
«La competitività in quattro mosse»
di Andrea Curiat
«Per molti anni il sistema fieristico italiano è stato "ingessato": i gestori dei quartieri, i fornitori di servizi e gli organizzatori di manifestazioni non hanno modificato per lungo tempo il proprio mix di offerta né hanno inserito forti dosi di managerialità e innovazione nelle proprie politiche di gestione». Così Raffaele Cercola, 59 anni, presidente della Associazione esposizioni e fiere italiane (Aefi), delinea lo scenario italiano del settore, evidenziandone problemi e possibilità di sviluppo.
Presidente, quali sono le criticità della filiera fieristica italiana?
Buona parte dei problemi attuali deriva dal fatto che il nostro sistema fieristico si è affacciato al nuovo millennio con l’esperienza e i risultati ottenuti nei decenni precedenti, senza però considerare i cambiamenti di business che si andavano a delineare o che erano in atto. I gestori dei quartieri fieristici hanno riqualificato gli spazi o costruito nuovi centri espositivi in ritardo; gli organizzatori di fiere hanno operato senza grandi stimoli e con basso tasso di innovazione; le istituzioni hanno mostrato grande miopia e disinteresse per il comparto.
Da questo punto di vista, è cambiato qualcosa dopo la riforma del 2001?
Il federalismo fieristico ha causato la duplicazione e frammentazione delle fiere, nonché l’innalzamento del valore nominale delle manifestazioni senza un adeguato ampliamento del loro valore reale di mercato. Un fenomeno direttamente collegato e a sua volta fonte di una sistematica alterazione dei dati fieristici, quali il numero di visitatori e di espositori, la superficie utilizzata e venduta, il grado di internazionalità e così via. Bisogna poi ricordare il crescente e diffuso indebitamento di molti operatori del settore, contrapposto a pochi casi di operatori che hanno saputo alienare marchi e strutture con significativi guadagni. Se da un lato il sistema fieristico ha iniziato a vivere elementi di concorrenza e competizione, dall’altro non si è pervenuti a un vero e proprio "mercato fieristico" perché permangono ancora aree d’ombra legate alle più svariate forme di intervento pubblico.
Quali soluzioni proporrebbe per sostenere lo sviluppo del settore?
Innanzitutto, lo Stato dovrebbe assicurare un intervento-quadro che indichi gli indirizzi generali del sistema, ne assicuri un primo coordinamento a livello centrale e disciplini e tuteli la concorrenza. È poi auspicabile che le Regioni impongano la certificazione dei dati a tutti gli operatori del sistema fieristico che vogliano godere, a qualsiasi titolo, di contributi e provvidenze pubbliche. Quanto allo sviluppo della filiera, gli sforzi collettivi devono essere concentrati su quattro assi strategici: l’internazionalizzazione; l’innovazione di processo e di prodotto (in particolare con formule evolute non più basate sulla mera presentazione verticale di merceologie classiche); il miglioramento dei servizi al cliente (espositore, visitatore, partner); la formazione delle risorse umane.
Quanto alla concertazione delle risorse?
Per dare autorevolezza al sistema, sarebbe necessario pervenire a un unico soggetto che rappresenti gli operatori e i settori, in una logica di reti di imprese. Il primo passo potrebbe essere rappresentato dall’elaborazione di una strategia comune sulle questioni di fondo da parte di tutti gli attori del sistema. Il passo successivo dovrebbe vedere la creazione della federazione delle varie associazioni che, a oggi, operano nel comparto fieristico. Aefi,Cfi, Cft, Asal sono troppi soggetti per rappresentare gli stessi interessi e non, come fatto fino ad ora, interessi contrapposti.