Rassegna stampa

«La Lega? Iniezione di modernità»

Rossella Bocciarelli
ROMA
Giampiero Cantoni, milanese doc (attualmente presiede la fondazione Fiera di Milano) imprenditore e senatore di Forza Italia, il mondo delle banche lo conosce da una vita.
Ma non si mostra particolarmente impressionato dagli atteggiamenti, come dire, robustamente assertivi della Lega Nord a proposito del primato della politica in campo creditizio. «Sono prese di posizione che io valuto positivamente – spiega. Del resto, questo notevole incremento di elettori a favore della Lega premia una politica di radicamento nel territorio che si è andata affermando via che i vecchi partiti storicamente impegnati a difendere le fasce più deboli della società perdevano terreno.
«Vede, – aggiunge – oggi gli operai votano per la Lega: la sua forza elettorale si basa essenzialmente sul consenso che viene dall’intero tessuto produttivo in regioni che “fanno” il Pil italiano al 50 per cento. Mi sembra del tutto naturale che la Lega voglia contare di più».
A chi ricorda che nell’Italia del 2010 le banche non hanno più il marchio sovietico della proprietà di Stato, Cantoni obietta che la proprietà delle maggiori aziende di credito italiane «è contraddistinta da una forte lobby, quella delle fondazioni, che è autoreferenziale e da poteri che derivano da un intreccio di interessi economici caratterizzati dal conservatorismo.
«Non ci ricordiamo di quella foresta pietrificata di cui parlava Giuliano Amato agli inizi della trasformazione delle banche in Spa? Beh, la realtà delle fondazioni ne rappresenta una continuazione.
Io invece – prosegue Cantoni – vedo la presenza di uomini, di manager espressi dalla Lega nel settore bancario come una “iniezione di modernità” in questo campo. E poi, sostiene – oggi bisogna partire da un dato di fatto».
Quale? chiediamo. «Dobbiamo partire dal fatto che oggi sono le banche a influenzare la politica e non viceversa. Se si considera la situazione in questa prospettiva, la Lega basa la sua forza sui consensi elettorali e non solo sull’eleganza delle lobby. E può servire per mettere un freno ai conflitti d’interesse vigenti nel salotto buono». Viva gli outsider, insomma, perchè possono dare un notevole contributo alla modernizzazione del Paese.
Del resto, al rischio che i mercati finanziari internazionali o gli investitori istituzionali stranieri possano rivelarsi allergici al localismo italico, soprattutto se questo viene espresso nella governance delle aziende di credito, Cantoni non crede affatto:«Parliamoci chiaro – osserva – davvero si ritiene che gli attuali vertici delle grandi banche non siano anch’essi esponenti della politica italiana? La Lega, in fondo, rappresenta soltanto un diverso tipo di mediazione».
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