Rassegna stampa

«È rinascimento culturale»

PAGINA A CURA DI
Stefano Salis
Il culmine sono state le Olimpiadi. Ma i Giochi sono stati la punta di diamante di una città che si è risvegliata e che sta offrendo, soprattutto dal punto di vista culturale, una tale quantità (e qualità) di manifestazioni che ha pochi rivali in Europa. Della "riconversione" culturale di Torino, culla della più prestigiosa casa editrice italiana, che oggi sta ultimando il suo ruolo di capitale mondiale del libro (con Roma) parliamo con Ernesto Ferrero, 68 anni, saggista, già anima dell’Einaudi, scrittore (è di recente uscito il film di Paolo Virzì tratto dal suo "N", premio Strega) e oggi direttore editoriale della Fiera del Libro.


A cosa è dovuta questa "riconversione" culturale?


Il "rinascimento" torinese e piemontese è frutto non casuale di un lavoro organico e coordinato, che ha visto lavorare insieme le tre grandi istituzioni, Comune, Regione e Provincia, anche quando erano governate da schieramenti di segno opposto, e con il concorso determinante delle due grandi fondazioni bancarie, Compagnia di San Paolo e Crt. Mi permetto di metterci anche la Fondazione per il libro, presieduta da Rolando Picchioni, che gestisce la Fiera del libro e tante altre iniziative. Alla base c’è un buon tessuto connettivo: università, fondazioni, biblioteche, case editrici ed enti vari come la Gam, il Castello di Rivoli, la Fondazione Sandretto, per l’arte; il Teatro Stabile; il Regio, il Museo del cinema e il Torino film festival (poca scena e molto arrosto), i concerti del Lingotto e Settembre musica, le molteplici iniziative del Grinzane Cavour.


Torino riesce anche a coniugare e sfondare con un movimento come Slow food…


Già: è diventato oramai un fenomeno mondiale. Ma non dimentichiamo che con i 300mila visitatori dell’edizione 2006, la Fiera del libro è balzata al top delle fiere non soltanto europee e non soltanto librarie. In occasione delle Olimpiadi sono stati rimessi a nuovo monumenti importanti. La città è diventata bellissima. Nel 2007 l’evento massimo sarà l’apertura della reggia di Venaria con la grande mostra dedicata ai Savoia. A Parigi una cosa del genere se la sognano.


Se l’offerta è più che degna, la risposta del pubblico non si fa attendere. Numerosi i "tutto esaurito": persino per «Torino spiritualità»…


La risposta è all’altezza dell’offerta. Questa città ha ritrovato fiducia in se stessa, è davvero pronta a sfide ancora più impegnative. Ha conservato una serietà di fondo, uno stile misurato che la distingue in un contesto nazionale sempre più volgare e sbracato. Quello che si è fatto fin qui, a cominciare dalle Olimpiadi e dall’anno di Torino capitale mondiale del libro, non è un punto d’arrivo, ma un inizio.


Come si è giunti a questa ennesima dimostrazione di dinamicità?


È stato il sindaco Chiamparino ad accorgersi del bando dell’Unesco. Malgrado il pochissimo tempo che restava, abbiamo elaborato un progetto intitolato "Il linguaggio dei segni", perché ogni pacchetto di eventi era abbinato a un segno della punteggiatura: virgole, punti, parentesi… L’idea è molto piaciuta a Parigi. Ma dietro c’era la "foto di gruppo" di una città che dispone di solide strutture. Naturalmente il progetto iniziale è stato molto ampliato per impulso di Rolando Picchioni. Particolarmente significativo mi sembra il Grand Re-tour, viaggio a tappe nelle tante capitali italiane d’arte e cultura, per vedere come è mutata nel tempo la loro identità, e quel che oggi possono offrire.


Come ha funzionato la partnership con Roma?


Non ha dato i risultati che speravamo. Ma posso anche capire che occorra fare i conti con le risorse disponibili, sempre risicate; o che siano state scelte delle altre priorità. Mi auguro in ogni caso che con Roma, come con altre città, si possano avviare collaborazioni in rete, per così dire, non alternative e non oppositive. Non possiamo permetterci il lusso (lo spreco) di lotte di campanile. In questo senso opererà di sicuro il Centro per il libro e la lettura da poco fondato e affidato al bravo Luciano Scala. Gli editori hanno accolto con molto favore.


Che ruolo hanno gli imprenditori nel rilancio culturale della città?


A parte le fondazioni bancarie e pochi altri, il sostegno dell’imprenditoria privata a iniziative culturali finora è stato modesto. Eppure è assodato che investimenti giusti producono buoni ritorni. In un momento come questo, un dialogo nuovo tra cultura e industria conviene a tutti. Personalmente credo che bisogna offrire all’industria progetti mirati, di qualità, tagliati su misura.
stefano.salis@ilsole24ore.com


I NUMERI
304mila
Visitatori alla Fiera del Libro
15.909
Operatori professionali
9.279
Insegnanti
1.500
Relatori coinvolti
45mila
Metri quadri occupati
dalla fiera
2mila
Incontri tra editori
200
Editori stranieri
presenti
1.263
Espositori presenti

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