
Meno spazi, più espositori
Gli ultimi dati disponibili sull’attività fieristica italiana ed europea confermano la condizione di un mercato sostanzialmente stabile che, dopo la crescita sostenuta nel decennio scorso, presenta oscillazioni annuali molto contenute.
Il quadro generale dei principali Paesi (Germania, Francia, Italia, Spagna, Gran Bretagna) segnala una discreta ripresa rispetto ai periodi precedenti 2001-2003, in cui era generalizzata una significativa caduta di attività. Il 2004 in particolare si è chiuso con una performance positiva, grazie soprattutto alla buona crescita delle manifestazioni internazionali, per le quali si rilevano incrementi nelle superfici affittate (+5,2%), degli espositori diretti (+3,5%) e dei visitatori (+1,6%). Leggermente meno brillante, l’andamento degli eventi nazionali e regionali, che tuttavia incrementano le aree locate (+3,5%) e i visitatori (+6,1%), mentre riducono le presenze espositive (-3% gli espositori diretti). Nel complesso, dunque, il 2005 è ritornato all’incirca sulle posizioni pre-crisi.
A livello di singolo Paese, è da segnalare l’ottima performance del mercato tedesco dove, dopo un triennio di pesanti contrazioni, sono tornate a crescere le aree locate e le utenze delle manifestazioni internazionali. I primi bilanci del 2005 mostrano inoltre stabilità delle superfici vendute e ancora una discreta crescita degli espositori. Positivi sono anche gli andamenti del mercato fieristico britannico e di quello spagnolo, sebbene quest’ultimo abbia rallentato la propria crescita rispetto agli anni precedenti. Nelle manifestazioni francesi calano invece le aree locate, a fronte di utenze che rimangono stabili.
L’Italia, nel 2004 aveva avuto le migliori performance europee. Il bilancio si era chiuso con un andamento positivo dei principali indicatori, trainati in particolar modo dalle manifestazioni di livello internazionale con una crescita significativa delle aree locate (+9%), degli espositori diretti e dei visitatori (entrambe 4%). I primi dati disponibili per il 2005 indicano però, anche per il mercato italiano, il ritorno ad una sostanziale stabilizzazione: l’analisi di un campione di 48 eventi internazionali (tenutisi sia nel 2005 sia nel 2004) evidenzia infatti una lieve flessione delle superfici (-3%), pur in presenza di una crescita degli espositori diretti (+1,6%) e dei visitatori (+2,6%).
I dati denotano dunque il profilo tipico di un mercato maturo, ma non in crisi, in cui le oscillazioni annuali sono in buona parte riconducibili alla congiuntura economica del momento e in cui gli espositori non rinunciano a partecipare, ma riducono gli investimenti pro-capite. Questo comportamento, d’altra parte, riflette anche un processo di carattere più strutturale, che riguarda la poderosa crescita dei mercati fieristici asiatici. Questi ultimi, stanno infatti attirando l’attenzione delle imprese europee che, in quei mercati, vedono crescere notevolmente la domanda di prodotti manifatturieri, soprattutto di quelli intermedi e dei beni strumentali, tipici settori di specializzazione delle industrie europee. Ciò induce gli espositori europei a dirottare parte dei propri budget per spazi e servizi fieristici verso le manifestazioni di quei Paesi, non per questo rinunciando a partecipare agli eventi del Vecchio Continente, ai quali sono tuttalpiù presenti con stand di dimensioni più contenute.
E quale futuro, dunque, si prospetta per le fiere europee? Molte imprese iniziano a domandarsi se vale ancora la pena esporre in Europa, visto che dalle nuove fiere asiatiche si ritorna con una quantità di ordini di acquisto e di nuovi clienti, mentre alle fiere europee si rivedono "solo" i clienti usuali.
In effetti le fiere hanno ruolo diversi – ma non per questo di minore importanza – nel caso dei mercati maturi in confronto ai mercati nuovi. Se infatti l’approccio ai mercati nuovi appare relativamente più eccitante perché prospetta nuovi sbocchi del fatturato e nuovi clienti che acquistano già durante la fiera, il presidio dei mercati maturi è un lavoro più sofisticato che richiede in fiera non tanto una cultura di vendita, ma una cultura di relazione e di partnership con il cliente. Di qui la necessità di stand e di approcci di comunicazione fortemente differenziati, che devono interessare non solo gli espositori ma soprattutto gli organizzatori, in quella prospettiva di affermazione di immagine di cui le imprese italiane hanno ancora fortemente bisogno.