
Ottimismo a Pitti Filati – Nel 2010 la produzione è tornata a livelli 2008
La lunga bufera (sette anni di ciclo negativo) sembra passata, ma ha lasciato segni profondi nell’industria italiana dei filati, che ora riparte sui mercati internazionali con aggiustamenti di rotta e di offerta, resi ancor più complicati dall’aumento delle materie prime. Nel 2010 il fatturato del settore – secondo i dati elaborati da Smi per Pitti Filati, la fiera che è si chiusa giovedì a Firenze con 110 marchi di cui 23 esteri – ha recuperato le perdite dell’anno precedente, segnando +20,1% a 2,9 miliardi, e tornando dunque sui livelli del 2008. La ristrutturazione è stata pesante, con l’effetto di ridimensionare aziende, spazzarne via altre (soprattutto terzisti) e di spingere alla più grande aggregazione che il settore ricordi, quella – appena conclusa anche sul fronte delle collezioni, presentate al Pitti Filati – tra il colosso biellese Zegna Baruffa Lane Borgosesia, Filatura di Chiavazza e Botto Poala, a formare il gruppo familiare leader mondiale nei filati per maglieria esterna, guidato da Alfredo Botto Poala.
«”Continuare a competere offrendo solo filati classici in pura lana era difficile – spiega l’amministratore delegato Paolo Todisco –. Oggi, grazie a questa unione, abbiamo una gamma che arriva fino a tutte le declinazioni del lusso, e ora siamo pronti a riprendere la crescita». Il primo bilancio consolidato 2010 di Zegna Baruffa si è chiuso con un fatturato di 126 milioni, per metà realizzato all’estero, un ebitda dell’8,2% e un utile prima delle imposte di 1,1 milioni. Quest’anno i ricavi segneranno +10%, anche se l’orizzonte resta offuscato dall’aumento dei prezzi delle materie prime: «Rispetto a un anno fa siamo nell’ordine del +80%, ma le aziende di filati, così come i maglifici, non hanno la possibilità di accollarsi questi aumenti, che dovranno trasferire a valle». Il rilancio è avviato anche per Lineapiù, l’azienda di Capalle (Firenze) finita in amministrazione straordinaria e rilevata un anno fa dall’imprenditore fiorentino della moda Alessandro Bastagni. Il primo bilancio della “nuova” Lineapiù (nella foto, un abito realizzato con i filati dell’autunno-inverno 2012-2013) chiuderà il 30 settembre con 30 milioni di fatturato, in crescita del 10% rispetto al piano presentato al ministero dell’Economia. Nel frattempo Bastagli ha acquistato una ritorcitura e oggi può contare su una produzione verticalizzata: «Dopo aver curato le difficoltà finanziarie e potenziato ricerca e stile ora parte la fase degli investimenti sul nuovo stabilimento, tecnologie informatiche, reti distributive per andare poi su nuovi mercati».
La conquista di nuovi mercati, e in particolare di quello cinese, è in cima ai pensieri anche della marchigiana Cariaggi, leader nei filati di lusso, che dopo il balzo del 25% nel 2010, che l’ha portata a sfiorare i 70 milioni di fatturato, per quest’anno ha previsto un altro +18% a 83 milioni: «A settembre apriremo un ufficio vendite a Shanghai – spiegano Piergiorgio e Cristiana Cariaggi – per essere vicini alle aziende cinesi che cominciano a chiedere filati made in Italy per produrre marchi locali. È un grande mercato che si sta aprendo, esattamente come successe per l’America».
E alla domanda proveniente dai Paesi in via di sviluppo guarda anche la pratese Filpucci, che ha lanciato una nuova collezione di filati made in Italy a prezzo calmierato: «Abbiamo fatto un grande sforzo di ingegneria tessile – spiega il patron Leandro Gualtie- ri – che prevede di chiudere l’anno con 35 milioni di fatturato in crescita del 15% – per venire incontro alle esigenze dei 300 milioni di nuovi consumatori che vogliono vestirsi in modo elegante ma accessibile».
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