
Per il futuro un modello Milano
Passerà anche per la Stu (Società di trasformazione urbana) il futuro della Fiera del Levante. Quella di Bari, se mai si passerà alla fase operativa, sarà la più grande iniziativa immobiliare pubblica d’Italia, con un ambito di intervento pari a 1.182 ettari (si veda “Il Sole-24 Ore Sud” del 28 maggio). L’area a sud (sottozona A, 608 ettari) parte dal teatro Margherita e arriva fino a San Giorgio e Japigia per abbracciare alcuni grandi insediamenti di edilizia popolare, escludendo Punta Perotti. L’area a nord (sottozona B, 573 ettari) comincia dall’ansa di Marisabella per arrivare fino ai quartieri di S. Girolamo e Fesca, lungo una linea che comprende la Fiera e vari insediamenti industriali in disuso.
A dare una prima indicazione sul destino di queste aree, per quella che a suo tempo è stata definita un’operazione di “riappropriazione del mare”, dovrà essere lo studio di fattibilità che sarà predisposto nei prossimi mesi dalla società romana Ecosfera (in partnership con Ernst & Young Financial). Il passaggio dalla fase di analisi a quella di sviluppo non è affatto automatico, anche perché la paternità della Stu (cui hanno aderito anche lo Iacp, il Demanio militare, l’Autorità portuale, le Ferrovie Sud-Est e le due università cittadine) è della passata amministrazione di centrodestra. Come è accaduto in altre città d’Italia, lo studio potrebbe semplicemente essere considerato alla stregua di uno strumento urbanistico attuativo e costituire la base per altre operazioni.
La suddivisione in sottozone rispecchia la necessità di rispondere a esigenze diverse. Due gli ambiti di lavoro individuati nella zona A: la riqualificazione della costa da un lato, e la “ricucitura degli spazi” nelle aree residenziali dall’altro. Per il fronte del mare si pensa al recupero del litorale (anche in senso paesaggistico), mentre per il quartiere Japigia sarà necessario riequilibrare il deficit di aree a servizio dei residenti.
La Fiera sarà invece il nodo centrale degli interventi nella sottozona B, dove il livello di degrado urbanistico è molto marcato. Secondo le prime ipotesi le aree limitrofe al quartiere espositivo, alcune delle quali praticamente abbandonate, dovrebbero essere rivalutate in chiave fieristica: centro congressi, strutture ricettive oggi inesistenti, impianti sportivi a integrazione di quelli universitari già in funzione. D’altro canto, il livello di degrado che coinvolge gli insediamenti di edilizia pubblica di Fesca e San Girolamo di proprietà dello Iacp, gravemente compromessi anche a livello strutturale, ne impone la demolizione e la ristrutturazione.
Il valore complessivo delle aree oggetto della Stu è stato stimato in circa 280 milioni. Una fetta importante riguarda i 300mila metri quadri dell’attuale quartiere fieristico: esiste un’idea alternativa all’espansione, ovvero il trasferimento. Se lo studio dovesse propendere per questa ipotesi, i suoli della vecchia Fiera verrebbero venduti e utilizzati a scopo abitativo: un “modello Milano” anche per Bari.