Rassegna stampa

«Per riemergere meno duplicazioni e più sinergie»

«Mai come in tempi di crisi le fiere costituiscono lo strumento fondamentale con il quale le imprese possono proporsi al mercato e promuovere i propri prodotti. È proprio in anni difficili che gli eventi fieristici dimostrano tutto il loro potenziale ed è per questo che non prevediamo, per il 2009 e per gli anni a venire, alcun crollo o calo significativo nel numero di eventi e di operatori».
È questo il parere di Gian Domenico Auricchio, 51 anni, presidente del Comitato fiere industria (Cfi), che conserva il proprio ottimismo circa gli sviluppi futuri del sistema fieristico italiano anche a fronte dell’aggravarsi della crisi per molti settori industriali.
Presidente, qual è l’impatto della crisi sulle sistema fieristico italiano?
Dai dati in nostro possesso, possiamo affermare che il 2008 è stato in realtà un anno positivo anche a fronte delle difficoltà economiche e finanziarie internazionali. Cfi ha registrato un aumento complessivo delle aree espositive degli associati pari al 2,5%, con 55 eventi fieristici che hanno saputo attirare quasi 800mila visitatori stranieri, il 6% in più rispetto al 2007.
A che cosa è dovuta la tenuta del settore?
Buona parte del successo delle fiere italiane deriva dal gran numero di imprese medio-piccole attive nel Paese. Questo fattore, che tante preoccupazioni aveva suscitato per l’economia nostrana, si è dimostrato invece il nostro vero punto di forza, perché nel pieno della crisi possiamo contare su un bacino molto ampio di operatori di qualità pronti a lanciarsi sul mercato occupando le nicchie lasciate da altri.
Le prospettive potrebbero peggiorare con un eventuale aggravarsi della crisi nel corso del 2009?
Certo, qualche preoccupazione c’è, ma riguarda esclusivamente la possibilità che le aziende trainanti ripensino le proprie politiche fieristiche riducendo gli spazi occupati. Non credo che diminuirà il numero di presenze, perché rinunciare al l’esposizione fieristica è davvero l’estrema ratio anche in un momento di crisi. Per questa stessa ragione è improbabile che determinati eventi vengano cancellati. Questa considerazione, unitamente alla conferma del ruolo strategico che le fiere specializzate rivestono per lo sviluppo economico del Paese, fa ben sperare sui risultati che gli organizzatori saranno capaci di conseguire nel 2009, mettendo a disposizione del sistema la loro professionalità e competenza.
Non sussiste, quindi, il rischio che le aziende costrette a tagliare sulle spese rinuncino al loro spazio in fiera?
Il 60% delle imprese italiane ritiene che le manifestazioni fieristiche costituiscano il canale principale di promozione dei propri prodotti: rinunciarvi è impensabile, e lo dico anche da imprenditore. Senza contare che in Europa, nel 2007, appena il 5% delle imprese ha partecipato a eventi fieristici. Si tratta probabilmente di aziende che da sole coprono il 75% dei rispettivi mercati, ma resta il fatto che il margine di crescita ed, eventualmente, di recupero per il sistema fieristico è enorme, con un gran numero di operatori pronti a occupare i posti vacanti.
Quali strategie si possono adottare per migliorare attivamente le possibilità di resistere alla crisi?
L’attività fieristica, nella sua complessità e articolazione, richiede una politica dinamica con investimenti mirati, che superi gli attuali limiti territoriali e rientri in un quadro generale di sistema coordinato dal ministero dello Sviluppo economico. Bisognerebbe lavorare nell’ottica di una razionalizzazione dei calendari fieristici per eliminare la duplicazione di eventi e la dispersione di risorse, e al tempo stesso favorire la cooperazione tra gli operatori, aggregando fiere e filiere produttive.

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