
Librolandia va in cassaforte
La spesa in cultura è a fondo perduto e non produce effetti misurabili? Il Salone internazionale del libro di Torino – così tornerà a chiamarsi dal maggio 2010 la manifestazione, nata con questo nome nel 1988 ma che per qualche anno si è proposta come «Fiera» – controbatte a suon di cifre: l’edizione 2009 ha registrato 300mila presenze, di cui il 10% di visite scolastiche, con un 37% di pubblico proveniente da fuori Piemonte e un 2% dall’estero.
Il primo segno tangibile lasciato da questi visitatori (età media 43 anni e titolo di studio medio-alto)a «Librolandia» è stato al botteghino: per entrare hanno pagato 650mila euro in biglietti. Alla fiera hanno visionato gli stand, sfogliato volumi, applaudito i loro scrittori preferiti, ma soprattutto hanno acquistato libri e prodotti editoriali per oltre 14,3 milioni e consumato nei ristoranti fuori e dentro il Salone per 5,4 milioni. Chi veniva da fuori zona ha speso 4,1 milioni in alberghi e bed&breakfast (266 euro a testa in media per tutto il soggiorno), anche se la tendenza con la crisi è massimizzare l’esborso per gli acquisti di libri, facendosi ospitare da amici e parenti. Per raggiungere la Fiera al centro Lingotto fiere il pubblico ha sborsato 1,5 milioni in taxi e mezzi pubblici per i trasferimenti.
Sparare contro mostre, rassegne e festival in quanto lusso da sacrificare con i chiari di luna attuali, si sa, è di moda. Ecco che allora la Fondazione per il libro, che promuove il Salone, risponde dati alla mano. Una ricerca – «La dimensione economica del Salone internazionale del libro», curata dalla Fondazione Fitzcarraldo e illustrata ieri durante la presentazione del Salone 2010 – fornisce le cifre sugli effetti indiretti e diretti dell’edizione 2009: dal rapporto fra l’investimento pubblico e il ritorno economico generato dall’organizzazione dell’evento, alle ricadute sui settori produttivi e sulla filiera editoriale dell’area metropolitana di Torino, fino a quelle sul sistema alberghiero. Senza dimenticare il valore aggiunto culturale in termini di promozione della lettura, anche fra i ragazzi, i bambini e le scolaresche, che al Salone spendono, tra l’altro, 12,5 euro per studente fra libri e ristorazione. Quella che nell’indagine è definita come «la più grande libreria d’Italia» è anche una sorta di festival con centinaia di ospiti e incontri, oltre che una «vetrina professionale e commerciale per i 1.400 espositori e gli operatori presenti».
«Prevale il pubblico femminile, che è il 55% – spiegano i ricercatori –. I 50mila “turisti del libro” arrivano soprattutto da Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna e Lazio, e pernottano in zona». L’impatto economico complessivo sul territorio messo in moto dal Salone (escluse le spese del pubblico locale e quelle di organizzatori e fornitori uscite dal territorio) ammonta a 52,4 milioni: 20,2 per effetti diretti (13,3 milioni di spesa del pubblico, 2,5 di spesa degli espositori e 4,4 di costi dell’organizzazione di cui 350mila in comunicazione) e 32,2 per effetti indiretti e indotti delle cosiddette reazioni a catena».
Il presidente della Fondazione per il libro Rolando Picchioni mette l’accento su alcuni risultati della ricerca: «L’abbiamo promossa – precisa – anche per dimostrare a chi sostiene che la cultura è solo evasione, che non è così. Anzi, nel caso del Salone, la cultura è un moltiplicatore di risorse economiche». Cinque giorni di evento hanno dato lavoro a 384 persone.
Il finanziamento pubblico e istituzionale della Fiera, che ha un bilancio di 4 milioni circa, ammonta a 1,6 milioni, provenienti da Regione, Provincia e Città di Torino, Fondazioni bancarie e Camera di commercio: «Fondi confermati anche per il 2010, seppur con tempi di pagamento più lunghi», assicura Picchioni. La ritrovata “ragione sociale” di «Salone» del libro ha poi come scopo anche agevolare fiscalmente il sostegno dei privati: «Non chiamandoci più Fiera – fa sapere il presidente – potremo accedere, con i vantaggi che ne conseguono, a un albo ministeriale delle istituzioni di ricerca, quale noi peraltro siamo». Per ogni euro di spesa degli enti finanziatori – secondo il calcolo dei ricercatori, che hanno somministrato questionari a campione e analizzato i bilanci – si generano 12,5 euro di spesa diretta, ovvero 33,33 in termini di effetti complessivi.
Dalle fredde cifre dell’edizione 2009 ai caldi colori dell’India, il paese ospite del Salone 2010: una scelta, spiega ancora il presidente, «che si lega anche alla presenza delle nostre industrie su quei mercati e al forte interesse che l’editoria indiana ha sempre dimostrato nei nostri confronti».
Laura Carcano
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