Rassegna stampa

La gioielleria italiana riparte da Vicenzaoro Winter

La parola d’ordine è giocare sull’emozione. Fare qualcosa che provochi o segua una moda, creare oggetti eclatanti e vistosi, produrre sull’estro del cliente, osare di più sulla mescolanza di materiali – non solo metalli ma anche stoffa o componenti poveri – e sul design. Ma sempre tenendo fede all’arte artigianale, vero plus delle aziende italiane.
È questa la linea che le imprese orafe intendono perseguire quest’anno, unica da percorrere per risollevare un mercato che si lascia alle spalle un anno non buono e ne ha di fronte uno con persistenti e complesse difficoltà. Su questa linea cominciano a ragionare da oggi a Vicenzaoro Winter, primo appuntamento dell’anno per il settore, dal titolo emblematico: “Ordinary is over, ordinary is back”, ovvero lasciare l’ordinario per l’extra-ordinario, mantenendo però la tradizione. Fino al 19 gennaio quasi 1.400 espositori (995 italiani e 403 stranieri, per la prima volta anche Swarovski Gemme) esporranno il meglio del made in Italy. E potranno intercettare macrotendenze e nuovi mercati grazie a “Trend Vision Jewellery + Forecasting”, primo Centro di ricerca permanente sulle tendenze istituito dalla fiera.
«Facciamo di tutto per venire incontro ai bisogni di internazionalizzazione e promozione delle imprese orafe – spiega Roberto Ditri, presidente di Fiera di Vicenza –. Per questo l’ente sta stringendo accordi con le fiere di settore di Mubai, Hong Kong, Shangai, Los Angeles. Stiamo anche potenziando gli strumenti web e interattivi in modo da porci come vetrina per le aziende e, in questa edizione, abbiamo voluto il ritorno di T-Gold, il salone dedicato alla strumentazione e ai macchinari per i preziosi».
Il 2011 si è chiuso male, con un calo di consumi nel periodo natalizio (banco di prova per la tipologia di prodotto) fino al 30%, i prezzi di oro e diamanti ulteriormente aumentati, rispettivamente del 25-28% e del 120-130%, e un l’export che risente dei pesantissimi dazi in entrata in paesi come India e Cina (fino al 50% del valore del prodotto). L’anno appena iniziato non porta fiducia. «Ma insistiamo, perché la voglia di darsi da fare e l’amore per il mestiere non scompaiono – dice Giuseppe Corrado, presidente degli orafi di Confindustria Vicenza –. Dieci anni fa le aziende del distretto vicentino erano 1.300, oggi le operative sono 200, ma abbiamo capito che bisogna puntare su nuovi materiali, prodotti più leggeri e lavorabili con le macchine ad alta tecnologia, anelli e bracciali all’avanguardia, anche con poco oro». È questo infatti l’approccio per la fascia di produzione di bassa gamma, quella che soffre maggiormente la crisi a causa dei prodotti a basso costo dei paesi dell’Est asiatico. L’alto di gamma, invece, continua a fare affari. Un divario profondo che ha costretto a ripensare e ridisegnare totalmente il prodotto a favore di carati più bassi e uso di ottone dorato, rame, titanio, leghe. (Nelle foto, dall’alto, due proposte di Armas, Bapalal e le nuove “ballerine” di Salvini).
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