Rassegna stampa

«Perché vogliamo un polo espositivo»

n «È da un po’ di tempo che si assiste ad un tiro al bersaglio su una delle opere che si va a costruire sul territorio provinciale a sostegno dell’artigianato locale e non solo. Sono convinto che sull’argomento regna la più alta concentrazione di confusione, mentre da un altro lato emerge la triste vocazione del territorio lodigiano di avversare e punire tutto ciò che può portare benefici, dinamicità, novità. Vorrei a questo punto fare un passo indietro e tentare un poco di chiarezza su quest’argomento, nel limite delle nostre conoscenze»: inizia così una lunga chiacchierata con Alfredo Corrù, presidente dell’Unione Artigiani Lodi e Provincia. Un’intervista sollecitata dallo stesso Corrù. avendo come argomento il tema del polo espositivo di Lod i.Corrù, da dove incominciamo?«Dal fatto che l’Unione Artigiani Lodi e Provincia tutti gli anni in autunno, fino al 1995, organizzava una nostra denominata Moart. La mostra veniva allestita nei capannoni dell’ex Linificio in Lodi, allora uno stabile in evidente disuso. Erano mostre di successo, che richiamavano anche 25.000 persone in tre giorni. Ma quei locali erano fatiscenti, dovevano essere rimessi a posto».E allora?«Noi artigiani chiedemmo al Comune di Lodi, attraverso il presidente Magli ed il segretario Negri, di recuperare insieme parte dell’area allo scopo di localizzare la suddetta mostra. La risposta fu negativa».E voi?«Non ci rassegnammo. Da una parte trovammo disponibilità presso la Camera di Commercio con l’allora presidente Franco Ferrari, e la provincia con il presidente Lorenzo Guerini. Dall’altra parte riuscimmo a fare breccia presso l’assessorato all’Artigianato della Regione Lombardia. E così nacque il progetto di un centro espositivo presso un terreno di proprietà comunale, il Pip di San Grato». Cosa significa fare breccia? «Trovammo un finanziamento pubblico. I fondi che l’assessorato regionale metteva a disposizione erano fondi di competenza dall’artigianato per la sua promozione, sviluppo, sostentamento. Solo che invece di finire sempre e solo a Como, Varese, Bergamo, Brescia, città che fanno la parte del leone essendo molto grandi e sviluppate, stavolta potevamo registrare un investimento importante anche nel nostro territorio». Per cosa avevate chiesto e ottenuto quei soldi? «Per realizzare un Centro espositivo. L’Unione Artigiani ha sempre parlato e sostenuto la necessità di un Centro espositivo perché sappiamo che la stragrande maggioranza delle nostre imprese ha bisogno assoluto di uno spazio dove mostrare ai potenziali clienti – ossia i visitatori – i propri manufatti e servizi». Un Centro espositivo a Lodi? Perché? «Perchè le nostre aziende non hanno risorse finanziarie per andare a Berlino o Dubai o New York a mostrare i propri prodotti. Non hanno neppure direttori di marketing che studiano e promuovono azioni di mercato a più livelli. Hanno però la capacità di produrre manufatti o eseguire servizi che possono incontrare l’interesse del pubblico». E tutto questo potrebbe essere realizzato con un Centro espositivo? «Certamente. Il Centro è un aspetto fondamentale, lo scriva fondamentale, a livello socio-economico-culturale di una comunità: l’incontro fra coloro che propongono qualcosa e coloro che vanno alla ricerca di qualcosa. Da centinaia, se non migliaia, di anni si rinnova il momento dell’incontro fra domanda e offerta. Guai se così non fosse». C’è però che sostiene che un Centro espositivo a sè stante, realizzato a Lodi, è inutile. «Coloro che avversano un centro espositivo provinciale credo proprio che non sono stati mai imprenditori. Non sono mai stati artigiani. Oppure non ne sanno assolutamente nulla delle problematiche e delle aspettative delle nostre piccole aziende». Riprendiamo il discorso. « Alcuni soggetti economici ed istituzionali del Lodigiano hanno sempre storto il naso di fronte all’idea che a Lodi sorgesse il Centro espositivo». E perchè lo avrebbero fatto fatto secondo lei?«Un po’ per miopia progettuale. Un po’ per campanilismo con altre zone diverse dal capoluogo. Un po’ per protagonismo. Da tutte queste cose è nato il connubio di affiancare al Centro espositivo un Centro Servizi. Oggi questo connubio è comunemente chiamato Centro Polivalente di San Grato». Un Centro Servizi che sta facendo discutere. «Guardi, sul Centro Servizi è si scatentaa una sterile battaglia di piazza, o forse è meglio chiamarla di bar». È un’affermazione pesante, la sua.«Da più parti ci si chiede quali siano i contenuti di questo centro Servizi. Da più parti si sale sui vetri e si annunciano studi e ricerche come se nel lodigiano non ci siano persone o motivi validi per creare proposte ed opportunità significative».E lei cosa ne pensa?«Personalmente non credo che bisogna inventare chissà cosa per riempire di contenuti questo centro Servizi. È un Centro che, lo ribadisco, si affianca al Centro Espositivo. La prima cosa da mettere in rilievo è che non bisogna creare concorrenza alla Associazioni di categoria già presenti sul territorio». A cosa si riferisce?«Ho letto di servizi organizzati su diversi livelli, quali l’informazione, la formazione, l’assistenza. È un erriore questo, facendo così si andrà a creare problemi più che a risolverli».Non mi ancora detto lei cosa farebbe.«Ci sono aree di intervento ben precise e facilmente individuabili che meritano di essere sviluppate e ospitate presso il Centro Servizi. Di idee ne avrei quattro. Per esempio la prima è l’internazionalizzazione delle imprese, un centro estero che aiuti tutti coloro che esportano o che desiderano intraprendere questa via».La seconda idea?«La seconda potrebbe essere l’incubatore di nuove aziende, dove si mettono a disposizione piccole superfici nelle quali impiantare e provare aziende composte da soggetti giovani alle prese con problematiche di locazione e assistenza».La terza?«Un terzo intervento potrebbe essere la messa un funzione finalmente dello sportello unico, che attualmente è e rimane un grande sogno nel cassetto. Avere più risposte in breve tempo e da un soggetto unico oltretutto ben localizzato non in centro città ma in un’area facilmente raggiungibile sarebbe un gran bel traguardo per il nostro territorio». La quarta idea? «Potrebbero essere presi in esame spazi commerciali fissi oppure a tempo per aziende esterne che vengono a conoscere il mercato locale».Presidente, l’immenso polo espositivo di Rho-Pero non è destinato ad uccidere sul nascere tutte le piccole fire di provincia?«Ho sentito spesso tirare in ballo la nuova grande Fiera di Rho-Pero e dei suoi effetti negativi sulle altre fiere. Io credo che sia un modo come un altro per non fare nulla di concreto a casa nostra». Perchè? «A Rho-Pero sbarcano decine di voli charter con cinesi, giapponesi, indiani, coreani, russi, canadesi che in 24, 48 ore visitano mostre dai contorni globali. Ecco, lassù nel nord Milano si parla un linguaggio globale che non ha nulla a che vedere con le aspettative interprovinciali e regionali dei nostri servizi e molti nostri prodotti».Ossia…«Le fiere possono avere comunemente tre grandi caratteri: le grandi fiere globali, le fiere intermedie a carattere provinciale-regionale, le fiere a carattere prevalentemente locale».Lei cosa pensa per Lodi?«Lodi in qualità di capoluogo di Provincia deve ospitare una fiera intermedia come si svolgono a Piacenza, Bergamo, Brescia, Parma». Questo va bene per quindici giorni all’anno. E per gli altri undici mesi? Un Centro Espositivo chiuso per il resto dell’anno? «Ma è chiaro che non deve essere così! Prima di tutto vorrei sgomberare il campo da ogni dubbio riguardo il contenuto della nostra mostra, dedicata all’artigianato. Noi vorremmo poter fare una vera e grande mostra dei prodotti e servizi artigianali locali, senza avere a fianco bancarelle che vendono prodotti sui generis, come avviene purtroppo nella stragrande maggioranza delle fiere locali».Quindi…«Quindi bisogna individuare settori emergenti o qualificati che possono dare luogo ad un calendario di almeno quattro o cinque manifestazioni».Faccia un esempio.«Oltre alla già citata mostra artigiana si può prevedere un evento importante sul tempo libero e turismo, tipo quello che si svolge a Rimini. Un altro evento potrebbe avere come soggetto i servizi alle persone e tutto il mondo biologico e naturale come la mostra Sana di Bologna. Una terra come la nostra che si vanta di produrre prodotti alimentari di primissima scelta non potrebbe non coglie re l’opportunità di organizzare un evento culinario-alimentare e di tutto ciò che ci sta attorno». E a chi si dovrebbero rivolgere queste iniziative? A quale clientela? Immagino non a cinesi, giapponesi, india ni, coreani, russi, canadesi.«Queste manifestazioni devono essere a carattere interprovinciale con la supponenza di andare a sollecitare gli appetiti della domanda nelle città del Sudmilano, nel Pavese, nel Cremonese, nel Piacentino.Può essere il primo passo. Può essere un “progettino”, un “compitino”. Chissà che un domani, se siamo bravi e svegli, non sia tutto un fiorire di eventi uno dopo l’altro con gente che viene da chissà dove». Chi sta portando avanti il progetto? «La società è composta da Camera di Commercio, Provincia, Comune di Lodi, organizzazione artigiane. È ovvio che sia così, perché la Camera di Commercio deve essere la capofila, la coordinatrice di un progetto così importante e di carattere economico. La Provincia di Lodi deve avere un ruolo importante perché viene a dotare il territorio provinciale di uno strumento di promozione e sviluppo, il Comune di Lodi a sua volta è parzialmente interessato perché l’opera è sita nel proprio territorio». L’accusa che viene fatta a questa realtà è che è diventata una grande opera incompiuta, una cattedrale nel deserto, una nacchina mangiasoldi… «L’inizio dei lavori purtroppo è stato ampiamente sfortunato, come ci si attendeva, perché la legge Merloni sugli appalti ci ha regalato due vincitrici che non erano assolutamente in grado di portare a termine quest’opera, come poi è avvenuto puntualmente».E ora?«Ora si riparte incrociando le dita per un nuovo bando, sperando che la fortuna sia un po’ meno cieca. Certo che nel frattempo i costi sono letteralmente esplosi».È questo aspetto dei costi che fa scandalizzare il cittadino comune.«Ci dicono che i costi prima erano un po’ sottostimati. Poi nel bando precedente c’era la zona servizi che non era prevista, da “terminare”, quindi in questi ultimi anni il costo di alcune opere è aumentato in modo considerevole». Un auspicio finale? «Speriamo che tutto ciò costituisca finalmente il volano per far partire e terminare la struttura. Quest’opera può rappresentare un’ottima opportunità per le nostre piccole e medie imprese. È l’opportunità di farsi conoscere all’esterno, di mostrare la propria capacità, di mettere in evidenza una creatività e una professionalità di cui il Lodigiano deve andare fiero».F.P.

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