Rassegna stampa

La campionaria delle emozioni

di Aldo Bonomi
Ho accompagnato Fondazione Fiera Milano in road show di ascolto territoriale per comprendere i mutamenti che attraversano il modello del capitalismo di territorio italiano. È un viaggio che ci ha portato a ragionare nella fabbrica a cielo aperto della Pedemontana Lombarda, tra le comunità operose del Triveneto, nei distretti del piacere della Città Adriatica, nel Toscanashire dell’alta qualità e del buon vivere, sino al Mezzogiorno della modernizzazione incompiuta e dei suoi disomogenei alvei di sviluppo.
Perché l’ascolto territoriale? Perché se è vero che la capacità di interpretazione del cambiamento delle fiere è straordinaria, in quanto molto spesso sono anticipatrici delle tendenze economiche in atto in una filiera o in un sistema paese, non vuol dire che le fiere interiorizzino tali cambiamenti nella loro attività più velocemente di altre imprese. Sarebbe improbabile, del resto, e forse nemmeno auspicabile: le fiere, per loro natura, hanno un comportamento adattivo rispetto ai mutamenti del mercato e delle imprese, ponendosi come obiettivo quello di soddisfarne le esigenze contingenti.
Tutto questo trova conferme nella storia del settore fieristico italiano. La prima fase di sviluppo delle fiere è infatti quella industrialista, rappresentata al suo meglio dalla Fiera Campionaria di Milano, cui prendeva parte la grande industria del paese. L’emersione dei distretti produttivi e del capitalismo di territorio ha dato il là alle fiere di settore e specializzate.
Oggi si tratta invece di accompagnare il passaggio dalla fase distrettuale a quella post-fordista. Un passaggio difficile, in quanto non cambia tanto il luogo o il settore da rappresentare, bensì il concetto stesso di evento fieristico. Così se prima si rappresentavano le imprese a seconda del loro profilo produttivo e di categorie merceologiche affini, sempre più oggi si creano eventi fieristici indirizzati a specifiche tipologie di consumo: non si tratta più, in altre parole, di rappresentare settori, filiere e distretti, ma di raccontare stili di vita attraverso le imprese e i prodotti. Si assiste poi all’esplosione dei concetti di spazio e di tempo espositivo, con il Fuori Salone, per citare un esempio noto, che spinge le imprese che partecipano al Salone del Mobile a creare eventi di comunicazione fuori dai padiglioni della fiera e dentro la città di Milano, ad ogni ora del giorno e della notte; se poi vendere spazi espositivi rimane uno dei principali obiettivi di un ente o di un evento fieristico, ma non è più l’unico. Sempre più emerge infatti l’obiettivo di creare un evento che comunichi emozioni, distintività e innovazione culturale. E sempre più le fiere assumono il ruolo di capitalisti delle reti, autonomie funzionali che connettono il territorio al mondo. Anche attraverso accordi come quello tra Fiera di Milano e Fiera di Hannover per sviluppare attività di organizzazione fieristica in Cina, India, Brasile e Russia, accompagnando le imprese italiane in questi difficili quanto fondamentali mercati.
Le prospettive delle fiere italiane, da Milano in giù, passano attraverso la piena accettazione di questa nuova sfida. Quella di una fiera che risalga la catena del valore accompagnando l’impresa lungo tutto il processo produttivo. Una fiera che, rapportandole all’utente-cliente, accompagni le imprese nel definire sé stesse e i propri valori. Che le aiuti, attraverso una riflessione culturale e tecnica, ad evolvere i processi produttivi e di comunicazione, compreso l’approccio agli eventi fieristici stessi. Che faccia da vetrina alle idee innovative e ai prototipi. Che ne faciliti la comprensione delle tendenze di mercato e delle forze competitive che agiscono attorno all’impresa.
In questo continuo andare dai territori ai flussi, tuttavia, occorre stare attenti a non perdere la propria ombra. Credo si debba lavorare quindi anche su quel sincretico spazio che si crea in questo continuo andare. Symbola, con il suo progetto di fiera che rappresenta e riflette della qualità italiana, è un utile evento che ci insegna, per l’appunto, ad andare nel mondo portandoci dietro l’ombra.
Raccontando di come si può fare la globalizzazione partendo dal locale, dalla sua storia, dalle sue tradizioni e dai suoi saperi. Contaminando i saperi taciti e stratificati del territorio con il melting pot postfordista della creatività messa al lavoro. E mettendo in connessione il piccolo e il medio capitalismo di territorio con le reti della finanza, dell’energia, dei saperi “alti” delle università e dei grandi centri di ricerca.
Tutto questo assume ancora più valore nel momento in cui Milano si appresta ad ospitare l’Expo del 2015, che proprio in un evento globale metterà in scena il tema più locale che c’è: quello dell’alimentazione. In questo senso, la nuova Campionaria delle Qualità Italiane, che si terrà nel prossimo Maggio, potrà essere l’occasione per cominciare a rappresentare la complessa filiera territoriale del sistema agroalimentare italiano. Una filiera che tiene assieme comunità, territorio e mondo. Di cui fanno parte i piccoli comuni dei prodotti tipici e i trattori teleguidati che si stanno sperimentando in provincia di Modena. Le città dell’olio e delle castagne e i grandi centri di ricerca che si occupano di biotecnologie. Le filiere a “chilometro zero” della Coldiretti e le reti globali di grandi marchi italiani come Barilla e Ferrero.
La Campionaria delle Qualità Italiane può diventare, sempre più, lo spazio di rappresentazione di tutto questo. Facendo da porta sul mondo per i territori della qualità alimentare e accompagnandoli nella modernizzazione della loro identità.

IL SISTEMA

 

1.000
L’offerta
Sono più di mille le manifestazioni fieristiche che si svolgono in Italia ogni anno: 195 manifestazioni internazionali, 422 nazionali, 113 a livello regionale più una miriade di fiere locali (secondo le informazioni ricavate dal sito www.aefi.it). Le categorie economiche rappresentate sono 27
10 miliardi
Il mercato
Il mercato nazionale si presenta con dimensioni notevoli: oltre 120mila espositori diretti (160mila marchi rappresentati); 23 milioni di visitatori; un giro d’affari per 10 miliardi di euro l’anno; decine di migliaia gli occupati diretti e nell’indotto
345
La superficie
La capacità espositiva lorda di Fiera Milano in migliaia di metri quadrati; Fiera Milano è il primo quartiere per dimensioni in Italia: alle sue spalle Bologna e Verona
5
I visitatori di Fiera Milano
I visitatori annuali, in milioni, di Fiera Milano (30% stranieri); gli espositori sono oltre 30mila

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