
«La fiera del mobile si farà perché è utile alle Pmi»
Ilaria Vesentini
PESARO
«Gli industriali ci avevano chiesto di innovare il Salone del mobile e noi lo abbiamo fatto. E faremo questa fiera per il nostro distretto, perché se vogliamo che la tradizionale produzione pesarese continui dobbiamo tenerne vive e riconoscibili le radici. Faremo questa rassegna anche senza i grandi nomi per chi, per dimensioni e risorse, non può andare a Milano o Shanghai e perché le fiere sono un volàno per l’indotto e un moltiplicatore di attività per il territorio». Di fronte al no a Domo 360 ufficializzato una settimana fa del gruppo Mobile di Confindustria Pesaro (si veda «Il Sole-24 Ore CentroNord» del 17 dicembre scorso), la reazione della locale Camera di commercio (che controlla il 70% di Fiere di Pesaro) è altrettanto secca. Le parole del presidente Alberto Drudi ricalcano quelle espresse dai giorni scorsi dal numero uno dell’ente fieristico, Ugo Calzoni, che ha definito un «boicottaggio senza precedenti» la presa di posizione dei mobilieri pesaresi, ricordando invece come i principali distretti del Paese non abbiano «mai rinunciato a manifestazioni del proprio distretto e al radicamento territoriale delle proprie imprese» in quanto «valore aggiunto al messaggio del made in Italy».<BR/>
E a sostegno di un salone locale del mobile si sono schierati compatti anche gli artigiani, rivendicando una vetrina a misura dei piccoli operatori di qualità e ribadendo, in sintonia con Drudi, la necessità di «fare squadra, soprattutto in un momento congiunturale così difficile». Di fondo c’è la comune consapevolezza che «sopprimere l’appuntamento del mobile significa suicidare il futuro, le potenzialità di Pesaro e sottrarre le ricadute economiche», come ha rimarcato Calzoni.<BR/>
«Negli ultimi anni abbiamo intessuto relazioni – aggiunge Drudi – con Paesi in forte sviluppo come Russia, Ucraina, Paesi arabi e sono i buyer di questi mercati ad averci garantito la loro presenza a Domo 360, che faremo affinché il distretto pesarese resti un marchio di qualità e affidabilità per chi va all’estero. Mi sono battuto anche per portare i nostri mobilieri a Mosca, Kiev e Dubai. E delle 100 imprese accompagnate all’estero, di cui molte industriali, una cinquatina hanno già dato l’adesione informale alla prossima fiera». Per l’internazionalizzazione la Cdc spende 400-500mila euro sui 3 milioni destinati annualmente alle attività sul territorio e, nota Drudi, partecipare a eventi esteri costa il doppio che organizzare rassegne di distretto.<BR/>
«La Fiera di Milano è tarata a misura dei grandi, noi piccoli artigiani chiediamo che la manifestazione si faccia anche perché è a beneficio di tutto il territorio. Ci convince il nuovo progetto di salone 2009 puntato su qualità, ricerca, design e anche se l’assenza dei grandi nomi dispiace, non si può vivere sotto ricatto», dichiara Camilla Fabbri, segretario Cna Pesaro. «Penso che su questo evento si stiano scaricando altre tensioni», aggiunge Giorgio Cippitelli, segretario regionale Confartigianato, che rivendica il diritto di cittadinanza dell’evento pesarese: «Sarebbe bello poter partecipare tutti, grandi e piccoli, alle rassegne top internazionali, Usa, Colonia e Shanghai, o a quelle di “seconda fascia” come Milano, ma non è sostenibile. Anche saloni minori possono offrire, in proporzione chance di crescita e di legami sui mercati nazionali e non solo. C’è posto per tutti nel momento in cui ciascuno fa bene il proprio mestiere».<BR/>
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