Rassegna stampa

Le fiere chiedono più coordinamento

Domenico Ravenna

GENOVA

Incalzate dalle imminenti ricadute della crisi finanziaria, le Fiere italiane chiedono al Governo una legge quadro per il riordino del settore. La richiesta, emersa ieri nel corso dell’assemblea Aefi, l’associazione che raccoglie quarantadue enti espositivi, sarà ufficializzata nel corso di un convegno in programma il 10 dicembre a Milano. Il trasferimento delle competenze alle Regioni ha contribuito a dar vita a una situazione di disomogeneità che va superata. «Occorre un ritorno del ruolo regolatore dell’autorità centrale dal momento che il diverso e, a volte, nullo intervento degli enti locali sulla materia ha determinato effetti di sperequazione operativa» spiega Raffaele Cercola, presidente Aefi e della Mostra d’Oltremare di Napoli.

Pronte a sollecitare a Roma una rinnovata funzione di coordinamento, le Fiere si accingono a gestire la fase incombente di crisi facendo di necessità virtù. Razionalizzazione dei calendari e della promozione all’estero sono i due temi cruciali che spingono i centri espositivi al riposizionamento strategico. «Il ruolo delle Regioni – sottolinea Cercola – ha prodotto un sovradimensionamento del numero degli eventi all’insegna di una logica parcellizzata e campanilistica. Un’analoga esigenza di razionalizzazione si pone sotto il profilo dell’internazionalizzazione, un versante sul quale occorre eliminare gli sprechi, che ci sono, e focalizzare gli interventi». Del resto, come osserva Giovanni Mantovani, direttore generale di Fiera Verona, le ripercussioni della crisi finanziaria metteranno a nudo l’attuale eccesso di offerta espositiva rispetto alla domanda. «Assisteremo – spiega – a un indubbio effetto selettivo e posso dire che, già oggi, registriamo qualche rinuncia da parte delle aziende verso alcune rassegne. Il tunnel che abbiamo dinnanzi, e del quale ignoriamo ancora quanto sarà lungo, può favorire un più efficace intervento pubblico in termini, ad esempio, di razionalizzazione della spesa per la promozione e archiviare, nel contempo, la stagione delle risorse distribuite a pioggia».

Sfruttare la crisi per trasformare il sistema fieristico in uno strumento di politica industriale. È la ricetta suggerita da Claudio Artusi, amministratore delegato di Fiera Milano. «Dobbiamo – dice – tornare a mettere al centro del nostro interesse il cliente, cioè l’impresa. Specie quella di taglia medio-piccola, la più vulnerabile ai colpi inferti dalla congiuntura avversa. Mai come nel prossimo futuro – aggiunge – le aziende si porranno il problema di partecipare a una fiera in un’ottica giocata essenzialmente sul ritorno economico dell’iniziativa. E la nostra offerta deve essere in grado di allargare le opportunità dei contenuti dell’evento, favorire le occasioni di business e aumentare le possibilità dell’azienda di relazionarsi con la realtà esterna».

Roberto Urbani, amministratore delegato di Fiera Genova, non vuole fasciarsi la testa prima del tempo, ma osserva: «Vedo all’orizzonte una stagione molto dura. Sarà già un successo far passare la buriana senza aver perso le nostre nicchie di eccellenza».

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