Rassegna stampa

Privatizzazioni e sbarco in Borsa per reggere la sfida dell´Europa

Private e quotate. È questo il nuovo look delle fiere italiane, che per stare al passo con la concorrenza hanno puntato su formule di gestione più snelle e veloci. E con l´apertura del capitale si sono messe alla ricerca di nuove risorse non solo per potenziare le proprie aree espositive, ma anche per andare ad acquisire spazi all´estero. L´anno appena concluso ha segnato un notevole passo in avanti verso la privatizzazione delle principali fiere italiane e ha aperto un risiko di alleanze che promette ancora qualche sorpresa. Il vivace fermento del settore ha interessato soprattutto l´Emilia-Romagna e il Veneto, ma è strettamente correlato con gli investimenti dei poli di Milano e Roma, dove stanno per sorgere due nuovi maxi-quartieri espositivi. La competizione con le due nascenti strutture ha richiesto un salto dimensionale per chi non vuole vedersi sottrarre le principali manifestazioni non gestite direttamente, ovvero quelle manifestazioni libere di muoversi da una città all´altra e di scegliere il polo espositivo migliore. Il primo passo verso la privatizzazione è stata la trasformazione delle società, principalmente partecipate da Comuni, Camere di commercio e Province, in società per azioni (spa), una struttura societaria necessaria per far entrare azionisti privati nel capitale e in seguito per la quotazione in Borsa. L´operazione più importante ha interessato la fiera di Bologna, che attraverso un aumento di capitale, ha visto arricchirsi la propria compagine azionaria di nuove associazioni, come Assindustria di Bologna, e di qualche banca, come Carimonte e la Popolare dell´Emilia. «Il progetto è di sbarcare a Piazza Affari entro il 2007, un percorso che potrebbe essere abbreviato attraverso l´aggregazione con qualche altra struttura», spiega Luigi Mastrobuono, amministratore delegato di Fiera Bologna. Attualmente il 43,1% del capitale dell´ente bolognese è in mano a soci pubblici, mentre il 56,9% ai privati. La privatizzazione ha permesso di incassare 25,5 milioni di euro, che verranno utilizzati per aumentare la competitività della fiera. «Dopo Sana che si occupa del biologico naturale, anche Sogecost, la società di gestione di Cosmoprof, è diventata dell´ente. E nel breve non escludiamo nemmeno qualche acquisizione in Cina sempre nel settore della cosmesi», sottolinea Mastrobuono. La crescita esterna del resto potrebbe portare al matrimonio con la fiera di Rimini, un´unione che permetterebbe di anticipare di almeno un ?anno la quotazione in Borsa. «I colloqui e la collaborazione con Rimini proseguono bene, ma un´eventuale aggregazione, sancita magari anche da uno scambio azionario, ha bisogno di un progetto e di un piano industriale comune. E su questo stiamo ancora lavorando», afferma Mastrobuono. L´unione tra i due poli creerebbe un nuovo colosso del settore: per fatturato, Bologna con 75 milioni di euro archiviati nel 2004 è la seconda piazza dopo Milano (280 milioni), mentre Rimini è poco distante con 64 milioni di euro. Insieme avrebbero ricavi per circa 140 milioni di euro, ovvero la stessa dimensione che aveva Milano a fine 2002, prima di quotarsi a Piazza Affari. A Rimini, però, la privatizzazione è avvenuta in modo più contenuto: ai privati, tra i quali Banca Opi (la merchant bank del gruppo SanPaolo) e Impregilo, è andato circa il 17% del capitale, mentre ai soci pubblici rimane ancora il restante 83%. Lo stesso Lorenzo Cagnoni presidente dell´ente di Rimini con le deleghe operative proprie dell´amministratore delegato ha più volte dichiarato che il vincolo del 51% in mano pubblica «è una condizione rigida in previsione della quotazione, almeno fino al 2008». Nei piani riminesi, infatti, lo sbarco in Borsa potrebbe arrivare già nel 2006, ancora prima di un matrimonio con Bologna, attraverso il collocamento di una quota di minoranza. Il movimento dei due principali poli dell´Emilia Romagna ha svegliato anche le vicine Parma e Piacenza: la prima si appresta a cedere ai privati il 10% del proprio capitale, mentre la seconda si è già trasformata in società per azioni. Nel Veneto, invece, tutti i riflettori sono puntati su Padova. Comune, Provincia e Camera di commercio, che possiedono il 100% della società fieristica, hanno messo in vendita il 60% del capitale, ma, dopo un deludente esito del bando che ha portato a sole due offerte, hanno dovuto riscrivere il meccanismo della privatizzazione. Gli azionisti di riferimento avevano fissato come quota minima per le offerte una soglia di 21 milioni di euro, che aveva attirato l´interesse di 27 soggetti, la maggior parte dei quali poi hanno deciso di desistere di fronte all´ingente debito (38 milioni di euro) accumulato dall´ente per i recenti investimenti immobiliari. Gli unici due soggetti che comunque hanno presentato l´offerta sono stati i francesi di Gl Events e Veronafiere, disponibili però a rilevare l´intero pacchetto solo a patto di scorporare gli immobili. Per ovviare agli inconvenienti, gli azionisti di Padova hanno preferito ripartire da zero e procedere questa volta a una trattativa privata con tutti i 27 soggetti interessati, proponendo la scissione tra la parte immobiliare e gestionale. L´interesse dei francesi per la fiera di Padova conferma la vitalità del settore italiano, che in Europa si colloca al secondo posto, dopo la Germania, e che a breve si arricchirà anche dei due nuovi poli di Roma e Milano. Secondo i programmi la struttura romana dovrebbe essere ultimata entro il 2006, con le prime mostre a partire dal 2007, mentre il polo di Rho-Pero dovrebbe vedere la luce entro aprile 2005.

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