Rassegna stampa

Prezzi dell’arte in caduta – Ora è caccia al «fair value»

Dall’ormai storica asta Sotheby’s a Londra di Damian Hirst del 15-16 settembre, coincisa con il crack Lehman, il mercato dell’arte è sceso dai massimi almeno del 30% e fino al 50% per il contemporaneo, l’antico sta difendendo meglio il portafoglio. Molte gallerie hanno chiuso a Londra e New York. Hong Kong, invece, sembra reggere meglio l’urto delle Borse. Le case d’asta hanno asciugato il numero dei lotti offerti e le stime del 30-40%: nel primo trimestre, secondo Artprice, solo 79 aggiudicazioni hanno ricevuto offerte sopra il milione, appena la metà dei primi tre mesi del 2008; mentre i lotti con stime sotto i 5mila dollari sono stati il 77%, il 10% in più, e quelli sopra i 50mila dollari sono scesi dal 6% al 3%. Sotheby’s ha perso in un anno a Wall Street il 56,6% e il 48,4% dal 15 settembre, ora ha deciso di limare il dividendo da 60 a 20 centesimi l’anno, di tagliare di un ulteriore 5% il personale e di risparmiare sui costi per 160 milioni di dollari. Mentre Christie’s accorperà alcune divisioni. Certo è un periodo ingrato per vendere opere di buona qualità, meglio sicuramente comprare, ma a quale prezzo?
I collezionisti lo sanno bene, nelle ultime fiere, da Londra a New York sino a Milano, hanno acquistato con più calma valutando con attenzione le quotazioni e i possibili sconti. I ribassi hanno spinto alcune società di gestione a lanciare nuovi fondi d’investimento in arte: Castlestone Management a New York sta raccogliendo 25 milioni di dollari per comprare opere moderne e contemporanee. Ma capire la direzione del mercato non è semplice, difficile anche reperire denaro fresco: Meridian Art Partners stenta infatti a raccimolare 100 milioni di dollari per il suo fondo in arte. A Londra Art Trading Fund si è fermato a 15 milioni di dollari, invece, dei 35 previsti. La forte volatilità delle quotazioni dell’arte pone con forza il problema della valutazione delle opere. Di certo qualsiasi opera ha un prezzo, per conoscerlo solitamente si interrogano gli art advisor indipendenti: ma qual è il valore più vicino al fair value?
C’è chi prova a cercarlo: ArtNetWorth ha creato un modello di valutazione, supervisionato, all’interno del Mibac dal Polo Museale Romano guidato da Claudio Strinati, e certificato da PriceWaterHouseCoopers. «Tutto parte da una premessa necessaria: l’autenticità certificata dell’opera» spiega Massimo Maggio, socio e amministratore delegato della società (nonché presidente di Progress Fine Art, divisione di Progress Insurance Broker), che conta tra i soci il presidente Leonardo Etro, il vicepresidente e consigliere d’amministrazione Paolo Ligresti, e con piccole quote Alessandro e Massimiliano Ermolli, Martina Mondadori e il fondo americano Nexus global partners (7%).
«Il nostro obiettivo – prosegue Maggio – è fornire a banche, assicurazioni, enti pubblici e collezionisti un’analisi trasparente dei valori dei patrimoni d’arte». Il software giunge ad una quotazione dell’opera in esame attraverso la media ponderata di tre stime: quella d’asta per opere omogenee (per artista, periodo, misure e tecnica), quella di un esperto indipendente in assenza di conflitto d’interesse – assicurano da ArtNetWorth –, e quella del mercato primario (valore – variabile nel tempo e pari oggi ad uno sconto del 35% – assegnato dal gallerista, mercante o collezionista, frutto della differenza media tra quella stima e la valutazione dell’art advisor). I prezzi, riferiti agli ultimi 5 anni, sono capitalizzati al tasso d’inflazione corrente. L’analisi definisce in 20 giorni un prezzo finale e un fair value dell’opera – pari a uno sconto del 20% – liquidabile in 12 mesi. Il tutto per mille euro.
Lo sforzo di dare trasparenza ai valori in un mercato per definizione opaco è interessante, sicuramente molte sono ancora le variabili da considerare nel modello valutativo di ArtNetWorth per giungere al cosiddetto fair value: dai prezzi battuti in asta, che considerano il premio legato ai fattori irrazionali, all’attendibilità dei certificatori dell’autenticità delle opere, da una maggiore considerazione del mercato primario alle variabili fiscali e ai costi di transazione per canale, compreso un continuo aggiornamento dei parametri. Il risultato, però, potrebbe essere finalmente una quotazione realistica da poter inserire in bilancio.
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