
«La Ue aiuti i calzaturieri»
MILANO – I dati 2005 parlano chiaro: lo stato di crisi del settore calzaturiero «è in continuo peggioramento». Parola di Rossano Soldini, presidente dell’Anci, l’associazione che rappresenta le oltre 12mila aziende del settore, che danno lavoro a 120mila persone.
«Lo scorso anno – ha spiegato Soldini alla presentazione del Micam, la fiera delle calzature che si apre oggi a Milano, la più importante al mondo – abbiamo esportato più di 231 milioni di paia di scarpe, l’11,53% in meno rispetto al 2004. In valore la riduzione è più contenuta, dell’1,71%, ma il trend è evidente e non si invertirà se non si prenderanno misure adeguate». Quello di Soldini è un "pessimismo della ragione": il presidente Anci è anche un imprenditore e sperimenta ogni giorno le difficoltà dei calzaturieri. «Nel 2005 hanno chiuso 564 aziende e oltre 6mila persone hanno perso il lavoro. Di questo passo – ha detto Soldini – il settore scenderà presto sotto i 100mila addetti. È una incredibile miopia di chi ci governa non capire quanto sia preziosa questa attività manifatturiera: si pensi solo che nei primi 11 mesi del 2005 la bilancia commerciale del nostro settore, nonostante la crisi, ha avuto un attivo di oltre 3 miliardi di euro, a fronte di una bilancia nazionale che ha chiuso in passivo per oltre 11 miliardi». La miopia di cui parla Soldini è legata alla questione dell’invasione di scarpe cinesi e alla mancanza di adeguate misure per contrastare la «concorrenza sleale» dei Paesi asiatici.
Oggi il Comitato antidumping affronterà a Bruxelles la proposta del commissario Ue al commercio, Peter Mandelson, di imporre dazi sull’import di scarpe da Cina e Vietnam. Ma Soldini è doppiamente pessimista: «Non è detto che la richiesta di Mandelson venga accettata. E questo è paradossale, perché i dazi da lui proposti (19,4% sui prodotti cinesi e 16,8% su quelli vietnamiti, da introdurre gradualmente nell’arco di sei mesi, ndr) sono comunque insufficienti».
L’altro fronte su cui l’Anci ha combattuto è quello dell’etichettatura d’origine obbligatoria: il viceministro Adolfo Urso ha presentato una proposta in tal senso in sede Ue, di cui martedì si è discusso anche al Parlamento europeo. «Ma i Paesi del nord Europa sono quasi tutti contrari – spiega Soldini – perché il manifatturiero è importante solo per le economie di Paesi come Italia, Francia, Spagna e Portogallo. Se la proposta Urso, malauguratamente, dovesse essere respinta, abbiamo pensato a un’altra possibilità, che abbiamo già illustrato ai ministri competenti e che torneremo a caldeggiare, se necessario. L’articolo 517 del nostro codice penale punisce chi applica la scritta "made in Italy" a prodotti che sono, anche solo in parte, fabbricati all’estero. Se la Ue dovesse negarci il "made in" obbligatorio, almeno per i prodotti italiani potremmo seguire quest’altra strada». Oggi Urso inaugurerà il Micam insieme al vicepremier Gianfranco Fini: Soldini sarà in prima fila, ascolterà e poi, dice, deciderà le prossime mosse. «Sono pessimista, ma non mi arrendo».
GIULIA CRIVELLI