. Quel che è certo è che nelle corsie di TuttoFood, le lingue parlate sono tante. Sì, al salone dell’alimentare che si celebra in questi giorni alla fiera di Milano, si ascoltano tanti dialetti e, soprattutto, ci sono tanti stranieri. A cominciare dagli espositori, giunti in più di 1.500 da trenta Paesi. Compresa l’Italia. C’è però un altro elemento che finisce sul taccuino degli osservatori: è la sensazione di fiducia che si coglie dalle parole degli operatori. E non è solo merito dell’Igp appena assegnata all’aceto balsamico di Modena, se le aziende del settore sprizzano contentezza. «Questo riconoscimento – dicono i fratelli Cesare e Franco Ponti – è un traguardo importante per tutti noi. È un segnale che va nella direzione giusta di tutela di un prodotto di cui l’Italia è fiera e che viene esportato per l’80 per cento». Non è un caso se lo stesso ministro delle Politiche agricole Luca Zaia interpreta questo traguardo in chiave di salvaguardia di tutte le produzioni tipiche made in Italy. E a chi gli chiede se la presenza di prodotti alimentari esteri possa minacciare l’economia agroalimentare nazionale, il ministro, riferendosi alle carni e ai dolci esposti nel grande stand del Kazakhstan (per la prima volta in Italia) in cui si sofferma lungamente, risponde: «Come si vede sono prodotti tipici di quel Paese, il mercato è libero e noi li rispettiamo e non credo che qualche operatore italiano li voglia clonare. Vorremmo, anzi lo pretendiamo, che tutti nel mondo facessero la stessa cosa con i nostri prodotti».
Dalle dichiarazioni di merito alle prese d’atto. Come quella di Rocco Colacchio di Vibo Valenzia, produttore di pane e biscotti calabresi, che parla di una domanda in crescita del 20% nei primi tre mesi dell’anno. Il motivo? «Sono aumentate le richieste dall’estero, soprattutto dalla Germania e dal Canada», paesi dove è forte la presenta di comunità calabresi. Non da meno è l’ottimismo di Giuseppe Ursini, produttore di oli e sottoli in provincia di Chieti, che motiva l’incremento dei propri volumi di vendita al lancio di nuove specialità di sottoli. Nuove specialità che, come spiega il direttore dell’Unioncamere d’Abruzzo, Innocenzo Chieffo, sono il frutto della rivisitazione di prodotti della tradizione locale presentati sotto una nuova veste.
Tutto bene, allora? Non proprio, secondo il direttore dell’ufficio studi della Fipe, Luciano Sbraga. L’andamento dei consumi fuori casa – sottolinea Sbraga – negli ultimi quarant’anni è stato tra i settori più vivaci dell’economia alimentare. Ma mentre negli anni 70-80 il settore galoppava, salvo rallentare ma cresce ancora fino al 2007, negli ultimi tre anni la curva si è praticamente appiattita. E tanto basta al direttore generale della Fipe, Edi Sommariva, per dire che il settore del fuori casa «è troppo importante per l’economia del Paese per essere lasciato a sè stesso. Sarebbe un grave errose se ciò accadesse».
N.D.B.
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