Rassegna stampa

Il Tarì si trasforma in fiera

MARCIANISE – A guardare la lista dei progetti futuri, i primi dieci anni del Tarì appaiono quasi il preambolo di una sfida ancora più avvincente che sta per essere lanciata. Una sfida che ha già calcolato i possibili e prevedibili rischi di un settore, quello dell’oro e della gioielleria, che per sua stessa natura, produttore di beni di lusso, è tra i primi a risentire delle cicliche congiunture economiche sfavorevoli.
E non che in questi due lustri appena trascorsi, di "cadute" non ce ne siano state. L’invasione dei prodotti a basso costo di manodopera provenienti dall’Est ha danneggiato anche l’oreficeria italiana e, a ricaduta, quella in vetrina nella cittadella di Marcianise. L’avvento inflazionistico dell’euro, la "chiusura" a riccio di molti mercati internazionali, tradizionalmente affezionati al made in Italy di lusso, ma di recente sempre più orientati a difendere il proprio prodotto interno e il calo medio della spesa hanno frenato la crescita del metallo nobile che pur continua ad avere un certo "peso" sulla bilancia del nostro export.
Tuttavia, l’ultimo decennio ha per il Tarì molte note positive. Le aziende consorziate sono più che raddoppiate (dalle 180 del ’96 alle 370 di oggi), il valore degli immobili è triplicato e se anche il giro d’affari non ha registrato lo stesso incremento, il passaggio dai mille miliardi di vecchie lire di dieci anni fa agli 800 milioni di euro messo a segno nel 2004, manifesta per lo meno una crescita costante. Decisamente roseo il numero di presenze di operatori professionali registrate annualmente dalla cittadella orafa: appena 5mila agli esordi, oltre 400mila nell’ultimo anno. E ancora: quattro manifestazioni fieristiche l’anno dedicate al gioiello e al complemento d’arredo (di recente passate a cinque con la prossima di fine novembre dedicata a bomboniere e packaging) grazie alle quale il Tarì, con 470 espositori e 24mila presenze consolidate ad ogni appuntamento, è oggi la seconda realtà fieristica a livello nazionale dopo quella di Vicenza. Ma tutto questo, agli occhi del suo presidente, Gianni Carità costituisce solo il punto di partenza per nuovi percorsi. «Esaurita la fase di avviamento e consolidamento della struttura – dice – oggi il Tarì si propone nuove priorità. A partire dagli investimenti in formazione e ricerca con cui diventare un vero incubatore per progetti e iniziative supportate dalla Regione, ente che dovrebbe esserci più vicino di quanto non lo sia adesso. E non si tratta, sia chiaro, di richieste che sfociano nell’assistenzialismo. Quando infatti una realtà come la nostra – spiega – si confronta con sfide quali la formazione e la ricerca, lo fa generando sul territorio effetti rilevanti e subito tangibili sia dal punto di vista occupazionale sia qualitativo. E poi – si chiede Carità – quale maggior vantaggio può esserci, per un ente come la Regione, dell’erogare supporti e contributi a un consorzio che in ogni momento può offrire la possibilità di verificare l’esito e l’utilizzo delle risorse investite?».
E il messaggio, a quanto pare, ha raggiunto l’obiettivo tant’è che già in questo mese dovrebbe concretizzarsi il finanziamento regionale da 5 milioni (il 50% dell’investimento previsto) per la copertura delle piazze del Tarì. Vale a dire per la trasformazione, entro il 2007, della cittadella orafa in ente fieristico permanente.
Ma non finisce qui. Dal momento che il modello Tarì, con la sua struttura consortile abbinata a un centro servizi all’avanguardia capace di offrire consulenza e assistenza operativa a 360 gradi su tutto ciò che riguarda l’organizzazione e la gestione delle aziende, è diventato un punto di riferimento internazionale per chi lavora nel settore del gioiello (si veda ad esempio il polo orafo di Cordoba in Spagna, di recente inaugurato e realizzato mutuando il progetto di Marcianise), il consiglio d’amministrazione presieduto da Carità ha deciso di codificare e commercializzare il proprio know-how sui mercati esteri e di dare maggiore impulso allo sviluppo dell’internazionalizzazione promuovendo il Gruppo export delle aziende del Tarì. E così 25 tra le più rappresentative imprese del centro viaggeranno in lungo e in largo, partecipando alle più importanti fiere mondiali di settore con un duplice scopo: acquisire nuove fette di mercato e fungere da ambasciatori di una innovativa formula made in Italy. Anzi, made in Campania.
PAGINA A CURA DI

370 aziende
Quelle consorziate nel Tarì: un numero più che raddoppiato rispetto alle 180 che avviarono il centro nel 1996
800 milioni
Il giro d’affari 2004, comunque cresciuto rispetto ai mille milioni di lire registrati nel ’96, nonostante la crisi congiunturale
400mila visitatori
La presenza alle manifestazioni fieristiche del Tarì nel 2004 rispetto alle appena 5mila delle esposizioni di esordio.

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