Rassegna stampa

Mega-piano di rilancio a Seul

Stefano Carrer
SEUL. Dal nostro inviato
Uno dei due “Lee-Man Brothers” l’ha detto ieri: la grande paura è ormai passata. Il presidente sudcoreano Lee – assieme al suo impopolare ministro delle Finanze Man – ha dovuto sorbirsi, oltre a nomignoli feroci, l’accusa di non aver affrontato dall’inizio con determinazione gli effetti delle turbolenze finanziarie internazionali che hanno evocato lo spettro della crisi del 1997-98. Ma ieri ha potuto dire che il crack valutario-finanziario (paventato all’estero) non ci sarà, soprattutto grazie all’accordo di swap valutario con la Fed da 30 miliardi di dollari di settimana scorsa, che si aggiunge alle garanzie statali per 100 miliardi di dollari offerte al sistema bancario. È quindi tempo di passare a sostenere l’economia reale: sempre ieri Kang Man Soo ha annunciato misure addizionali per circa 11 miliardi di dollari, che dovrebbero aggiungere l’anno prossimo un punto percentuale a un Pil che altrimenti rischierebbe di scendere sotto il 3% .
Non mancano gli analisti che vedono ancora nero, ma un fatto è certo: se pure l’ottimistico programma presidenziale di inizio anno è diventato una chimera, Seul non rinuncia a pensare in grande sul medio-lungo termine. Uno dei motori della crescita futura è affidato alle Free economic zones (Fez), enormi progetti integrati con la missione parallela di attirare investimenti stranieri. «Non ci fermiamo, anzi siamo sempre più convinti che le Fez faranno da traino allo sviluppo del Paese: ne abbiamo appena aggiunte altre tre» afferma Park Chung-won, direttore generale del Planning Office of Fez al ministero della Knowledge economy, l’economia della conoscenza.
Tre Fez sono state varate 4 anni fa: Incheon (obiettivo primario: diventare il centro logistico dell’Asia orientale e quello di ogni business hi-tech grazie alla città internazionale di Songdo), Busan-Jinhae (focalizzata su logistica portuale, cantieristica, meccanica) e Gwangyang (acciaio e petrolchimica).
Le tre nuove Fez sono Yellow Sea (manifatturiero avanzato, biotech), Saemangeum-Gunsan (meccanica, nuove energie, turismo per clientela cinese) e Daegu-Gyeongbuk (tessile, It, servizi medicali ed educativi). «Offriamo una buona serie di incentivi, in via di miglioramento – afferma Kwon Tae-Kyun, viceministro del Commercio – Per esempio, porteremo entro il 2010 l’aliquota per le imprese dal 25 al 20%, e le agevolazioni fiscali sugli investimenti esteri da un periodo di 5 anni a 7».
Concorrenza tra le sei aree? «Non faremo gli errori della Cina: ci sarà un po’ di competizione, ma gli incentivi saranno uniformi per non rendere poco gestibile e alla fine svantaggiosa la situazione». Potrà forse verificarsi qualche leggero ritardo sui tempi programmati per il completamento della fase infrastrutturale delle Fez (che va dal 2014 di Incheon al 2020 delle nuove tre), ammette Park, «ma 54 miliardi di dollari sono già in budget». «Nessun ritardo: i finanziamenti previsti li abbiamo ottenuti, e c’è ancora tanto denaro nel mondo. Ieri, per esempio, ho firmato un’ intesa con rappresentanti del Dubai», dice Chris Sausser, da tre anni proconsole in Corea del gruppo immobiliare americano Gale International, capofila del più ciclopico progetto immobiliare a Incheon, che definisce «il più grande del mondo intrapreso da privati».
«È la prima cosa che ho chiesto: se la crisi porterà a rinvii. Mi hanno detto: no, come previsto, tutto sarà completato nel 2012», afferma Michele Perini, presidente di Fiera Milano, di passaggio a Seul. Il riferimento è al grande polo fieristico che per sorgere a ridosso dell’aeroporto di Incheon, su design di uno studio milanese, che prenderà il nome della Fiera con l’obiettivo ultimo di una co-gestione italo-coreana.
«Quando ho firmato le prime intese, non pensavo che potessero avere gli sviluppi che si stanno materializzando», prosegue Perini, in relazione all’imminente visita a Milano del sindaco di Incheon, Ahn Sang-soo: con il sindaco Letizia Moratti dovrebbe parlare non solo delle collaborazioni per l’Expo 2015 (e dell’Expo coreana che la anticiperà), ma sancire il decollo del progetto di un polo dell’eccellenza milanese nella Fez. Con tanto export permanente: Design city – con un palazzo della Triennale (che avrà in cima il più grande megaschermo del mondo) e una sede dell’Istituto europeo di design -, più articolazioni della Scala, del Conservatorio, del Museo della Scienza, del Centro sperimentale cinematografico e forse un campus universitario ambrosiano-coreano. Da queste parti vorrebbero pure fare una replica della Galleria Vittorio Emanuele. Ma su questo si rischiano arricciamenti di naso.
stefano.carrer@ilsole24ore.com

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