
Il business dell’asfalto frena anche a Nord-Est
Mauro Pizzin
PADOVA
Business dell’asfalto in frenata anche nel Nord-Est. Dopo un decennio di crescita, mantenutasi anche nel 2007 in controtendenza rispetto allo scenario nazionale, per il 2008 si prevede un giro d’affari da 690 milioni: il 10% in meno rispetto all’anno precedente, di cui 376 realizzati dai 44 impianti del Veneto, e il resto ripartito fra le 18 strutture del Trentino-Alto Adige e le 17 del Friuli-Venezia Giulia. Numeri destinati a peggiorare il prossimo 2009, con un decremento stimato del 20% a Trento e Bolzano (rimasti sostanzialmente stabili anche quest’anno) e del 15% nelle altre due regioni.
Questi dati – che Il Sole-24 Ore NordEst è in grado di anticipare – emergono assieme a quelli nazionali dal Rapporto di sostenibilità 2008 che sarà presentato ad “Asphaltica”, il Salone europeo di settore in programma alla Fiera di Padova da domani a sabato 29 novembre. La rassegna, incentrata quest’anno sul tema della sostenibilità ambientale, porrà sotto i riflettori una filiera che in Italia conta 500mila addetti e coinvolge 4mila aziende fra produttori di bitume e conglomerato bituminoso e costruttori di macchinari e di membrane, innescando un giro d’affari da 3,8 miliardi. In mostra nuovi materiali, attrezzature e tecnologie.
Spiega Stefano Ravaioli, direttore del Siteb, l’Associazione italiana bitume, asfalto e strade che ha steso il rapporto e organizzato l’evento assieme alla fiera: «Nel Nord-Est la crisi non si è ancora fatta sentire del tutto per una serie di ragioni che vanno da una infrastrutturazione stradale comunque maggiore rispetto ad altre zone d’Italia alla presenza delle maggiori industrie nazionali che trattano il bitume industriale destinato alla realizzazione delle membrane per i sottotetti destinati all’edilizia, richieste anche nell’est Europa. Ora, però, la situazione sembra destinata a peggiorare».
Alla radice della crisi il taglio nella produzione di asfalto, figlio del calo degli investimenti infrastrutturali. «Nel 2007 – chiarisce Ravaioli – la cifra era di 35 milioni di tonnellate, quest’anno di 32, come nel 1994. Siamo ben al di sotto quei 40 milioni che gli esperti considerano la soglia minima richiesta nel nostro Paese quando l’economia funziona a pieno regime. Tutto ciò mentre negli altri Paesi europei si registra una tenuta del mercato».
Le chiavi per superare questa congiuntura, secondo i responsabili dell’associazione a cui aderisce il 75% delle aziende di settore, sono molteplici. A partire dal ripristino dei lavori stradali «con grave danno – precise il responsabile di Siteb – per lo stato di salute della nostra rete infrastrutturale». Si chiede, inoltre, di riprendere in considerazione l’istituto della revisione prezzi, abbandonato nel 1994. «Eliminato dopo Tangentopoli, da quel momento qualsiasi impresa che vince un appalto è tenuta a portarlo a termine anche se cambiano sensibilimente i costi delle materie prime, come nel caso del bitume, derivato del petrolio». Necessario appare infine anche un ripensamento interno della stessa filiera, magari con operazioni di aggregazione per razionalizzare il numero degli impianti, riducendone il numero ma aumentandone l’efficienza.
mauro.pizzin@ilsole24ore.com