
L’EVOLUZIONE DELLA FIERA
Abbandonate, svuotate, lasciate a loro stesse. Le grandi kermesse del l’elettronica mondiale stanno scivolando nell’oblio: adesso tocca al Cebit di Hannover, in corso in questi giorni. Complice la crisi, quest’anno le stime sui visitatori sono al ribasso anche rispetto ai risultati deludenti della scorsa edizione. «La crisi ha accelerato un processo autonomo e inarrestabile», spiega un espositore. «Il fenomeno è ben conosciuto nel settore», aggiunge un altro. Insomma, esplicitamente nessuno lo dice, ma molti temono che in realtà sia finita l’era delle fiere.
Non quelle specializzate, aperte solo agli addetti ai lavori. No, sono finite quelle generaliste, in cui il pubblico paga il biglietto. Soprattutto nel cuore dell’elettronica di massa e dell’informatica di consumo. Colpa di internet, si dice, ma anche delle grandi aziende. Che hanno deciso di investire le loro risorse in modo diverso. Le novità le lanciano altrove, la rete è il loro megafono e le fiere sono solo costosi cataloghi patinati destinati a scomparire.
Per trovare davvero le ultime novità non bisogna andare al Cebit. Basta seguire online gli eventi organizzati dalle varie Sony, Samsung ed Apple. Prendete il Macworld di San Francisco di un anno fa organizzato da Idc. È stato definito come una convention di Star Trek senza Leonard Nimoy, perché Apple non c’era. L’evento è stato abbandonato perché, ha dichiarato Steve Jobs, passano più persone nei 200 negozi monomarca della mela in un giorno che non in tutta la settimana al Moscone Center. E quando bisogna annunciare qualcosa di nuovo, come l’iPad, Apple preferisce convocare stampa e pubblico vip quando vuole lei. Stessa filosofia per Samsung, che per i nuovi tv ha organizzato anteprime coreane per la stampa a dicembre e post-Ces a Vienna, e Sony, si è affidata a blogger e testate online convocate per presentare l’inedito multiplayer di massa Mag.
Non bisogna sbagliarsi, però: le fiere specializzate resistono. La crisi è tutta per quelle generaliste, più grandi e costose. Sono luoghi d’incontro col pubblico meno efficaci rispetto ai blog aziendali, alle reti di relazioni generate da Facebook, alle dirette su Twitter o agli atelier monomarca nei castelli della grande distribuzione organizzata.
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