Rassegna stampa

Passaporto per il mondo

di Marco Morino

Le fiere italiane sono chiamate a una grande prova di maturità: superare egoismi, localismi e rivalità di campanile per dare vita a un sistema integrato e coeso che accompagni le piccole e medie imprese nell’insidioso processo di espansione e radicamento sui nuovi mercati mondiali.

Troppe volte la ricerca di alleanze in campo fieristico si è scontrata con una competizione esasperata e miope tra i centri espostivi che ha bloccato qualsiasi tentativo di «fare sistema».

Di recente alcune iniziative importanti sul fronte internazionale sono state intraprese: l’alleanza Cibus-Vinitaly promossa da Parma a Verona; lo sviluppo del Cosmoprof Asia che fa capo alla Fiera di Bologna; i grandi eventi organizzati dal Salone del mobile in Russia e negli Stati Uniti; il Macef Mosca lanciato da Fiera Milano; il Salone della moto di Milano che dal 2008 sbarcherà a Singapore.

Nel complesso, però, la presenza delle fiere italiane oltre frontiera resta modesta e scarsamente coordinata.

Nel 2006, ad esempio, gli enti fieristici tedeschi hanno organizzato all’estero circa 200 manifestazioni, di cui un terzo in Cina; le fiere italiane poco più di una ventina (di cui 15 dalla sola Fiera di Bologna).

Avanti di questo passo si rischia di mancare l’obiettivo più importante: supportare lo sbarco in forze del made in Italy – e quindi dei settori (dalla meccanica all’alimentare, dal tessile all’arredamento, dall’edilizia all’elettronica) che rappresentano l’essenza del gusto, della creatività e dell’inventiva italiani – nelle aree più dinamiche del pianeta.

«Fare sistema», cementando in un corpo unico le fiere e i loro uffici esteri, le associazioni di categoria e il mondo degli organizzatori, è ormai una necessità imposta dai grandi mutamenti in atto. È opinione comune tra gli addetti ai lavori che l’Europa occidentale, e in primis Italia e Germania che sono le due nazioni leader nel settore fieristico, sia destinata a perdere la sua centralità sullo scacchiere espositivo mondiale. Nuove realtà stanno emergendo a ritmi frenetici: in Cina si assiste a una vera e propria esplosione di poli fieristici; ma anche India, Sud America (con il Brasile in prima fila), Nord America, Est Europa e area del Mediterraneo stanno investendo in misura massiccia nei rispettivi settori fieristici.

Da un sistema eurocentrico, basato sul pilastro tedesco e su quello italiano, con Hannover e Milano a svettare su tutti, si sta passando a un sistema policentrico. In futuro non sarà più il mondo a venire in casa nostra, ma saremo noi che dovremo andare incontro al mondo bussando direttamente alla porta di cinesi, indiani, brasiliani, arabi. E le fiere saranno decisive in questo processo di espansione internazionale.

In che modo? «L’Italia – notano gli addetti ai lavori – ha accumulato un patrimonio di conoscenze ed esperienze in campo fieristico tra i più elevati al mondo. Possiamo giocare con successo la carta della professionalità nell’organizzazione delle rassegne e nella fornitura dei servizi collegati (allestimenti, promozioni, marketing, ndr)». Non è necessario – dicono ancora gli esperti – che le fiere italiane si trasformino in costruttori andando a realizzare direttamente o in partnership dei quartieri fieristici in Asia o in America.

La via giusta per il sistema fieristico italiano, suggeriscono gli stessi imprenditori, è quella degli accordi con partner locali per partecipare direttamente all’organizzazione e alla gestione delle rassegne che si svolgono in quel Paese, assicurando innanzi tutto un livello qualitativo delle manifestazioni almeno pari a quello europeo. «Dobbiamo esportare la nostra professionalità organizzativa per lanciare grandi eventi all’estero». In questo modo si spianerebbe la strada all’ingresso del prodotti italiani sui nuovi mercati, che potrebbero contare su una rete di manifestazioni di eccellenza gestite, o cogestite, dalle fiere italiane.

Ad esempio il Salone del mobile, con i maxi-eventi organizzati a Mosca e a New York (i saloni worldwide), propone un modello da imitare per la promozione internazionale dell’italian style.

Del resto le fiere, anche nell’epoca di internet e della comunicazione virtuale, restano uno strumento indispensabile per lo sviluppo aziendale. Da recenti indagini realizzate da primarie società di ricerca (Eurisko, Censis) emerge che il 75% delle imprese indica l’esposizione dei propri prodotti in fiera come uno dei principali, se non il principale strumento di marketing per far conoscere i propri prodotti al mercato. Inoltre il costo contatto di una fiera è di gran lunga inferiore a quello di un anno di uscite pubblicitarie su una testata specializzata, ed è molto vicino a quello di una singola inserzione.

Da un’analisi su un campione di piccole e medie imprese, riferisce l’Aefi (l’associazione degli enti fieristici), emerge che da una fiera ogni impresa ricava in media 50 contatti utili e sviluppa nuove relazioni commerciali con almeno il 30% dei clienti contattati. Ecco perché sono le stesse imprese che reclamano più attenzione verso i mercati internazionali. Tocca alle fiere riunire le forze per dare vita a una sorta di "santa alleanza" con associazioni e organizzatori. È in gioco l’immagine e lo sviluppo dell’intero sistema produttivo italiano.

www.aefi.it

Il portale delle fiere italiane

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