Rassegna stampa

Non si placa l’emergenza fame

Nutrire il pianeta. Quello che, con l’Expo di Milano, diventerà il filo conduttore degli eventi del 2015 è già oggi un’emergenza, la più grave con la quale l’umanità si debba misurare. Secondo stime della Fao, l’organizzazione mondiale per le questioni alimentari, lo scorso 2008 ha visto crescere di 75 milioni il numero complessivo delle persone che si dibattono nella spirale della fame estrema.
Sono ormai quasi un miliardo e, in assenza di sostanziali cambi di trend, potrebbero salire a 3-4 miliardi nell’arco dei prossimi 40 anni, ossia entro il 2050.
La mappa globale della denutrizione è, ad oggi, fortemente simmetrica a quella della povertà e del sottosviluppo, ma da tempo studiosi ed esperti avvertono che nessuno, neppure nell’Occidente più avanzato, può sentirsi al riparo da questo flagello, perchè le aree di “insicurezza” idrica e alimentare si vanno estendendo a macchia di leopardo e, attualmente, interessano anche vaste aree dell’Europa e del continente americano.
Nella sola Ue, che pure è una delle regioni più ricche al mondo, sono stimate in 78 milioni le persone a rischio e, dalle indagini Eurobarometro, emerge che il 10% della popolazione versa già attualmente in condizioni di povertà.
La situazione si presenta, poi, ben più drammatica nel Sud del mondo, dove i singoli Paesi sono importatori netti di prodotti agricoli e alimentari trasformati. Sulle spalle, ancorché fragili, di queste aree di sottosviluppo si stanno accumulando gli aumenti delle materie prime, la riduzione dei commerci e degli investimenti, il taglio degli aiuti, le minori rimesse degli emigrati, gli effetti di politiche agricole talvolta azzardate, ad esempio quelle volte a favorire i biocarburanti.
Non c’è abbastanza cibo per tutti, oppure l’asticella della produzione e dei prezzi si è alzata in modo troppo repentino per riuscire a garantire una generale accessibilità alle risorse? Quanto pesano sulla crisi alimentare le guerre in corso e il diffondersi di alcune pandemie, la concentrazione del genere umano in grandi conglomerati urbani e il correlato abbandono delle campagne, i cambiamenti climatici e l’inquinamento, gli squilibri idrici e la progressiva desertificazione?
Ciascuno di questi interrogativi vale un’analisi a sè e nessuna delle risposte, da sola, può fornire una chiave di lettura adeguata. Certo è che lo scorso 2008, prima con il repentino e generalizzato aumento dei prezzi agricoli ed energetici, poi con l’esplosione della crisi finanziaria, all’interno della quale non può essere ignorata l’esistenza di una componente di “scommesse” sulle commodities, ha aggravato il quadro dell’emergenza, e le manifestazioni di piazza che hanno interessato molti Paesi del terzo e quarto mondo hanno rievocato spettri che la fiducia nello sviluppo sembrava avere dissolto.
E poichè piove sempre sul bagnato, alle crescenti difficoltà alimentari in quei Paesi non possono essere più di tanto d’aiuto i fondi della cooperazione internazionale. Rispetto agli ambiziosi obiettivi del vertice di Gleneagles e a quelli fissati dall’Onu (aumento degli aiuti allo 0,7% del Pil dei Paesi donatori entro il 2015) l’ultimo anno ha fatto segnare un generale allentamento dell’impegno, motivato proprio dalla crisi finanziaria globale. La percentuale media europea dei fondi, in rapporto al Pil, è ferma allo 0,39% e l’Italia arranca in coda, a quota 0,19%. Non solo: la legge Finanziaria per il 2009 ha ridotto a 321 milioni di euro lo stanziamento per la cooperazione e lo sviluppo, con una riduzione che sfiora il 56% rispetto all’esercizio precedente. In queste condizioni appaiono a dir poco ottimistici non solo l’obiettivo dello 0,7% del Pil entro il 2015, ma anche quello intermedio dello 0,51% entro il 2010.
Per quanto riguarda il sostegno alla Fao, per l’anno in corso la dote è rappresentata da poco più di 66 milioni di euro (16 di contributi obbligatori, 40 di volontari e 10 di stanziamento aggiuntivo). Ma tanto la presidenza del G8 quanto, soprattutto, l’obiettivo dell’Expo 2015 dovrebbero rappresentare un forte stimolo per il nostro Paese a rafforzare gli impegni e a valorizzare ulteriormente i rapporti con gli interlocutori istituzionali e le organizzazioni non governative, alla luce del fatto che proprio dal succeso nella battaglia contro la fame dipendono in gran parte i nostri destini.
elio.silva@ilsole24ore.com

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