
Madrid annulla la Fiera dell’hi-tech
Michele Calcaterra
MADRID. Dal nostro corrispondente
La Fiera hi-tech più importante della Spagna, Simo, che avrebbe dovuto svolgersi a Madrid dall’11 al 16 novembre, è stata annullata a causa della defezione di gruppi come Telefonica, Vodafone, Orange, Toshiba, Lenovo, Fujitsu e Siemens. Quest’anno, rispetto al 2007 in cui parteciparono 570 aziende e i visitatori furono oltre 300mila, era prevista la presenza di appena 260 società. Troppo poche per garantire l’apertura dei battenti della 48esima edizione del Simo e per ripetere i successi del passato.
La notizia ha lasciato tutti sorpresi perché l’annullamento del Simo è il segnale evidente che la crisi economica in cui è caduta la Spagna da qualche mese a questa parte ha ormai "contaminato" il settore manifatturiero, dopo quello immobiliare e dei servizi. Del resto le transazioni sulle case, così come le vendite di autoveicoli sono crollate nel giro di un anno del 30-40 per cento.
Che le cose non stiano più girando come un tempo lo si nota ovunque: i negozi (non solo quelli di alimentari) sono semivuoti e i saldi di stagione anticipati, molti ristoranti di prestigio propongono ormai menu a prezzi scontati, così come sono aumentate le offerte speciali da parte degli albergatori. Come a dire che gira poco denaro e quello che circola è contato: serve per la spesa, per i beni di prima necessità. Valga per tutti il fatto che quattro famiglie su sei fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, "strangolate" dal caro-mutuo e dai crediti accesi per pagare i mobili, l’auto o il televisore. Ma si cerca anche rifugio, dove si può, nel risparmio, cresciuto del 2,7% in un anno.
Da parte sua la grande distribuzione sta facendo promozioni a ritmo continuo. È il caso della catena Al Campo, che offre in questo momento 800 prodotti a un prezzo stracciato: un solo euro. Ma sorprende ancora di più El Corte Ingles, magazzino di alta gamma, che ha deciso di lanciare in questi giorni una nuova marca, "Aliada", di prodotti alimentari (e non) cosiddetti di ingresso. Vale a dire a basso costo. Mentre Zara sta puntando tutti i suoi sforzi sull’insegna "Lefties", anche in questo caso di merce a prezzi scontati: pantaloni a 9 euro e camicette a 0,95 euro.
La verità è che la Spagna ha costruito il successo economico degli ultimi 15 anni soprattutto sul debito. E ora ha il fiato corto. In difficoltà, oltre alle famiglie, ci sono infatti anche importanti gruppi (soprattutto immobiliari e delle costruzioni), costretti a fare urgentemente cassa, vendendo i gioielli di famiglia, per ripagare i debiti e disporre di un po’ di ossigeno. Non è un caso, del resto, se la morosità è raddoppiata nel giro di un anno e se le banche hanno stretto i cordoni del credito.
Sta di fatto che questa crisi congiunturale ha costretto le imprese a fare aggiustamenti massicci nei livelli occupazionali. Sono già circa 2-300mila i senza lavoro nel settore immobiliare (sarebbero un milione le case in stock, invendute), mentre il comparto automobilistico spagnolo ha posto migliaia di addetti in cassa integrazione: 4.700 alla Seat, oltre 3mila all’Iveco, 1.500 alla Nissan, mille alla Ford e poi General Motors, Renault, Santana. Con gravi conseguenze anche per l’indotto. Tant’è vero che il tasso di disoccupazione generale ha superato nel Paese l’11% e si avvia a toccare il 15% nel 2009. Cifre da capogiro, che danno però l’istantanea di come la Spagna stia soffrendo e sia ormai a un passo dalla recessione, al termine di una decade in cui la crescita media del Pil è stata del 3-3,5% annuale. A conferma della gravità del momento, ieri sera il premier Zapatero e il leader dell’opposizione Rajoy si sono incontrati alla Moncloa per valutare la crisi e hanno deciso di convocare entro quindici giorni una riunione con le parti sociali, per affrontare il tema delle riforme strutturali nel Paese.
È una crisi che sta colpendo ricchi e meno ricchi. Basti pensare che le famiglie che fanno parte del "gotha" della finanza spagnola (ad esempio gli Entrecanales, i Del Pino, gli Ortega, le Koplowitz) hanno lasciato in queste settimane sul campo, in termini di capitalizzazione borsistica, qualcosa come 30 miliardi di euro.
michele.calcaterra@ilsole24ore.com