
«Non c’è crisi per chi innova»
di Ilaria Vesentini
«Non è in crisi l’economia marchigiana o il modello distrettuale. È in difficoltà l’impresa che non sa interpretare i segnali di mercato e cambiare, innovare, coltivando due fattori imprescindibili dall’attività imprenditoriale: lo spirito di squadra e il senso di responsabilità verso società e territorio». Federico Vitali, 55 anni, da due presidente dei 3.700 associati a Confindustria Marche, punta il dito non tanto e non solo sui ritardi infrastrutturali e le ragnatele burocratiche e politiche del sistema, quanto sulla necessità di recuperare entusiasmo, meritocrazia, spirito di sacrificio, quello che ama definire un «riorientamento culturale».
Il calo di produttività ed export delle imprese marchigiane è segnale di una crisi del modello distrettuale marchigiano?
Assolutamente no, è sintomatico di un cambiamento in atto. Stanno diminuendo le quantità, perché si sta crescendo in qualità, anche se ciò comporta una perdita di quote di mercato. Il cambio euro dollaro e la forte pressione sui prezzi, e dunque sui margini, di certo non hanno aiutato il nostro sistema industriale, che vedo però molto reattivo e orientato al futuro. Ma dobbiamo giocare di più non solo in squadra, ma anche per la squadra. Intendo dire con una miglior gestione delle risorse del Paese e maggiore flessibilità a tutti i livelli, aziendali, sindacali, amministrativi.
Da questo punto di vista come giudica i rapporti con il Governo regionale?
Ci sono persone molto capaci e attente alle esigenze delle imprese e altre troppo lontane. Certo è che finora è mancata la giusta attenzione all’impresa, quella agricola e manifatturiera, in quanto produttrice di ricchezza da redistribuire sul territorio.
Si riferisce al gap energetico?
Anche. Le Marche sono deficitarie per oltre il 50% ed è un’utopia pensare che solo con solare ed eolico si possa arrivare al pareggio. Con l’atteggiamento del nimby (not in my back yard) aprioristicamente contrario a qualsiasi opera pubblica non c’è progresso. Bisogna invece verificare che siano rispettati ambiente e uomo e agire di conseguenza.
È aperto anche all’ipotesi del nucleare?
Il nucleare non è una risposta per domattina, ma credo non si possa immaginare un futuro senza. Lo dice un industriale che sta investendo sulle fuel cell e batterie ad alto risparmio energetico.
La Regione è impantanata anche sul tema fiere…
Tema che infatti è al centro della nostra agenda confindustriale, tanto che abbiamo da poco avviato uno studio per capire come indirizzare l’attività fieristica regionale. Questa competizione tra Ancona e Pesaro non qualifica né valorizza le nostre aziende.
Le Marche sono terra di grande coesione sociale. Sono buone pure le relazioni industriali?
Stiamo discutendo ai vari livelli coi sindacati, affinché si impegnino in un profondo progetto di rinnovamento. Se la mia impresa portasse sul mercato un prodotto di cinque anni fa sarebbe fatta fuori. Il sindacato porta invece ancora oggi sul tavolo istanze di trent’anni addietro. Siamo per gli accordi integrativi aziendali, non territoriali. Ma senza flessibilità agganciata a produttività e qualità non c’è futuro né per l’impresa, né per il lavoratore, né per il sindacato. Ci vuole maggior senso del dovere e di responsabilità da parte di tutti, dai banchi di scuola alle strategie politiche.
Che cosa chiede al Governo?
Le nostre Pmi arrivano a pagare il 70% degli utili allo Stato: così non si può investire e crescere. Servono più premialità, meno tasse e meno burocrazia o "complicrazia" come mi piace definirla. E, soprattutto, infrastrutture. Si calcola che nelle Marche un’impresa parta con un differenziale di costo del 4% in più rispetto alla concorrenza solo per i gap nei collegamenti. Anche se intravedo una svolta tra Quadrilatero, lavori per la terza corsia sull’A14 e rilancio dell’aeroporto.
Incide il fatto di avere scarso peso politico a Roma?
Temo di sì, anche se il premier, nella nostra ultima assise, ci ha assicurato per settembre un sottosegretario marchigiano. Noi imprenditori siamo i primi responsabili della deriva politica del Paese, noi che non deleghiamo nulla in azienda ma abbiamo delegato in toto la gestione della cosa pubblica, disinteressandocene. Anche qui Montezemolo ha dato peraltro una fondamentale scossa.
Quale bilancio traccia del suo mandato confindustriale?
Sono fiero soprattutto del clima di collaborazione che si è creato attorno a noi, con università, scuola, istituzioni, banche. Penso anche al protocollo di pochi mesi fa con l’Inail per la sicurezza sui luoghi di lavoro o al recente accordo di cooperazione con l’agenzia delle Entrate. Mi dispiace, invece, che tardi a decollare il progetto di riorganizzazione del sistema confindustriale marchigiano, per avere una forte presenza politica sul territorio ma un accentramento regionale delle funzioni tecniche.
LA CARRIERA
Le origini
Nato a Monterubbiano (Ap) il 6 giugno 1953 da una famiglia di imprenditori agricoli, Federico Vitali matura fin da giovane la passione per i motori. A 19 anni inizia con un amico il commercio di batterie per auto, nel ’74 passa all’assemblaggio dando vita all’impresa individuale Faam (Fabbrica artigiana accumulatori Monterubbiano) che nel ’78 trasforma in Sas e nell’82 in Spa. Sposato, tre figli, all’entusiasmo imprenditoriale ha coniugato l’impegno politico: prima di essere eletto nel 2006 alla guida di Confindustria Marche ha presieduto la Territoriale di Fermo. Consigliere, assessore allo Sviluppo economico e poi presidente della Provincia di Ascoli Piceno.
GLI INDICATORI
+0,1%
Il trend della produzione
Al palo l’attività industriale nel primo trimestre 2008 e per la prima volta cala più l’export (-1,8% su base annua) rispetto alle vendite interne (-0,5) del sistema Confindustria
-18,4%
Il crollo dell’export
Le Marche mettono a segno, (fonte Istat) nei primi tre mesi 2008 la peggior performance nazionale oltreconfine
4,6%
Il tasso di disoccupazione
Tra gennaio e marzo scorso è salito l’indice di attività (dal 66,9% del primo trimestre 2007 al 68,2%) ed è sceso di un punto il tasso di disoccupati