
“Ma per rilanciare serve coraggio”
Non è nel modello generalista della Campionaria il futuro della Fiera del Levante. Come altre “può avere un presente di fiera non specializzata, sicuramente non un avvenire”. Franco Botta, docente di Politica economica alla facoltà di Scienze politiche dell’università di Bari, è critico con misura sulle scelte e sulle strategie dei vertici di Lungomare Starita.
“Il momento d’oro di questo genere di manifestazioni fieristiche – premette Botta – è ormai alle nostre spalle. Certo, credo vi siano delle eccezioni alla regola. La Fiera del Levante mostra ancora una certa vitalità, ma non potrà durare per sempre. Occorre, allora, guardare avanti e avere il coraggio di cambiare puntando sulla specializzazione delle rassegne”. Su questa strada la Fiera del Levante “si è mossa, ma la partita è ancora tutta da giocare. I visitatori e gli operatori economici devono trovare quello che altrove non trovano e sotto questo profilo mi sembra che non sia stata ancora raggiunta la sufficienza”.
Il modello Campionaria sembra avere limiti oggettivi sul piano dell’utilità per le imprese che decidono di esporre perché la tendenza, ormai consolidata nel tempo, è proprio quella di allestire rassegne di settore di durata limitata, con espositori specializzati e pubblico molto motivato. “É sulle rassegne di settore – avverte il docente – che vanno prodotti gli sforzi maggiori, puntando con determinazione su un’accentuata specializzazione”. La Fiera del Levante è uno strumento del “sistema economico del Sud, e della Puglia in particolare, e nonostante le difficoltà economiche congiunturali il suo compito – aggiunge Botta – è quello di favorire l’accesso delle nostre imprese ai nuovi mercati: è il caso della manifestazione realizzata in Albania, che ha visto la presenza di molte aziende locali”.
I paesi dell’Est crescono a un ritmo molto sostenuto, i Pil aumentano ovunque. “É su quell’area – continua l’economista – interessata alla costruzione del cosiddetto Corridoio adriatico numero 8, che dobbiamo fare scommettere le nostre aziende, oggi in difficoltà nell’esportazione. Perdiamo quote sia nei mercati della Ue che del resto del mondo, ma le manteniamo proprio grazie all’Europa orientale. Per questo motivo è lì che l’economia del Sud e le strutture come la Fiera devono esserci”. Sono quelli, insomma, i mercati di sbocco verso i quali indirizzare molte delle produzioni specializzate di cui è leader, per esempio, proprio l’industria barese, che per volumi di export supera i 3 miliardi di euro. “E in quei mercati la Fiera deve avere un ruolo esplorativo, di avanguardia, di assistenza alle aziende”.
Secondo Botta il ruolo della Fiera barese va poi inquadrato nel più ampio problema della razionalizzazione di tutto il sistema fieristico italiano. “L’esigenza c’è ed è con questa filosofia che bisogna ragionare sulle trame delle alleanze: l’obiettivo non è sopravvivere, ma razionalizzare e stringere rapporti di reciproco interesse”.
Il ripensamento della Campionaria passa anche per due opzioni solo all’apparenza collaterali: il trasferimento del quartiere fieristico, compresso dalla città sorta tutt’intorno nel corso dei decenni, e un cambiamento delle date. Più praticabile, forse, la seconda: l’economista barese suggerisce un rinvio della Fiera del Levante a ottobre.
“Uno slittamento di qualche settimana – dice Botta – garantirebbe flussi di operatori economici e di visitatori che avrebbero sulla città un impatto diverso, causando una minore congestione”. Si allungherebbero, in sostanza, i tempi di utilizzazione delle strutture di accoglienza e si destagionalizzerebbero i flussi turistici legati all’evento. In definitiva, “si creerebbe per la città un’occasione di maggiore ritorno economico”.