Rassegna stampa

«Il terziario sostenga la ripresa»

Cesare Peruzzi
FIRENZE
«Innovare non basta più, oggi è indispensabile velocizzare l’innovazione». Pierfrancesco Pacini mette il dito nella piaga, in questo caso toscana: cioè la scarsa capacità di sostenere la ripresa (in atto) con la forza della creatività e della cosiddetta economia immateriale.
Pacini, 65 anni, presidente dell’Unione industriale e della Camera di commercio di Pisa, oltre che di Unioncamere regionale e dell’Opera del Duomo pisana, imprenditore del settore editoria e stampa, alla guida di un gruppo con 100 dipendenti e 15 milioni di fatturato, rafforza il concetto: «Anticipare i tempi dell’innovazione è l’unico modo per restare competitivi e non rischiare di essere copiati», spiega.



Più facile a dirsi…


Come Camera di commercio di Pisa ci siamo anche mossi in modo concreto: nel 2004 abbiamo istituito un fondo rotativo, che da settembre scorso è diventato operativo a livello di sistema regionale, con l’obiettivo di aiutare start up di imprese innovative. Si tratta di piccoli finanziamenti, 100 o 200mila euro, che normalmente una banca valuta con maggior difficoltà in chiave di scommessa sul progetto. Ma è uno strumento che funziona. Poi abbiamo anche istituito un premio per l’innovazione, che consiste in denaro ma soprattutto in assistenza alla promozione delle imprese. All’interno della Camera di commercio abbiamo perfino creato il club delle aziende innovative.


Intanto l’economia toscana cresce grazie ai settori tradizionali: è un fattore di debolezza?



L’ultima indagine dell’Irpet e le rilevazioni di Unioncamere dicono che la ripresa è in atto soprattutto per merito del manifatturiero. Da una parte è un segnale confortante, perché significa che grazie alle ristrutturazioni e agli investimenti le imprese sono ripartite anche nei comparti tradizionali, dalla meccanica alla moda. Ma dall’altro lato c’è preoccupazione per le attività del terziario, per i servizi che non riescono a diventare la locomotiva dell’economia, come invece dovrebbe essere.



Qual è la causa?



Ce ne sono diverse. Nelle attività alberghiere e di ristorazione occorre migliorare sul piano dei prezzi e dell’accoglienza. In altre parole, chi opera in questo campo deve diventare più competitivo, prendendo esempio da quello che hanno fatto per esempio in Romagna. Purtroppo c’è la tendenza a vivere di rendita e questo penalizza il territorio. Ma la parte pubblica ha le sue belle responsabilità: nel ponte del primo maggio a Firenze sono rimasti chiusi i principali musei, a cominciare dagli Uffizi, e l’accoglienza dei visitatori ne ha ricevuto un duro colpo. Ma sul fronte del turismo servirebbe anche più coraggio.



In che senso?



Penso alle opportunità che la Toscana non sfrutta in nicchie di mercato come la terza età o lo sport, che poi non sono più tanto delle nicchie ma veri e propri comparti, con giri d’affari molto interessanti, basta vedere ancora una volta cosa sta facendo in questo campo l’Emilia Romagna.



Il terziario però non si limita alle attività turistiche…




Infatti. Anche la Sanità offre spazi di crescita per servizi sempre più avanzati.



Penso alla riabilitazione, alla diagnostica, alla prevenzione. Purtroppo manca una rete regionale che, coordinando i tre poli ospedalieri e universitari di Firenze, Pisa e Siena, faccia decollare questa offerta di servizi.




E il commercio? Non le sembra in affanno?



Nel complesso, il settore ha ripreso a crescere. Ma il merito è della grande distribuzione: i piccoli negozi continuano a soffrire, e la cosa non è certo positiva. Il commercio al dettaglio ha una funzione importante, socialmente parlando, e credo debba essere sostenuto e rilanciato.



Non servirebbe più liberalizzazione del mercato?



Ci vuole giudizio: il commercio al dettaglio è già in difficoltà e allora dico che ci vuole giudizio.




Anche sul fronte delle aggregazioni bancarie invita alla prudenza?


Sono molto campanilista, e penso che avere voce in capitolo nel sistema del credito sia importante. Attenti dunque a perdere il controllo delle banche, anche se il fenomeno delle aggregazioni non è arginabile. Vanno fatte con saggezza.
Ed è importante che le Fondazioni conservino un peso nelle banche di riferimento. Poi quello che sta accadendo oggi a Firenze, con la Cassa di Risparmio, può accadere domani a Siena con il Monte dei Paschi.


Lei ha molti incarichi: come fa a gestire il tempo?



Sfrutto le sinergie che ci sono tra i diversi impegni. E per fortuna posso affidarmi a strutture molto efficienti.



A quale poltrona si sente più legato?



Essendo l’unica su base volontaria, a quella di presidente dell’Opera del Duomo di Pisa.



Indichi un esempio virtuoso della Toscana che funziona.



Ce ne sono più d’uno, ma voglio citare il caso di Pitti Immagine: una società che è cresciuta e si è fatta spazio a livello nazionale, nonostante le difficoltà in cui ha dovuto operare sul terreno delle infrastrutture e dei servizi collegati all’attività espositiva.


E un esempio negativo?



L’inefficienza del polo fieristico fiorentino. Una grande occasione perduta. Almeno per il momento.

LA CONGIUNTURA



+12%
L’export
L’andamento delle vendite all’estero della Toscana nel 2006. L’incremento è stato superiore a quanto fatto registrare dalle importazioni (+9%). In forte crescita, sul versante delle esportazioni, soprattutto la meccanica e i mezzi di trasporto. In evidenza anche la metallurgia per effetto dell’aumento dei prezzi.
+2,7%
La produzione industriale
Nel corso del 2006 la crescita annua fatta registrare dall’industria ha potuto contare su cinque trimestri consecutivi con il segno positivo, una vera inversione di tendenza dopo il periodo difficile 2001-2005.
+335
Il saldo delle imprese
Nel corso del 2006 in Toscana sono state iscritte 7.005 nuove imprese, a fronte di 6.670 cessazioni.
La crescita su base trimestrale è stata dello 0,1 per cento.
Il saldo positivo porta a 416.737 il totale delle imprese registrate alla fine dello scorso anno.

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