
Il Nord Est va al risiko delle fiere
Il Nord Est va al risiko delle fiere Verona ha ormai di fatto sorpassato Bologna, forte anche della partnership con Vicenza. Padova è ancora piccola ma ha obiettivi ambiziosi. E si torna a parlare della possibilità di creare un unico polo ‘veneto’, in grado di dare l’assalto alla leadership di Milano PAOLO POSSAMAI Dal tripolarismo, al bipolarismo tendenziale. L’asse VeronaVicenza semplifica il quadro del sistema fieristico veneto. Padova fa storia a sé, da quando tre anni fa ne ha rilevato il controllo la francese Gl Events. «A parte l’intesa con i cugini di Vicenza, che enfatizza ruolo e opportunità di entrambi, possiamo affermare che Verona con l’ultimo bilancio è diventata la seconda società fieristica italiana», rimarca con orgoglio Giovanni Mantovani, direttore di Veronafiere. Mantovani sottolinea il valore del fatturato aggregato 2006 (119,5 milioni), ma soprattutto il dato dei ricavi della capogruppo (70,4 milioni) che contiene il ruolo di primo organizzatore diretto di manifestazioni in Italia. «Vale a dire che di mestiere non facciamo gli affittacamere, ma gestiamo in prima persona gran parte delle attività che ospitiamo», aggiunge il direttore. Senza voler enfatizzare la questione, dopo l’apertura dei nuovi mega quartieri fieristici di Milano e Roma, che avevano fatto gridare al rischio di cannibalizzazione nel settore, Mantovani vorrebbe forse dire “tanto rumore per nulla”. Quanto meno, l’onda sismica sembra non avere provocato i disastri temuti a Nordest. Che fa ancora una volta un percorso anomalo, se teniamo conto dell’andamento cedente del mercato fieristico e delle forti perdite riscontrate da svariate società del settore. Non ha più diritto di cittadinanza il progetto, immaginato 34 anni fa dalla Regione, volto a costituire una holding capogruppo per tutte le aziende fieristiche venete. Mantovani sostiene piuttosto che «una rete di alleanze sistemiche è in fase di costruzione a partire da singole linee di business». Sintomatico al riguardo l’accordo di recente sottoscritto tra le fiere di Verona e di Vicenza, dove attraverso specifiche società veicolo la prima ha ceduto alla seconda la gestione della rassegna “Luxury & Yachts”, mentre i vicentini hanno trasferito sulle rive dell’Adige il loro Salone del Novello (che va a integrare il Vinitaly). Un indizio di iniziative ulteriori emerge poi dalla riconfigurazione dei vertici della fiera di Venezia, attuata un mese fa. Accanto al neo presidente Francesco Borga, compare Luciano Coin, che è l’artefice di “Luxury & Yachts”. Quando Dino Menarin, presidente della Fiera di Vicenza, afferma “interesse a valorizzare Venezia e il forte ruolo che potrebbe rivestire come polo di eventi”, pensa forse a esaltare tra l’altro le manifestazioni che nella città Serenissima hanno a che fare con il mare e la nautica. Di sicuro Mantovani a nome di Veronafiere, che detiene il 34% della piccola fiera veneziana, dice che «occorrerà un aumento di capitale che sostenga una start up dalle grandi potenzialità». In tema di aumenti di capitale, peraltro, pure i soci veronesi stanno riflettendo da tempo. Il piano industriale chiede agli azionisti Comune di Verona (54%), Fondazione Cariverona, Camera di commercio, Banco Popolare, Regione Veneto e via dicendo con le partecipazioni minori di mettere mano al portafoglio per complessivi 18 milioni. Una iniezione di denaro molto utile a accelerare il programma degli investimenti, che tra nuove infrastrutture e promozioni su scala internazionale prevede nel prossimo triennio un esborso di 55 milioni di euro. Del resto, è appunto a valle di un ampliamento e ammodernamento complessivo dei padiglioni espositivi che il piano industriale stima ricavi per 97,5 milioni nel 2001, con un margine operativo lordo di 23,5 milioni e un Ebit di 15 milioni. Mantovani puntualizza che gli investimenti non servono solo a nuove infrastrutture. Dice che la crescita attuale e ancor più la futura deriverà «da azioni di marketing e alleanze di profilo internazionale», disegnando una fiera che «non sia solo esposizione della produzione ma anche stimolo della domanda». Vanno in questo senso, per esempio, le intese sottoscritte con numerosi partner stranieri per Vinitaly, Marmomacc, Samoter, Fieragricola. Intese che, tra l’altro, permettono il tour di Vinitaly negli Stati Uniti, Russia, India, Cina, Giappone. «Massima concentrazione sul core business», declama Mantovani. Che fa il paio con la tesi di Maurizio Castro, direttore della Fiera di Vicenza, quando per illuminare il “nuovo corso” richiama “l’imperativo di focalizzarci su manifestazioni specializzate, abbandonando la strategia generalista del passato”. Tant’è che il piano industriale vicentino pone come target il raggiungimento della leadership mondiale nell’arco di 57 anni nel settore orafo. Fuori dall’asse VeronaVicenza, un proprio ruolo se lo è ricavato PadovaFiere. Un ruolo da capire, nel futuro prossimo, nel rapporto con l’acquisizione di Promotor conclusa da Gl Events durante l’estate. Parliamo della maggiore operazione nel settore mai effettuata in Italia, stimata attorno a 65 milioni di euro (oltre al mutuo da 30 milioni gravante sul Lingotto). Dentro a Promotor ci sono le rassegne Smau (Milano), My special Car (Rimini), Motor Show (Bologna). Le prime due hanno margini bassi, la terza è il cavallo di razza. Ma Promotor significa anche il Lingotto di Torino. Da capire, dunque, quali sinergie voglia mettere in campo Olivier Ginon, presidente di Gl e di Promotor, tra Padova e Torino. Nel frattempo PadovaFiere fa il suo percorso e Andrea Olivi, amministratore delegato del polo padovano, sostiene che “di strada ne è stata fatta tanta. Nel ’99 Padova valeva metà di Vicenza, oggi siamo pari quanto a giro d’affari”. E nel 2008 Olivi sottolinea che procederà “la diversificazione del business”, laddove accanto alle manifestazioni espositive la società si propone di gestire convention aziendali, eventi, concerti. Strategia da praticare essenzialmente su Padova, dato che le attività realizzate a Bucarest e Zagabria rimangono tradizionali rassegne di prodotti. Un percorso di sviluppo in solitaria, finora. Ma non è immaginabile un’alleanza su scala veneta? «Il punto nodale è costituito da Verona risponde Olivi perché se si aprisse a un dialogo operativo le possibilità di sinergie sarebbero elevate e reciprocamente interessanti. Ma dopo tanti anni di chiacchiere non ci spero». Da vedere se l’alleanza non nascerà in casa Gl, con una integrazione tra Padova e Promotor, che tra l’altro detiene il 5% del capitale di Bologna e altrettanto di Rimini.