Rassegna stampa

Popolare di Vicenza non esclude un’altra ricapitalizzazione

VICENZA – A piccoli passi, in sordina, attraverso operazioni sicure e finora vincenti, la Banca Popolare di Vicenza ha consolidato il proprio status di banca nordestina e ora si prepara al salto di qualità: lasciare il gruppo delle «medie» e diventare una grande popolare nazionale.
L’assioma alla base della strategia dell’istituto può essere sintetizzato così: non aggredire il mercato, ma cogliere le occasioni che si presentano, prepararsi ad avere la liquidità necessaria per salire sui treni che passano e puntare sulle aggregazioni piuttosto che sulle acquisizioni, senza rinunciare a piatti ghiotti come le autostrade o le fiere. Una filosofia che possiede quella accortezza del «stare a guardare» tipicamente vicentina, ma anche quella voglia di fare impresa tipicamente veneta. Gianni Zonin, 67 anni, presidente della Popolare berica nonché capostipite della famiglia che ha fatto delle placide colline di Gambellara terra di vigneti di grande qualità, ha di fronte a sè molte strade: guadagnare terreno in Bpi (la cui direzione generale è affidata a Divo Gronchi, fino a pochi mesi fa direttore generale della BpVi), contare di più in Bnl, acquisire Intra, banca in grosse difficoltà, di cui la Popolare berica detiene già un 4,88 per cento.


Presidente, avete archiviato i primi sei mesi del 2005 con un utile netto di 44,9 milioni, in crescita del 10,4% rispetto al primo semestre 2004, una raccolta diretta che ha raggiunto i 7.682 milioni in crescita del 17,2% e impieghi per 9.256 milioni. Il patrimonio netto è di 2,2 miliardi mentre il capitale libero, dopo il recente aumento di 489,2 milioni, è salito a 1,8 miliardi. A quali acquisti vi state preparando?


Per il momento nessun acquisto. Stiamo mettendo fieno in cascina per quando passerà un treno su cui salire. I tempi dell’aumento di capitale sono stati molto lunghi, 11 mesi. Con questa burocrazia non possiamo permetterci di non avere disponibilità di liquidità in caso si presentasse un’occasione interessante. Ma per il momento stiamo a guardare.


State a guardare anche in merito agli interessi già dichiarati? Mi riferisco alla vostra presenza in Intra, a Bnl, di cui detenete il 3,9%, a Bpi.


Massimo rispetto per l’autonomia della consorella Intra. Ma se decidesse per una aggregazione non ci tireremmo indietro. Su Bnl restiamo in attesa anche se l’atteggiamento è propositivo sia come soci che come azionisti: se Banca d’Italia autorizza Unipol all’Opa vedremo quali sono le proposte che ci vengono fatte e poi valuteremo. La Popolare Italiana sta vivendo momenti complessi. Penso che il mio amico Gronchi a cui mi lega un rapporto di stima e amicizia saprà gestire i problemi e spero che il capitale della banca rimanga italiano.


Lei ha sempre difeso l’italianità delle banche. Non crede che l’entrata di capitali stranieri, come nel caso di Antonveneta, sia invece salutare?



Ho stima e rispetto per istituti come Abn Amro e il Banco di Bilbao; ciò nonostante il Veneto non deve diventare terra di conquista, quando noi andiamo all’estero non si spalancano le porte così facilmente. Settori strategici come quello del credito è opportuno rimangano in mano italiana.


Meglio puntare su aggregazioni tra partners nazionali?



Sì, le aggregazioni possono risolvere molti problemi. Non solo nel settore bancario. Guardi le autostrade: tre società per gestire la rete veneta sono troppe, non ha senso. Una aggregazione potrebbe portare a maggior risparmio ed efficienza. E noi siamo pronti a fare la nostra parte, ad esempio, nell’autostrada Brescia-Padova. Mi sono battuto per una maggiore sinergia tra le fiere. Una gestione più snella libererebbe energia e soldi pubblici che gli enti locali potrebbero destinare ad altri servizi.


Non crede che gli enti locali dovrebbero aprire di più ai privati?
Certo. La presenza del privato è fondamentale. Ma ci deve essere equilibrio tra i due soggetti: il privato sa fornire maggiore efficienza del servizio, il pubblico deve controllare che sia alta l’attenzione all’utente. I privati non possono dettar legge al pubblico e le istituzioni non si devono radicalizzare, altrimenti non c’è libero mercato.


A proposito di istituzioni, dalla Regione recentemente è giunta una critica alle banche del territorio. Sarebbero lontane dalle esigenze delle imprese, dovrebbero concedere maggiori prestiti a lungo termine.


Il riferimento non può essere alla mia banca. La Popolare di Vicenza registra ogni anno un aumento costante di investimenti e impieghi. E c’è una crescente concorrenza tra istituti, il che significa che il territorio chiede e usufruisce dei servizi bancari. Le banche devono anche evitare che le imprese rimangano vittime dell’euforia dei mercati.


Come va, secondo lei, l’economia veneta, è crisi stagnante o stiamo uscendo dal tunnel?



Entrambe le cose. È un momento complesso, di trasformazione. Il mercato era solo europeo e americano ora è globale e questo ha creato un divario: chi è in mezzo al mare e sa nuotare bene sopravvive, chi aveva difficoltà prima ne ha di maggiori ora e in taluni casi soccombe.


Per la Banca Popolare di Vicenza qual è la strategia per il futuro? Diventare uno dei maggiori gruppi nazionali?



Vogliamo essere banca del territorio, ma anche radicarci in tutto il paese, come stiamo facendo al Sud con Banca Nuova e in Toscana con CariPrato. Per questo ci siamo posti come obiettivo il raggiungimento in tre anni degli 800 sportelli, dagli attuali 500. Alle acquisizioni preferiamo le aggregazioni, anche se ogni situazione richiede una strategia diversa.
Prevede altre ricapitalizzazioni a breve?



Per il momento no. Ma il fieno in cascina ci vuole sempre, bisogna essere previdenti. Non escludo che ci si possa pensare nel 2007.

k.mandurino@ilsole24ore.com

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