Rassegna stampa

L’alimentare conquista gli Usa

L’ultima operazione è di qualche giorno fa e riguarda il colosso agordino Luxottica, che – dopo il colpo messo a segno sui mitici Ray-Ban e altre marche a stelle e strisce – ha acquisito per un esborso di 98 milioni di dollari Doc Optics, network di un centinaio di negozi che vanno dal Michigan all’Ohio, dalla Florida all’Illinois.

La strada che porta l’imprenditoria italiana negli Stati Uniti è stata costruita dopo il Secondo conflitto mondiale e – dati dell’Istituto commercio estero (Ice) alla mano – ha regalato grandi soddisfazioni. «Nell’arco di mezzo secolo – spiega Giovanni Bifulco, responsabile di Ice Atlanta – il sistema Italia ha investito oltre 16 miliardi di dollari, dando lavoro a 80mila lavoratori statunitensi». Una massa di investimenti che ha coinvolto in modo massiccio anche l’imprenditoria veneta.

Quest’ultima continua a investire in svariati settori. Così, se per l’occhialeria Assindustria Belluno sta già preparando la propria presenza alla fiera di settore che si terrà a New York nel marzo 2007, anche sul fronte del vino – assieme alla moda uno degli "emblemi" italiani negli Stati Uniti – la task force veneta si presenta compatta.

Gli ultimi dati forniti dai responsabili del Vinitaly, manifestazione principale della Fiera di Verona, evidenziano che le potenzialità del mercato americano sono notevoli: una conferma arriva dai dati della quarta edizione di Vinitaly US Tour, iniziativa di promozione e business oltre che di cultura del vino italiano negli Stati Uniti, tenutasi nell’ultima settimana di ottobre a Chicago, Los Angeles e Las Vegas: la crescita del giro d’affari è stata nell’ordine del 10 per cento. «In un Paese dove l’italian style è sempre di tendenza – il parere è di Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – fare cultura del vino continua a premiare dal punto di vista commerciale. Soprattutto in prospettiva futura, il trend positivo richiederà un continuo sforzo da parte dei produttori vitivinicoli, per rimanere i principali fornitori dopo la rimonta sull’Australia. Negli States – aggiunge Mantovani – dove siamo presenti con iniziative dirette già dal 2002 e con Vinitaly Us Tour dal 2003, i risultati positivi sono evidenti. Se le vendite di vini d’importazione rappresentano una quota superiore al 20% dei consumi in quantità e al 26% in valore, i dati americani evidenziano che arriveranno al 30% dei consumi nel giro di pochi anni. Per questo è importante mantenere la nostra quota in un mercato che continua ad espandarsi e raggiungere nuovi consumatori».

«Per il 50% degli acquirenti di vino americani – sottolinea Luigi Castelletti, presidente di Veronafiere – il luogo d’origine è un fattore di scelta importante: in questo senso l’Italia, ma soprattutto il Veneto, hanno un ineguagliabile appeal».

Oltre alla Zonin – che a Barboursville, in Virginia, possiede anche una tenuta viticola, una delle aziende vinicole venete maggiormente inserite in questo mercato è la Carpenè Malvolti di Conegliano (Treviso), azienda da oltre 21 milioni di fatturato che nel 2005 ha venduto negli States oltre 200mila bottiglie, il 4% della produzione aziendale (quota export del 43%). «Negli Anni ’60-’70 – racconta Etile Carpenè, presidente della Spa di famiglia – siamo stati tra i primi a esportare con una struttura organizzata negli Stati Uniti: il Prosecco è arrivato insieme ai ristoratori italiani che aprivano i locali e noi lo spedivamo direttamente a loro». «I consumi – dice Antonio Motteran, direttore generale della Carpenè Malvolti – hanno molte possibilità di ulteriori crescite negli Usa, anche perché vanno a braccetto con la cucina italiana, di gran moda e sempre più ricercata». E prosegue anche la campagna a stelle e strisce condotta insieme dal Consorzio di tutela del formaggio Asiago Dop e da Speck Alto Adige Igp: a dieci mesi dallo sbarco negli Usa, i due enti hanno ospitato il conduttore del programma tv "Culinary travels", per registrare uno show in onda a primavera 2007 su 200 emittenti Usa e anche sui monitor installati a bordo degli aerei di Delta, Us Air e Northwest Airlines.

A mettere in guardia gli imprenditori veneti che operano sul mercato statunitense è però la Camera di commercio di Venezia, che in collaborazione con il Centro Estero Veneto, ha promosso di recente due incontri di lavoro dal titolo "Business Training Usa". «Una degli aspetti di maggiore incertezza – spiega Francesca Vicentini, responsabile dell’ufficio Internazionalizzazione della Camera di commercio – riguarda la contrattualista, le cui incertezze sono legate al fatto che non ci sono norme scritte. Proprio per questo gli imprenditori statunitensi sono quasi sempre affiancati, al momento di firmare un contratto, da avvocati e commercialisti. In questo senso i nostri imprenditori, soprattutto se a capo di piccole aziende, dovrebbero muoversi con grande cautela, richiedendo un contratto scritto, che specifichi condizioni di vendita, tempi e compiti dell’agente in loco».



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