Rassegna stampa

“L’estero è ancora frontiera lontana”

La nuova edizione della Fiera del Levante si apre in uno scenario relativamente favorevole rispetto a quello dell’ultimo biennio: la domanda estera ha ripreso un certo slancio e nuovi stimoli dovrebbero provenire dal recente allargamento dell’Unione europea. L’economia e le esportazioni del Mezzogiorno, nonostante vadano affrontati i principali ritardi strutturali, dovrebbero potersi avvantaggiare di questo migliore contesto.
Tuttavia, il grado di apertura del Mezzogiorno verso l’estero rimane molto basso: la sua quota sull’export italiano di merci si è fermata su un livello di poco superiore al 10%. A parte la petrolchimica in Sicilia e Sardegna e la siderurgia in Puglia, i beni “tradizionali” per la persona e per la casa rivestono ancora un ruolo fondamentale nella struttura delle esportazioni meridionali. Si tratta, però, di settori particolarmente esposti alla sempre maggiore capacità concorrenziale di un numero crescente di paesi. In più, nelle macchine agricole e industriali, l’incidenza del Mezzogiorno sulle esportazioni italiane è quasi trascurabile (3% nel 2003)e negli ultimi due anni la quota del Mezzogiorno sulle esportazioni nazionali di mezzi di trasporto è andata diminuendo, parallelamente alla contrazione degli investimenti esteri. Circostanza che ha colpito anche i settori più “innovativi”, come l’elettronica.
In riferimento alla struttura geografica delle esportazioni, il Mezzogiorno sconta difficoltà in termini di diversificazione dei mercati di sbocco e di orientamento verso quelli a domanda vivace. É sensibile, poi, il ritardo dal punto di vista della maturità delle strategie di internazionalizzazione: il contributo alle partecipazioni estere dell’Italia resta molto modesto, anche a causa della prevalenza delle piccole imprese, svantaggiate sul fronte della competitività.
Tutti problemi accentuati dalla scarsa diffusione dei distretti industriali, la cui capacità di adattarsi ai mutamenti degli scenari internazionali è dimostrata dai successi ottenuti, per citare alcuni esempi relativi alla Puglia, nei mobili, in alcuni comparti dell’abbigliamento (bambino e sposa) e della meccanica (martelli idropneumatici a Bari-Modugno).
In un orizzonte di breve-medio periodo, una sostanziale modifica della struttura economica e della specializzazione settoriale del Mezzogiorno è certamente irrealistica. É comunque necessario che imprenditori ed organismi pubblici realizzino interventi capaci di cogliere le grandi opportunità della globalizzazione e di minimizzarne le insidie.
Valorizzando le risorse locali si tratta soprattutto di: superare la frammentazione del tessuto imprenditoriale, favorendo le aggregazioni distrettuali; differenziare la produzione verso i segmenti di maggiore qualità, puntando sull’innovazione di processo, sul design, sui marchi; sviluppare reti commerciali; accedere a nuovi mercati (in particolare i Balcani ed i paesi Meda (Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Giordania, Autorità Palestinese, Siria, Libano, Israele); delocalizzare le fasi produttive iniziali mantenendo nel territorio d’origine quelle a più elevato valore aggiunto; infine, investire in misura maggiore in ricerca applicata.
Dal canto suo l’Istituto nazionale Commercio Estero ha attuato e si propone di intensificare molteplici iniziative: esse includono – oltre all’organizzazione di mostre, fiere, seminari e missioni all’estero di esportatori – formazione, una migliore informazione su aree-mercato di particolare interesse, complessi programmi interregionali. Un impegno crescente, infine, sarà dedicato, a collaborazione con Sviluppo Italia e con le Regioni, a iniziative finalizzate ad attrarre investimenti esteri, dal cui incremento potrebbe derivare una ripresa della tendenza positiva che aveva caratterizzato l’export del Sud negli anni Novanta.
*Presidente Istituto nazionale Commercio Estero

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