Rassegna stampa

L´Europa ora fa shopping e guarda alle fiere dell´Est

Alla fiera dell´Est non si comprano più solo i topolini, come diceva una canzone di Angelo Branduardi. Oggi nei centri fieristici dell´Estremo Oriente si compra di tutto e a fare gli affari migliori sono soprattutto le aziende fieristiche. In un settore che sta lentamente emergendo dalla crisi iniziata nel 2001, il boom economico cinese, indiano e delle cosiddette Tigri asiatiche si presenta come l´occasione ideale per tornare a crescere. Ad attirare l´attenzione dei grandi operatori europei, cioè di quelli tedeschi, italiani, francesi e spagnoli, sono però anche mercati più vicini ma altrettanto interessanti. Stiamo parlando di Russia e dei Paesi “convergenti”, ovvero di quelli che a partire dal 1 maggio scorso sono entrati a far parte dell´Unione Europea e di quelli che vi entreranno nei prossimi quattro anni. Un´occasione di crescita che gli operatori del settore non sembrano davvero intenzionati a perdere tanto da aver già messo in atto iniziative che presto dovrebbero dare i primi, interessanti risultati. Quattro fiere tedesche hanno così formato un consorzio per sbarcare a Shanghai, mentre operatori di casa nostra come la Fiera di Rimini stanno guardando ai paesi del vicino Est come Polonia, Russia ma anche alla ben più distante India, un mercato definiti in fortissima espansione. «Il business delle fiere in Asia ha tassi di crescita a due cifre – spiega infatti Lorenzo Cagnoni, presidente della Fiera di Rimini – ed è fuor di discussione che un´occasione così non bisogna farsela scappare. I tedeschi sono partiti per primi e per ora restano in netto vantaggio ma gli operatori italiani, seppur con un certo colpevole ritardo, si stanno muovendo. Ma c´è tempo per recuperare con azioni serie e concentrate su questi mercati in così grande espansione». C´è spazio per tutti, insomma, anche se non è proprio il caso di perdere altro tempo a vantaggio di competitori agguerriti e già da tempo posizionati in quelle aree. Trovare spazi di crescita all´estero sta diventando un imperativo soprattutto per gli operatori italiani minori. L´ormai imminente inaugurazione del nuovo polo fieristico di Rho-Pero a Milano e dei nuovi spazi espositivi della Fiera di Roma, aumenteranno ulteriormente l´offerta in Italia, rendendo così la vita ancora più difficile ai piccoli, che stanno prendendo in considerazione anche operazioni di fusione, come hanno di recente dimostrato le realtà venete. Non bisogna poi dimenticare che la recente liberalizzazione del mercato fieristico ha sì favorito la crescita ma ha anche fatto aumentare la competitività, mettendo in difficoltà chi non si era adeguatamente preparate. «L´ampliamento della Fiera di Milano – continua Cagnoni – viene certamente vissuto con preoccupazione da tutti i concorrenti, ma credo che in questa vicenda ci possano essere anche degli aspetti positivi. La Fiera di Milano infatti si rafforzerà ulteriormente sullo scenario internazionale e per le realtà italiane più piccole potrebbe diventare un ottimo alleato quando si va all´estero». Già secondo centro fieristico al mondo con 348 mila mq di superficie espositiva indoor, la Fiera di Milano raggiungerà presto i 470 mila mq, arrivando così a un soffio dai 495 mila mq della Fiera di Hannover, l´indiscusso leader mondiale. Il centro fieristico di Francoforte continuerà a occupare la terza posizione con 328 mila mq e quello di Colonia il quarto con 286 mila mq (anche questa città ha però in cantiere progetti per ampliarsi). In Italia il secondo posto è invece occupato da Bologna (175 mila mq) e il terzo da Verona (125 mila mq). Rimini è quinta con 109 mila mq. Da un punto di vista operativo, il sistema fieristico tedesco è il più importante con più di 5 milioni di mq affittati all´anno in fiere internazionali, seguita dall´Italia (più di 3 milioni di mq), Francia (dove l´attività è concentrata quasi esclusivamente nei poli parigini) e Spagna con poco più di 2 milioni di mq. Negli ultimi cinque anni il sistema fieristico tedesco è quello che ha sofferto la crisi maggiore, vedendo diminuire la propria attività per due anni di fila, mentre quello spagnolo è quello che è riuscito a far segnare i tassi di crescita più alti. L´Italia invece si è distinta per la sua stabilità, una caratteristica che le viene da un sistema economico costituito prevalentemente da piccole e medie imprese. Queste ultime, infatti, facendo un´enorme affidamento sullo strumento fieristico per presentare i propri prodotti, per trovare nuovi clienti e per confrontarsi con la concorrenza, non cancellano la propria partecipazione alle fiere neanche nei periodi di congiuntura meno favorevole. In queste classifiche balza all´occhio l´assenza degli Stati Uniti. La più importante economia mondiale ha, infatti, un sistema fieristico strutturalmente differente da quello europeo. Le sue fiere sono molto più piccole di quelle del Vecchio Continente (si pensi che addirittura tre delle quattro fiere più grosse al mondo si svolgono ad Hannover) ma molto più frequenti e specializzate. Una scelta che riflette, senza dubbio esigenze interne particolari. Il mercato Usa, inoltre, è caratterizzato da una forte prevalenza di attività congressuali rispetto a quelle fieristiche tradizionali, anche se negli ultimi anni si sono sviluppati quartieri di rilevanti dimensioni quali quelli di Las Vegas e Chicago dove, in alcuni casi, i congressi si affiancano alle esposizioni. Gli organizzatori americani, infine, hanno la quasi titolarità del loro territorio nazionale, ma non hanno mai tentato di espandere la propria attività all´estero. E anche questo resta un vantaggio tutto da sfruttare.

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