Rassegna stampa

L’export corre e salva i conti

Cambia il carrello della spesa degli italiani, si consuma meno e in modo diverso ma sono mutamenti forzati dall’erosione del potere d’acquisto delle famiglie. «Sta di fatto – osserva Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare – che nel 2011 si sono ridotti i consumi di latte, di carne, di ortofrutta, di salumi e di pasta: non è questo un mutamento stutturale quando si mettono in discussione i piatti fondamentali della tavola italiana?».
Per fortuna che la performance dell’Italian food non conosce crisi: l’anno scorso l’export è balzato del 10% a 23 miliardi. All’estero la penetrazione del vino (+13% nel 2011), del grana padano e del parmigiano (+16%), della pasta (+7%) e dell’olio (+7%) procede senza soste pur non potendo contare sulla potenza di fuoco delle catene commerciali, come succede per la Francia con Carrefour e Auchan, e per la Germania con Rewe, Lidl e Aldi.
L’interesse crescente per il cibo all’italiana è testimoniato anche dal “tutto esaurito” di Cibus, il salone dell’alimentazione (terzo in Europa) che si svolgerà in maggio a Parma. «L’interesse è altissimo – annuncia Antonio Cellie, ad di Fiere di Parma – e il margine di crescita è ancora elevato: l’interesse per il nostro modo di vivere e mangiare cresce a ritmi vertiginosi in tutto il mondo, compresi i Paesi Bric. Basti pensare che il booking effettuato dai buyer overseas per Cibus ha già raggiunto numeriche triple rispetto al 2010». E, significativamente, richiamando la partecipazione di molte insegne leader dei paesi emergenti, come per esempio la cinese A-Best Supermarket e il gruppo russo X5.
Non meno brillanti sono i dati della partecipazione a Vinitaly, fiera mondiale del vitivinicolo, che si svolgerà a Verona dal 25 marzo. L’interesse per il vino italiano del resto è testimoniato dai dati sull’export: l’anno scorso è salito a livelli di record storico, oltre la soglia dei 4 miliardi. «Vinitaly è una grande manifestazione internazionale – sottolinea apertamente Ettore Riello, presidente di Veronafiere – Naturalmente guardiamo a quei Paesi da cui è giusto imparare per fare sistema, come la Francia: noi giochiamo la nostra partita. Pensiamo che l’anno prossimo, quando ci sarà anche Winexpo a Bordeaux, potremo raccogliere i frutti di questo lavoro e sentire gli stakeholder dire “Bordeaux bello ma Vinitaly che qualità”».
Tuttavia l’entusiasmo per le performance dell’export e l’interesse dei consumatori internazionali si trasforma in preoccupazione quando si parla del mercato nazionale. Nel 2011 i consumi alimentari sono calati di oltre il 2% in quantità. Il 2012 non promette nulla di buono. Il calo atteso del Pil vicino al 2% e soprattutto la crescente pressione fiscale comporterà un’ulteriore erosione delle vendite e della redditività, come nel 2011. «I consumatori – aggiunge Ferrua – si orientano verso prodotti più a buon mercato e di minore qualità. In questo modo però il sistema si avvita perché l’industria di marca non è motivata a investire in innovazione».
Da un’analisi congiunturale condotta da Format research per Federalimentare è emerso che oltre la metà delle industrie alimentari punterà sull’innovazione nel biennio 2012-2013. Resta da capire però fino a che punto le imprese terranno fermi gli obiettivi di innovazione in presenza di volumi e margini in caduta. Sì, perché mentre si discute della rivoluzione nel carrello, all’orizzonte potrebbe materializzarsi la nuova stangata sull’Iva, due punti percentuali secchi sulle aliquote del 10 e del 21 per cento.
Secondo gli industriali l’aggravio per le tasche delle famiglie sarebbe di tre miliardi. «Possiamo solo sperare – conclude Ferrua – che la lotta all’evasione fiscale ottenga un successo tale da indurre il Governo a soprassedere al ritocco dell’Iva».
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