Rassegna stampa

Il grande risiko delle fiere

Il più allarmato è il presidente della Fiera di Rimini, Lorenzo Cagnoni: «Nessuno vuole mettere il cappio a Milano o frenarne le legittime ambizioni di sviluppo, ma se non mitighiamo in qualche modo il protagonismo lombardo rischiamo di innescare reazioni smisurate negli altri quartieri. Il risultato è la corsa verso il gigantismo dei centri espositivi e l’accaparramento sfrenato delle manifestazioni, con l’offerta fieristica destinata a impazzire e con la domanda sempre più disorientata».

Il più deciso è il presidente della Fiera di Verona, Luigi Castelletti: «Personalmente considero il mondo fieristico italiano come un sistema a più poli e non a polo unico, dove questi poli si rendono interpreti delle reali esigenze delle aziende. Inoltre se c’è un polo che intende posizionarsi su manifestazioni già presenti sul mercato (l’allusione è alla nuova fiera dell’alimentare che Milano lancerà nel 2007, ndr) è opportuno che valuti con estrema attenzione e cautela se il sistema produttivo le richiede. Non mi pare che il sistema industriale avverta, in questo momento, la necessità di avere nuove manifestazioni».

Il più stringato è l’amministratore delegato della Fiera di Bologna, Michele Porcelli: «Noi pensiamo a lavorare sodo. Stiamo rafforzando la qualità dei prodotti e ampliando il perimetro dell’attività, acquisendo anche nuovi marchi».

Il più aggressivo è l’amministratore delegato di Fiera Milano Spa, Piergiacomo Ferrari: «Con il debutto del nuovo polo di Rho-Pero finalmente l’Italia, e non solo Milano, dispone di una grande fiera in grado di competere alla pari con il resto del mondo e, in particolare, con le fiere tedesche. E ora, accanto alle rassegne professionali, Milano punta anche ai settori delle fiere aperte al pubblico e a quelle di nicchia».

Dal tenore di queste dichiarazioni emerge quale sia il livello di scontro in atto, oggi, nel mercato fieristico italiano. Non a caso Cagnoni parla di «alterazione collettiva che rischia di farci perdere il senso delle cose».

Il business. Partiamo dalle cifre. Le fiere sono un grande business, non solo per gli enti fieristici e le segreterie organizzative delle varie manifestazioni, ma anche per i territori, che beneficiano di un indotto enorme. Secondo le stime del Cermes Bocconi (il centro studi specializzato sul settore) il fatturato diretto di organizzatori ed enti espositivi è pari a circa 1,2 miliardi di euro. Ma per calcolare il fatturato complessivo di tutte le attività che ruotano attorno alle fiere – allestimenti degli stand, servizi di catering, editoria specializzata; ristorazione, taxi, alberghi, shopping – è necessario moltiplicare questa cifra almeno per 10: e così si arriva a un giro d’affari globale, imperniato sulle fiere, superiore ai 10 miliardi di euro.

Nel 2004, le 172 fiere internazionali che si sono svolte in Italia (escluse dunque le 136 fiere di carattere regionale e locale) hanno richiamato quasi 112mila espositori (30mila esteri) e 12 milioni di visitatori (811mila stranieri).

La crescita incontrollata degli spazi. Nei dieci maggiori centri espositivi italiani sono in atto programmi di potenziamento e ammodernamento delle strutture per una spesa globale di un miliardo di euro (al netto del nuovo polo fieristico di Milano, quello di Rho-Pero, costato 750 milioni e inaugurato la scorsa primavera) in un arco temporale che varia, a seconda dei casi, dai tre, ai cinque, fino ai nove anni. Secondo il Cfi, il Comitato fiere industria di Confindustria, tra il 2001 e il 2009 la superficie espositiva lorda riferita a nove quartieri (Milano, Bologna, Verona, Firenze, Genova, Padova, Rimini, Roma e Parma) è prevista in aumento del 146 per cento.

Milano pigliatutto. Il debutto del nuovo polo milanese ha spezzato equilibri consolidati e avviato un processo di accelerazione impressionante. Ciò è ovvio: i centri fieristici dispongono, o disporranno, di spazi crescenti e puntano al pienone. In ciò spalleggiati dalle forti ambizioni degli enti locali, sulla scia del trasferimento di competenze esclusive in materia fieristica dallo Stato alle Regioni.

Milano, che dichiara di avere già interamente prenotati gli spazi di Rho-Pero per tutto il 2006, nei giorni scorsi ha scosso il mercato: prima annuncia il lancio di un maxisalone dell’edilizia e dell’urbanistica – Build Expo, in calendario dal 7 all’11 febbraio 2007 a Rho-Pero – e subito dopo la creazione di una maxirassegna dell’alimentare capace di fare concorrenza all’Anuga di Colonia (la prima al mondo nel settore) e al Sial di Parigi. La doppia mossa milanese ha scatenato reazioni roventi: Bologna ha sguainato la sciabola a difesa delle sue tradizioni e delle sue manifestazioni nel settore dell’edilizia (Saie, Cersaie, Saie 2 ed Europolis) mentre per contrastare le ambizioni lombarde nel food sta affiorando un’alleanza inedita tra Verona e Parma nel segno di Cibus e Vinitaly (che, a partire dal 2007, dovrebbero svolgersi in date coincidenti, per dare vita così a un grande appuntamento dell’enogastronomia made in Italy).

Ma le novità milanesi non finiscono qui. Oltre a More, la nuova rassegna dell’alta oreficeria (febbraio 2006) che già allarma Vicenza, tra l’ottobre e il novembre 2006 è previsto il debutto di quattro nuovi saloni, tutti ideati "in casa" dalla controllata ExpoCts. Tre di essi – Wellness Expo (benessere); Incentive, Congress & Investment (business congressuale); La Piazza dei Mercanti (antiquariato e collezionismo) – saranno ospitati nel polo urbano di Fiera Milano, mentre il quarto, Shop Project (allestimenti per esercizi commerciali), sarà organizzato nel nuovo polo di Rho-Pero.

Alleanza Rimini-Roma nel turismo. L’iperattivismo milanese sta in qualche modo modificando la mappa delle alleanze tra i centri espositivi. La Fiera di Rimini, i cui soci di maggioranza sono in parti uguali Camera di commercio, Comune e Provincia di Rimini, punta a potenziare le manifestazioni dell’area fitness e della grande impiantistica (dove è già presente con Tecnoargilla). Ma il vero asso nella manica è il turismo, dove il Ttg (che ora controlla anche la Bts di Firenze) costituisce già un’alternativa reale a Milano. «Intendiamo proporci – dice Cagnoni – insieme alla nascente Fiera di Roma nell’organizzazione di una grande fiera nel settore del turismo che sarà ospitata dal nuovo quartiere capitolino». Al momento non c’è ancora un accordo scritto tra le parti, siamo cioè ai contatti preliminari, ma s’intuisce che questa nuova rassegna è concepita per fare concorrenza alla Bit di Milano.

Verona anticipa gli obiettivi. La Fiera di Verona (i principali azionisti sono il Comune di Verona con il 54,84% delle quote e la Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno, Ancona con il 22,16%) ha in corso il piano industriale 2004-2008, ma intende anticipare gli obiettivi di sviluppo. «Dagli attuali 370mila metri quadrati espositivi lordi – spiega Castelletti – passeremo a quota 420/450mila lordi in breve tempo. Il piano di Veronafiere prevedeva inizialmente investimenti per 85 milioni, che però saliranno a quota 160-170 milioni». Tradizionalmente l’offerta espositiva di Verona si concentra nell’agroalimentare, nel sistema casa e nell’edilizia e costruzioni (Samoter e Marmomacc). «Per il futuro – dice Castelletti – stiamo coltivando con grande attenzione l’area "salute e benessere"».

La sviluppo di Bologna. Per BolognaFiere (57% in mano a soci privati, 43% in mano ai pubblici) l’ultimo «è stato l’anno della svolta». Spiega Porcelli: «Abbiamo definito nuove acquisizioni, in particolare SoGeCos (società che gestisce il Cosmoprof e Cosmofarma) e Sana nel campo dell’alimentazione naturale. Siamo poi in fase conclusiva per l’acquisizione di Zoomark, rassegna leader nel settore del pet e con Ambiente Lavoro, fiera sulla sicurezza sul lavoro. Infine, siamo alle battute finali nella trattativa relativa alla manifestazione più importante sul benessere a Canton, in Cina: Guang-zhou beauty fair».

Il Sud. Per il sistema fieristico del Sud, essenzialmente articolato tra Napoli, Bari e Palermo, c’è un nuovo spauracchio: il mega-quartiere fieristico di Roma (investimento da 355 milioni di euro), che ha cominciato la programmazione in attesa di aprire i battenti alle prime manifestazioni già dall’autunno 2006. Complici le tradizionali difficoltà logistiche, molti grandi operatori di eventi adesso spostano l’attenzione proprio verso la struttura capitolina.

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