
Le macchine tengono il passo
Mentre a luglio la produzione industriale italiana frenava del 3,7%, un gruppo di imprese del Centro-Nord, alla testa di un indotto di parecchie migliaia di Pmi, tirava un sospiro di sollievo. Stando agli ordinativi di metà anno infatti, per le 173 aziende del settore delle macchine per l’industria ceramica – concentrate per l’85% in Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche – il 2004 potrebbe chiudere con un fatturato equivalente a quello del 2003, ovvero circa 1.400 milioni.
Ad elaborare le previsioni è l’Acimac, l’Associazione dei costruttori delle macchine per ceramica, alla vigilia di Tecnargilla 2004, la maggiore fiera internazionale del settore, biennale, in programma a Rimini dall’1 al 5 ottobre. Un appuntamento clou per i produttori italiani, che nella città romagnola porteranno tutti i “gioielli” industrializzati negli ultimi 24 mesi, puntando a confermare la leadership che questo made in Italy dei beni strumentali, superspecializzato, detiene sui mercati internazionali.
Lo scorso anno si era chiuso, per il comparto, con un risultato deludente: un -3,4% sui 1.452 milioni di fatturato 2002, tutto da imputare al crollo del mercato interno, che rappresenta da solo una quota di circa il 30% del giro d’affari. In Italia, sulla scia delle difficoltà registrate dall’industria delle piastrelle, gli investimenti hanno mostrato la corda e il fatturato dei produttori di impianti è sceso nel giro di dodici mesi da 484 a 428 milioni (-11,5%). “Nei primi sei mesi di quest’anno – dicono ora all’Acimac – l’impressione è che il calo iniziato nel 2001 sia finito”. A Rimini si vedrà se il barometro del settore volgerà ulteriormente al bello, soprattutto in forza della ripresina che si registra in alcuni mercati esteri e nei principali settori clienti. A cominciare da quello dei produttori di piastrelle, che rappresenta l’82,5% del fatturato del comparto (e che sul mercato domestico nel 2003 ha registrato un calo dell’8%), seguito da quello dei produttori di laterizi (8,8%), sanitari (4,7%), stoviglieria (2,7%), refrattari e ceramica varia (rispettivamente, lo 0,9% e lo 0,6%). Quest’anno, la contrazione delle vendite sembra destinata a continuare sia in Italia che in Spagna, cioè i due mercati principali, mentre le esportazioni in Medio Oriente – Iran in testa – e in Russia potranno continuare a crescere, alimentando lo sviluppo della nascente industria delle piastrelle di queste aree.
A penalizzare il settore degli impiantisti italiani resta però una struttura delle imprese polverizzata, con molte aziende ancora troppo piccole per sostenere i costi crescenti della ricerca e per presidiare i mercati, e i cui margini subiscono continue limature. In più, se l’industria italiana delle piastrelle non tornerà a correre, anche molti produttori di beni strumentali andranno a rilento. Così “fare sistema” è anche qui la nuova parola d’ordine. In giugno l’Acimac ha lanciato un tris di proposte politiche ai vertici di Assopiastrelle e Ceramicolor, che insieme rappresentano l’intera filiera: la nascita di un Tavolo di coordinamento permanente per individuare azioni e proposte comuni per affrontare meglio le sfide competitive internazionali; un sistema di incentivi di filiera che favoriscano la ricerca e l’innovazione condivise; l’istituzione di un Osservatorio capace di assegnare un rating ai migliori mercati esteri per realizzare nuovi impianti. Come dire che, se la capacità produttiva e il mercato nazionale sono ormai saturi, non resta che potenziare insieme il bagaglio tecnologico che ha fatto la fortuna dell’industria ceramica nazionale e andare a crescere altrove: esportare forni, essiccatoi e atomizzatori, insieme all’eccellenza qualitativa e al design della ceramica made in Italy, per andare a produrre direttamente là dove il mercato, invece, è buono.