Rassegna stampa

La bici nella morsa asiatica

MILANO – Debutto senza caos per la nuova Fiera milanese. Eicma, il salone delle biciclette, ha inaugurato ieri ufficialmente i padiglioni del quartiere fieristico di Rho-Pero accogliendo oltre 300 espositori con 804 marchi, di cui un quasi un terzo stranieri. Vetrina inevitabilmente in tono minore, visto che il mercato delle biciclette continua ad annaspare: nel 2005 il calo delle vendite potrebbe attestarsi tra l’8 e il 10%, effetto combinato dell’apatia dei consumi nazionali e dell’aggressiva concorrenza asiatica.
Quasi un intero piano della rassegna milanese è occupato da produttori provenienti da Taiwan e dalla Cina, anche ieri al centro dei commenti di Guidalberto Guidi, presidente di Ancma (costruttori di moto e bici): «Dobbiamo continuare a combattere contro ogni tipo di concorrenza sleale, o addirittura contraria alla legge. Da qui la nostra battaglia contro le importazioni illegali e contro le false biciclette elettriche, che in realtà sono veri e propri motorini spacciati per biciclette a pedalata assistita».
Un primo risultato è stato già ottenuto, con l’inasprimento del dazio antidumping sulle bici cinesi (dal 30,6 al 48,5%) e l’introduzione di quello sui prodotti provenienti dal Vietnam (34,5%). «Non chiamateci protezionisti – commenta Pietro Nigrelli, responsabile del settore bici dell’Ancma – è l’unico modo per difenderci». «Un’operazione come la verniciatura – spiega Paolo Olmo, amministratore delegato dell’omonima azienda, nome storici del made in Italy – in Cina può costare 10 dollari per bici, contro una media di almeno 50 dollari in Italia». Solo un esempio. Discorsi analoghi si possono fare per i componenti, come i portapacchi che si montano dietro il sedile: in Cina costano la metà.
I cinesi sbarcati a Rho si sentono sotto tiro e chiedono di passare dallo scontro al dialogo. Shi Li Jie è il vice general manager della Wuxi Kawamura bicycle, un’azienda dell’area di Shanghai, e da cinque edizioni partecipa al salone italiano della bici con modelli da città di fascia bassa, da 50 a 200 euro di prezzo. «Attaccarci è ingiusto – dice Shi Li Jie -. Troviamo un accordo, un compromesso sul materiale che si può esportare, così come è stato fatto per il tessile. L’Europa – continua – ha appena alzato il dazio sulle nostri bici, così per noi fare affari diventa quasi impossibile».
Tra i marchi del made in Italy, in realtà, c’è grande differenza di visione e di strategia. Le case che non sono riuscite a diversificare il catalogo e ad alzare la qualità media soffrono più delle altre il calo delle vendite; quelle storicamente posizionate sui modelli da corsa, o anche sulle mountain bike, reggono meglio la crisi.
«Sull’alta gamma restiamo ancora inattaccabili – dice Alessandro Colnago, capo del marketing della Colnago, uno degli "artigiani" della bici italiana -. Proprio oggi presentiamo le ultime due versioni della bicicletta sviluppata in tandem con la Ferrari, un esperimento che va in direzione della qualità e dell’innovazione. Al tempo stesso però – continua Colnago – abbiamo deciso di far produrre tre modelli di fascia media a Taiwan, dove la qualità è più alta rispetto alla Cina ma i costi sono lo stesso molto competitivi». Tenta la strada dell’innovazione e della tecnologia anche la Fioravanti di Torino, società di progettazione che opera nell’auto (tra i clienti Fiat e Toyota) e che da quest’anno entra nel mercato delle due ruote con un brevetto per lo sviluppo di un telaio "flessibile", adattabile sia a un modello maschile che femminile.
Il primo giorno di Eicma 2005 si chiude con una discreta affluenza e un po’ di disorientamento tra operatori e visitatori abituali del salone, per la prima volta nel nuovo quartiere di Rho-Pero. Il prolungamento della linea 1 della metropolitana milanese ha assicurato i collegamenti in tempi ragionevoli con il centro città e i servizi e la logistica interna si sono guadagnati un giudizio sostanzialmente positivo degli espositori.
Resta ancora molto da fare per portare a regime la nuova struttura, ma è stata una prima senza "stecche".

La difesa con il dazio antidumping


2,5 – Milioni di biciclette prodotte in Italia in un anno. Oltre 1,5 milioni vengono destinate ai mercati stranieri.


8% – La riduzione minima che si prevede per le vendite di biciclette nel 2005 rispetto all’andamento del 2004.


48,5% – La misura del dazio antidumping sulle bici che entrano dalla Cina.

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