
Ora il gioiello si gioca la carta dell’hi-tech
Qualità, qualità e ancora qualità. Da migliorare sempre più con l’uso delle nuove tecnologie e lo sviluppo del design, gli ingredienti su cui il distretto di Valenza ha deciso di scommettere per rafforzare il proprio brand. Così, la 34esima edizione di ValenzaGioielli, che aprirà sabato, ospiterà anche un padiglione, V+Plus, dedicato alla progettazione, alla modellazione e ai servizi innovativi che si stanno ritagliando uno spazio significativo nelle lavorazioni orafe.
«Nei due anni scorsi – spiega Franco Fracchia, responsabile fiere di Valenza expo events – V+Plus è stato un evento autonomo, ma, in relazione alle esigenze e all’interesse delle aziende, abbiamo ritenuto opportuno inserirlo nel salone dedicato alla gioielleria». Una scelta dettata dalla volontà di sottolineare la qualità e porre un freno anche all’emorragia di imprese e addetti: negli ultimi dieci anni si è passati da oltre 1.400 aziende a 1.068, mentre i lavoratori sono diminuiti di oltre duemila unità, con una lievissima ripresa dovuta a 139 assunzioni fatte dal 2009 a oggi. «L’offerta di V+Plus comprenderà proposte molto varie – prosegue Fracchia –, dai macchinari di ultima generazione per la lavorazione e il trattamento dei metalli, allo sviluppo di nuovi strumenti e nuove figure professionali, come il disegnatore Cad, applicati al design orafo».
La qualità è anche la chiave per tentare di competere con i costi, altrimenti irresistibili, dei concorrenti asiatici e non. «Il panorama è ancora in chiaroscuro. Il prezzo di oro e brillanti è in crescita, non solo per ragioni speculative – afferma Francesco Barberis, presidente di Valenza expo events –, ma anche perché c’è stato un effettivo aumento della domanda da parte di Paesi come Cina e India. Rispetto ai momenti più duri della crisi, nei primi sei mesi dell’anno abbiamo registrato una ripresa della domanda nazionale ed estera, ma avvertiamo nuovamente un freno in seguito agli sviluppi internazionali più recenti». Un trend selettivo, quello che si sta realizzando secondo Barberis: «La ripresa non è uniforme – dice – e funzionano quelle imprese che hanno diversificato i prodotti e sperimentato tecniche commerciali innovative».
Di fatto, di fronte alla concorrenza di paesi come Cina, Turchia e Hong Kong, il distretto chiede più trasparenza. «Ognuno è libero di delocalizzare – dichiara Barberis –, non si deve interferire con le decisioni delle aziende, ma c’è molta confusione sui prodotti che si trovano sul mercato. Noi chiediamo una legge che permetta all’acquirente di distinguere tra un prodotto ideato e realizzato qui e uno, invece, importato dall’estero». E poi, dato che le responsabilità non sono solo esterne, occorre investire nel luxury management: «Le nostre sono piccole aziende a carattere familiare – riflette Barberis – e i manager sono figure professionali, altrimenti costose, spesso incarnate dagli stessi proprietari. Ora, però, è necessario farle crescere qui, magari proprio all’interno delle famiglie che già lavorano nell’oreficeria».
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