Rassegna stampa

Le terme recuperano redditività

L’Emilia-Romagna si conferma nel 2010 terra termale. Con i suoi 98 milioni per le sole cure alle terme (+1,5% dal 2009) conta quasi un terzo del volume italiano d’affari del settore (330 milioni il dato nazionale 2010 secondo Coter, Consorzio del circuito termale dell’Emilia-Romagna, cifra che sale a 830 milioni, dato 2009, secondo l’associazione confindustriale Federterme che considera anche benessere e ricettività interna). Anche per questo la Fiera di Rimini ospiterà da domani al 15 maggio, in contemporanea con RiminiWellness, la prima edizione di Thermalia, salone del turismo termale organizzato in collaborazione con Federterme.
«Vantiamo la tradizione di vecchi stabilimenti, molto cresciuti negli ultimi 15 anni in un’offerta non più solo termale classica, ma anche di benessere. Cui si aggiungono nuove strutture, come le Terme di via Irnerio a Bologna», così spiega l’eccellenza regionale il presidente Federterme Emilia-Romagna, Achille Borrini, amministratore unico delle Terme di Monticelli (12 milioni di ricavi 2010 e 24mila clienti). Presidente delle Terme San Petronio, inaugurate lo scorso anno grazie a una tubatura di 6 km che attraversa il centro storico e le congiunge alle Terme felsinee, è Antonio Monti, che come Mare termale bolognese ha il controllo anche del Villaggio della Salute Più a Castel San Pietro, mille ettari di terra e 24 piscine nell’acquapark, con 160mila visitatori nel 2010. «Abbiamo ripreso in città la tradizione delle terme romane dell’Imperatore Augusto – aggiunge – e dai primi anni 90 a oggi, abbiamo investito nel settore oltre 40 milioni di euro».
Una panoramica di quello che in regione significa industria delle terme, la fornisce, dati 2010 alla mano, il presidente del Coter, Lino Gilioli. Nei 23 centri termali regionali (su 378 strutture in Italia), la clientela è stabile rispetto al 2009 (-0,5%) con 345mila fruitori (su 1 milione totali), di cui 117mila dall’area parmense; 88mila dalla zona balneare, con Rimini in rialzo; e 70mila, rispettivamente da Forlivese e fascia centrale. Risultano in calo gli arrivi dal Servizio sanitario nazionale (-1,5%). Mentre crescono sia le attività di riabilitazione (+10%) che del benessere (+3,5%).
«Le cure termali rimangano il core business – afferma Gilioli – ma da un po’ di anni il concetto di terme s’è allargato al benessere, comprendendo la cura del sé e il recupero funzionale, grazie a una più vasta offerta sia come Spa che come centro fisioterapico». Quanto appunto alla consueta fotografia di un segmento pressoché esclusivamente fruito da anziani e sostanzialmente assistito dal Ssn, il presidente del Coter vuole sfatare alcune dicerie: «Un 50% dei clienti è al di sotto dei 60 anni, di questi un 12% bambini con meno di 12 anni. Inoltre, solo un terzo del fatturato termale regionale proviene dal Ssn. Il settore produce ricchezza a sé».
Una ricchezza capace di generarne anche nell’indotto, stando all’analisi del vicepresidente nazionale Federterme Aldo Ferruzzi, direttore delle Terme di Cervia e di Brisighella (6,5 milioni di fatturato 2010 e 33mila visitatori). «Ogni euro speso direttamente nelle terme genera un moltiplicatore di non meno di 8-10 euro. Qui oltre l’80% dei clienti sono quelli che chiamiamo “curisti”, ossia curandi-turisti stanziali che si fermano in albergo per almeno 12 giorni. Solo a Cervia il turismo termale, del tutto destagionalizzato, conta 350mila presenze e un indotto di almeno 15 milioni di euro. Questo è un settore anticiclico, in tenuta anche mentre altri registrano perdite a due zeri, dove permane l’ossatura del termalismo classico, ma cresce la domanda di benessere».
Direttore delle Terme di Puntamarina (35mila presenze nel 2010) anche Andrea Accardi parla di un settore autorinnovato e cita la sua iniziativa di un pacchetto con ingresso omaggio alle mostre cittadine per i turisti di fuori regione. «È necessaria una maggiore integrazione con gli assessorati, non solo alla sanità – propone – ma al turismo. Vanno creati più eventi come Miss Italia a Salsomaggiore».
E proprio sulla spinosa questione della privatizzazione delle Terme di Salsomaggiore e Tabiano, avviata il 28 settembre scorso e che registra la contrarietà di chi teme la cessione in toto al privato dell’estrazione delle acque, la direzione non parla. «Quello di Castrocaro è un esempio felice – commenta Ferruzzi – ma le privatizzazioni sono state a lungo rimandate, non solo per ritardi della politica. Nel caso in questione, l’iniziativa è in stand-by poiché servono investimenti colossali e complessi». E Borrini, accennando alla proprietà che al momento resta nelle mani di Regione, Comune e Provincia, rivela: «Si è orientati alla riapertura dei termini del bando, in virtù della dichiarazione d’interesse di un importante operatore arabo».
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