Rassegna stampa

Live Earth, tra eco-kermesse e fiera globale dei decibel

di Pier Andrea Canei

Gore mi fa sol? "Live Earth", il solare solfeggio edo/ecologista eseguito ieri, in nove città del mondo, da oltre centocinquanta artisti pop/rock/hip hop/autogrill, dai Genesis in poi e da Madonna in giù, avrà spostato qualcosa? L’effetto domino logistico e mediatico sarà esprimibile in milioni di tonnellate di Tir, centinaia di migliaia di spettatori in auto, migliaia di tecnici e artisti e centinaia di punti e virgole di share negli auditel di questo mondo. Ma l’esortazione a salvare il pianeta, affidata (con scelta autolesionista assai) a un Sos graficamente imbottigliato nel defunto codice Morse, sarà da ieri più profondamente impressa nelle coscienze della gioventù digitata, o è stato solo un immenso e chiassoso predicozzo ai convertiti? E soprattutto: gli ancheggiamenti di Shakira contribuiscono al surriscaldamento globale?

La comodissima verità è che è estate, so’ ragazzi, e il verde tira come neanche la patata dei tempi migliori. La cabala da 7/7/07, la varietà di location stile film di 007, la presenza di idoli rock, politici pop e sponsor dal cash facile sono del tutto simili, per dire, alle dinamiche del passato Live 8, andato in scena lo scorso anno a cura della ditta Bono & Geldof, specializzata in traslochi rock e sgomberi di debito intercontinentale. In quell’occasione i Pink Floyd si riunirono per eseguire la fantastica "Comfortably Numb". Cioè, "gradevolmente storditi": proprio come ci si può sentire dopo aver passato un torrido 7 luglio allo stadio, ascoltando i Red Hot Chili Peppers e i Black Eyed Peas.

Ma che fine hanno fatto i cantanti on message, impegnati e sensibili ai temi della natura? Chapeau al nostro Ligabue che a Live Earth ha garantito, per così dire, un appoggio esterno, diffondendo via internet la sua versione di "Eppure soffia", bella canzone protoecologista di Pierangelo Bertoli. Ma a Live Earth s’è visto di tutto, dalle cinesine rondò veneziane 12 Girls Band con i loro involtini vivaldiani rifatti all’arpa birmana, al rap losangelino di Snoop Dogg, uno il cui impegno per un mondo più biodegradabile forse consisterà nel farsi un’ecocanna a colazione. Ottimi tamburi, ma troppi artisti di troppi generi, e quasi tutti anglosassoni, destinazione YouTube.

Ma che fine ha fatto la musica unplugged, quella tutta acustica, a spine staccate, a impatto zero?

Sotto alle sue tempeste d’acciaio, decibel e megawatt, il solfeggio algoriano del sette sette ha covato anche sette punti di programmino, cui gli spettatori del mondo erano (sono, saranno) chiamati ad aderire per contribuire alla salvezza del pianeta. I bullet-points più classici dello slide show neoecologista: quelli che dicono che ognuno di noi "nel suo piccolo" può fare cose, spegnere luci, riciclare pedalini, e così via. Per arrivare al settimo punto, che suona così: «comprare da aziende, e votare leader, che condividano il mio impegno teso a risolvere la crisi climatica e a costuire un mondo sostenibile, giusto e prosperoso». Vabbè: tanto rumore per dire che, per qualsiasi cosa si candidi, bisognerà votare Al Gore; e magari mangiare hamburger a volontà, adesso che Mcdonald’s alimenta i suoi tir con l’olio di frittura riciclato. L’ecologia è una cosa troppo importante per lasciarla ai capelloni tutti sandali, juta e falafel: al più tardi dal sette sette zerosette è diventata mainstream come le patatine fritte.

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