
Missione in Cina per quindici aziende italiane
Missione cinese per i costruttori italiani di macchine e attrezzature per la ceramica, che dal 15 al 18 giugno parteciperanno alla 18esima edizione di Ceramics China, la maggiore fiera asiatica dedicata alla tecnologia per ceramica. L’evento, che secondo gli organizzatori cinesi dovrebbe calamitare circa 100mila visitatori professionali, si svolge a Guangzhou (Canton), nella regione meridionale del Guangdong, dove hanno sede circa i due terzi delle migliaia di aziende ceramiche cinesi (sono 3.500 nei soli comparti della produzione di piastrelle e sanitari, secondo una recente indagine di mercato promossa da Acimac e Ice).
Le 15 aziende italiane saranno ospitate all’interno della collettiva organizzata da Ice e Acimac, occupando un’area di circa 1.400 metri quadrati. Tra gli espositori italiani figurano i nomi più noti a livello mondiale – ubicati nella stragrande maggioranza in Emilia Romagna – quali il gruppo Sacmi (Imola), il gruppo Barbieri&Tarozzi (Formigine, Modena), System (Fiorano, Modena), LB Officine Meccaniche (Fiorano, Modena), tutte aziende da anni presenti sul mercato cinese con sedi produttive e/o commerciali.
La Cina è dal 1993 il maggior produttore mondiale di ceramica. In vent’anni la produzione di piastrelle è passata dai 10 milioni di metri quadrati all’anno del 1982 ai 1.868,5 milioni del 2002 (con una capacità produttiva installata tra i 2.500-3.000 milioni metri quadrati all’anno), quella di stoviglieria è salita da 1.200 milioni a 16.470 milioni di pezzi nel 2002, mentre la capacità produttiva nel comparto dei sanitari è decuplicata da 6 a 60 milioni di pezzi all’anno. Nell’ultimo decennio il numero di aziende ceramiche è cresciuto del 30% annuo.
Uno sviluppo che rende la Cina un mercato strategico per i costruttori italiani di macchine per ceramica, i quali vi realizzano oggi un giro d’affari annuo compreso tra gli 85 e i 100 milioni di euro. Attualmente, però, la domanda cinese di tecnologia italiana non è più indirizzata, come avvenuto in forma massiccia anche nel recente passato, all’espansione quantitativa (la capacità produttiva installata in Cina è infatti superiore alla reale domanda interna di prodotto finito), bensì al miglioramento del livello qualitativo delle produzioni, da questo punto di vista ancora notevolmente deficitario se paragonato agli standard occidentali.