
Il White premia la ricerca
È stato letteralmente preso d’assalto dai giapponesi, a detta degli espositori, White Homme, il salone della moda di ricerca con le novità per la primavera-estate 2010, che si è chiuso martedì a Milano negli spazi del Superstudio Più di via Tortona 27 con un incremento del 10% del numero di buyer rispetto all’edizione di gennaio 2009 (che aveva già segnato +6% di compratori rispetto a giugno 2008). È aumentata in particolare l’affluenza dei buyer italiani e giapponesi, mentre sono calati i compratori dalla Russia e dagli Stati Uniti e resta stabile il Nord Europa. Novantotto i brand presenti (+30% rispetto al gennaio scorso), di cui 31 stranieri, molti dei quali hanno presentato per la prima volta le proprie collezioni.
Come nel caso di Stefano Bemer, fondatore dell’omonima azienda di calzature fatte a mano che a White Homme ha presentato, tra le novità, uno speciale mocassino in seta. «È la prima volta che partecipiamo a una fiera – racconta Bemer – perché non si può restare sempre in bottega. Bisogna uscire, guardarsi intorno e confrontarsi con gli altri. Abbiamo due negozi-laboratorio a Firenze, uno dove confezioniamo scarpe su misura e l’altro per il prêt-à-porter, ma tutto è esclusivamente fatto a mano. Il Giappone, dove vendiamo nei migliori department store, è il nostro mercato di riferimento, anche prima dell’Italia. Lì il nostro marchio è considerato tra i primi cinque brand di scarpe più importanti nel mondo. Vendiamo anche in Germania e Francia». Soddisfatto della partecipazione a White Homme anche Massimo Bizzi, designer di Collection Privée che ha collaborato con K-way reinventando la mitica giacca di nylon. «Abbiamo incontrato una clientela selezionatissima – spiega Bizzi – e, grazie a un prodotto azzeccato, abbiamo riscontrato un successo che non speravamo: in due giorni abbiamo raccolto trenta ordini da tantissimi italiani, ma anche stranieri, soprattutto giapponesi».
Gli stessi che hanno «invaso» lo spazio espositivo di Maurizio Miri, giovane designer presente alla prima edizione dedicata all’uomo di White Club, l’associazione no profit fondata nel 2007 per sostenere i nuovi talenti creativi mettendoli in contatto con i media e gli operatori del settore. «Con la mia collezione voglio proporre ai buyer una nuova concezione di eleganza con una cura massima per il dettaglio» afferma il designer 32enne che respira aria di moda fin da bambino, nei negozi di famiglia a Brescia. Nel 2000 apre un punto vendita suo e nel 2008 crea la sua etichetta e nasce la prima collezione per la primavera-estate 2009.
«Voglio riuscire a essere presente nei migliori negozi del mondo – racconta Miri –. Ho appena firmato un grandissimo ordine con un importante negozio di Hong Kong. Punterò sempre al meglio, al bello, infatti dico sempre che questa è la mia seconda linea, perché la prima devo ancora crearla. Vorrei entrare in società al 50% con le aziende che adesso producono per me per una questione di obiettivi comuni e chissà magari in seguito aprire un’azienda tutta mia». Se la prima giornata di White Club per il giovane e ambizioso stilista si è aperta all’insegna dei giapponesi, la seconda ha visto protagonisti numerosi buyer italiani soprattutto del sud.
Dall’abbigliamento agli occhiali in corno naturale e legno di Ralph Vaessen, alla sua seconda fiera, dopo essere stato al Pitti di Firenze. «Vendo già i miei occhiali in Italia, in un negozio della Romagna e in uno vicino a Venezia, in Giappone, Stati Uniti e in città europee come Londra, Parigi e Berlino – racconta il designer che ha iniziato la sua esperienza tre anni fa – ma vorrei espandere la distribuzione ad altre città. È la prima volta che partecipo a White e trovo che sia una fiera molto business oriented con clienti interessati».
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