Rassegna stampa

«Le tariffe? Sono quelle di tre anni fa»

Nicola Dante Basile
MILANO
Sarà la voglia comune di uscire quanto prima da un clima congiunturale che dire pesante è poco. Ma è un fatto che il Macef “primavera”, il Salone internazionale della casa inaugurato ieri a Milano (chiuderà lunedì 19), ha visto un’affluenza di visitatori che ha sorpreso gli stessi organizzatori. A metà giornata erano 22mila gli ingressi paganti, in linea con l’edizione 2008. E tanto è bastato per fare dimenticare la notizia dei 150 espositori che hanno preferito rinunciare.
Per l’ad di Fiera Milano international, Sandro Bicocchi, «il calo degli espositori è fisiologico in un momento di grave crisi. Piuttosto, bisogna chiedersi perché queste assenze siano solo italiane, visto che la presenza estera è invece cresciuta del 4%, arrivando a quota 550 espositori». Vale a dire più del 25% su un totale di 2.100 giunti a Milano da una ventina di Paesi. Ed è partendo da questa considerazione che Bicocchi prende spunto per rispondere a quanti dicono che le fiere stanno diventando sempre più costose.
«Premesso che le fiere sono eventi che aiutano a fare affari e le nostre tariffe sono le stesse di tre anni fa – dice l’ad di Fmi –, vorrei fosse chiaro che gli spazi espositivi in sé pesano solo per il 30% sul costo totale di partecipazione a una manifestazione. Il restante 70% sono spese che hanno a che fare con il marketing, la promozione, il soggiorno e quant’altro». Come dire che si tratta di spese che un’azienda che vuole stare sul mercato deve comunque mettere in conto. Altrimenti il suo destino è segnato. Abbiamo girato la domanda ai responsabili di altri enti fieristici e, tutto sommato, la risposta ha lo stesso significato.
Il presidente della Fiera di Rimini, Lorenzo Cagnoni, dice: «Non mi meraviglia e non è certo colpa delle tariffe espositive se a volte si verificano cali di presenze a una fiera. Fa parte del gioco della domanda e dell’offerta, il che significa che vi sono manifestazioni che possono crescere anche in momenti di difficoltà economica come l’attuale. Noi l’abbiamo verificato con le fiere del turismo TTG e TTI del 2008, quando il settore in Italia ha perso l’8% del business, mentre i nostri appuntamenti hanno chiuso con tutti i dati in sensibile miglioramento. Molto dipende dalla qualità del servizio che si offre».
E sull’importanza del servizio insiste il direttore di Verona Fiere, Giovanni Mantovani. Secondo il quale «servizio e promozione sono due leve fondamentali per il futuro delle imprese, soprattutto se Pmi. Le fiere sono momenti di forte polarizzazione e hanno senso se ciascun operatore trovi la sua ragione di essere. Questo ci dice che non dobbiamo dare solo specializzazione, che di per sé è strategico, ma è fondamentale anche offrire agli operatori ciò che essi chiedono. Non v’è dubbio che una grande impresa ha esigenze diverse dalle Pmi e Verona Fiere, per svolgere al meglio questo compito, ha istituito il manager della domanda, la cui preoccupazione è appunto quella di studiare le esigenze dell’operatore e dare risposte adeguate».
Quelle risposte che alla Fiera di Parma «non ci si ferma mai di cercare», commenta il neo direttore generale Domenico Lunghi, «consapevoli del fatto che il mercato si evolve e le fiere debbono sviluppare nuovi progetti in grado di accompagnare le aziende nella loro crescita. Il modo migliore per fare questo è organizzare eventi modellati sulle richieste delle imprese». Ottica che è all’origine di Fiera di Parma e di Federalimentare di lanciare quest’anno Cibus Pro. Si tratta, dice Lunghi, «di un evento che si affianca alla grande fiera ma che, rispetto a questa, ha un format di solo due giorni e costi contenuti.

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